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REVIEWSLE RECENSIONI
11/07/2022
Automatic
Excess
Post punk minimalista e motorik pop retrofuturista. Le Automatic con il loro nuovissimo “Excess” ci immergono in un’atmosfera prepotentemente 1981, tra fantascienza distopica, ideali femministi e ambientalisti e critica alla cultura capitalista mainstream. Un’elegante alienazione che conquista.

Izzy Glaudini (synth, voce), Halle Saxon (basso, voce) e Lola Dompé (batteria e voce, figlia nientemeno che del batterista dei Bauhaus Kevin Haskins), sono tre ragazze di Los Angeles innamorate della scena underground della loro città. Nel 2017, quando hanno deciso di iniziare a suonare insieme dal vivo, hanno preso il nome da un brano dell’album Beauty and the Beat (1981) delle Go-Go's. Le loro radici e i loro riferimenti, musicali e temporali, dicono già molto sui loro gusti, che attraverso il loro sound, immortalato prima in Signal (2019) e ora in Excess (2022), ripropone e rinverdisce uno stile e un’attitudine di cui questi anni Venti hanno bisogno.

 

Minimale, elegante, alienato ed etereo, Excess vive di synth attraverso il Moog di Izzy, accentuato nel groove grazie al quattro corde di Halle e al bel lavoro di motorik krautrock di Lola, ispirato a band come NEU! e Suicide, ma anche a molto del techno-pop anni Ottanta. Il risultato è terribilmente retrò sia negli intenti che nella produzione dei suoni stessi, che sembrano usciti da anni come il 1978 e il 1981, e porta con sé un sofisticato fascino algido, che si irradia sinuoso e severo su ogni traccia.

L’immaginario di riferimento si muove tra l'underground degli anni Settanta e la spietata critica alla cultura aziendale e capitalista degli anni Ottanta, mettendo in ridicolo la cultura consumistica e isolazionista dell’epoca, abbracciandone al tempo stesso stilemi e modi con distorto rigore. Excess difatti rappresenta proprio questa contrapposizione, raccontando di “ciò che accade alla nostra psiche quando siamo condizionati da certi valori, delle conseguenze di tali valori e del desiderio di opporvisi”, come spiega la stessa Izzy. Dissonanze accattivanti che, rispetto al bellissimo album di debutto (Signal) divengono da un lato più morbide e melodiche grazie ad una più prolungata strizzata d’occhio al pop, dall’altro sia più algide e incisive sia meno cupe e inquietanti.

 

Attraverso un’elegante azione retrofuturista le Automatic analizzano lo stato attuale del mondo anche attraverso concetti ispirati alla fantascienza distopica, così come testimonia il singolo e opener "New Beginning", ispirata nei testi e nel video dal film di fantascienza svedese Aniara, dove attraverso dei testi sempre molto eterei e minimali si descrive uno scenario in cui i multimiliardari si imbarcano su delle astronavi nel tentativo disperato di trovare un mondo abitabile dopo che le risorse della Terra sono state esaurite. Una ricerca senza possibilità di ritorno, perché rientrare vorrebbe dire perire insieme al resto dell'umanità, che nasconde per chi ascolta un messaggio di rifiuto per la falsa speranza di lasciarsi alle spalle un pianeta bruciato e l’invito a rendersi conto che per sopravvivere l’unico pianeta di cui abbiamo bisogno è questo, dobbiamo solo contribuirvi tutti con coscienza.

 

Pulsante, scarno e raffinato. Robotico e distaccato nei modi, eppure al tempo stesso accattivante e ballabile, come se, grazie ad una sorprendente macchina del tempo, ci si ritrovasse in un club new wave nella Berlino di inizio anni Ottanta assieme ad una compagnia di stilosissimi ragazzi inglesi abituati a danzare sotto le note dei migliori sintetizzatori analogici sul mercato. Invece si è in casa, con il sound di tre ragazze americane nelle orecchie e la voglia di ritrovarsi di nuovo ad un loro live (magari ancora una volta in apertura agli eccezionali Viagra Boys), perché se su disco Izzy, Halle e Lola ci sanno fare, dal vivo non potranno che conquistarvi con la loro eleganza minimale e una valanga di beat sintetici. Siate pronti a ballare il miglior sound retrofuturista sulla piazza fino alla prossima apocalisse.