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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
Eye in the Sky
The Alan Parsons Project
1982  (Arista Records)
ELETTRONICA/AMBIENT/EXPERIMENTAL/AVANT-GARDE PROGRESSIVE / KRAUTROCK POP ROCK
all RE-LOUDD
13/02/2023
The Alan Parsons Project
Eye in the Sky
Poetico e radiofonico: "Eye in the Sky" viene pubblicato nel 1982 e si stacca notevolmente dal progetto prog-rock dei primi album. Se le radici sono quelle, ora, però, affiorano velleità pop infarcite con l’elettronica del periodo. I risultati sono comunque eccellenti, e il disco raggiunge un grande successo commerciale con un ottimo livello qualitativo delle canzoni.

Alan Parsons non solo è un geniale ingegnere del suono, basti chiedere a Beatles e Pink Floyd, rispettivamente per quei capolavori dal titolo Abbey Road e The Dark Side of the Moon, ma è pure un pregiato compositore e il suo ensemble, denominato, forse senza troppa fantasia, pragmaticamente The Alan Parsons Project, ha influenzato con la sua musica la vita di chiunque, anche inconsciamente, a partire dagli anni Ottanta fino all’epoca odierna, soprattutto per i brani contenuti in Eye in the Sky.

Lo strumentale "Sirius" è stato utilizzato come sigla di svariati programmi  tv e radio, oltre a risultare per sei stagioni di fila, nei Novanta, il sottofondo per l’ingresso in campo dei Chicago Bulls; anche in Italia e Australia non è mancata la diffusione del brano per alcune rubriche (ne sopraggiunge alla memoria una del TG2), e svariate manifestazioni sportive. Pure il funkyrock di "Mammagamma", altro motivo solo musicale, ha furoreggiato nei palinsesti radiofonici di quelle decadi, spesso in loop continuo al termine delle trasmissioni. "Eye in the Sky" rimane invece il tormentone radio friendly classificato dalle emittenti come evergreen, e, forte di questa qualifica, compare nelle compilation e playlist che vogliono fermare il tempo e un’epoca; in realtà quei momenti potranno essere solo ricordati e mai rivissuti, ma forse proprio per questo tali canzoni rimangono eterne, perché consentono per alcuni minuti di tornare a un periodo che sembrava migliore.

 

"Penso che il successo di Eye in the Sky abbia influenzato l'album. Non credo sia un disco concettuale, ritengo che fluisca bene insieme.  In questo senso ha un concetto”.

 

Le parole di Parsons chiariscono perfettamente le intenzioni del gruppo nel caso di tale lavoro, differente rispetto ai precedenti, veri concept album, dall’esordio del 1976, Tales of Mystery and Imagination, sviluppato sui celebri Racconti Straordinari di Edgar Allan Poe, al famoso e intrigante The Turn of a Friendly Card, incentrato sui rischi del gioco d’azzardo e realizzato due anni prima di Eye in the Sky. Quest’ultimo, invece, a voler ben guardare, sembrerebbe riprendere il tema del Grande Fratello di Orwell, ma senza i collegamenti maniacali presenti sia nelle opere citate, sia nella successiva Ammonia Avenue, data alle stampe nel 1984, concentrata sulle grandi fabbriche e il conseguente inquinamento. La band ha poi proseguito, con successo decrescente, fino allo scioglimento nel 1990, con continui cambiamenti di formazione e un calo di ispirazione, probabilmente conseguente anche al mancato affiatamento tra le persone coinvolte.

Eye in the Sky in tal senso appare ancora fresco e propositivo e, oltre ai cofondatori e autori delle composizioni Parsons ed Eric Woolfson, presenta in organico Ian Bairnson (chitarre acustiche ed elettriche) e David Paton (basso), membri storici del progetto, oltre al batterista Stuart Elliott, eccellente turnista, mago dei tamburi dalle infinite collaborazioni (nel Belpaese lo ricordiamo dietro alle pelli per Lucio Battisti nell’LP Una giornata uggiosa), spesso coinvolto nei lavori di APJ.

 

Musicalmente parlando l’album vira dalle sonorità prog-rock delle radici, ben chiare ad esempio in I Robot (1977) per atterrare in territori che si potrebbero definire progressive pop o art pop: la qualità del suono è perfetta, pulita, come ci ha sempre abituati il buon Alan, vero mago in questo campo; i suoi sintetizzatori, le ambientazioni e programmazioni non deragliano mai nella sovraproduzione, anche quando vengono aggiunti gli archi e i cori, magistralmente diretti e arrangiati da Andrew Powell. I brani "Children of the Moon", "Psychobabble" e "Step by Step" ne sono fulgido esempio e introducono un’altra peculiarità dell’opera, quella di avvalersi di svariati vocalist, oltre al tastierista e frontman Woolfson. Nella prima canzone colpisce l’interpretazione con anima e cuore di Paton, mentre le altre due rispolverano vecchie conoscenze come Elmer Gantry, alias di Dave Terry, e “soulman” Lenny Zakatek (un passato nel “combo” R&B-funk Gonzalez), il quale si cimenta anche nella traccia più rock in scaletta, "You're Gonna Get Your Fingers Burned".

L'opener "Sirius" ha un grande impatto in appena due minuti, con un potente lavoro di chitarra, incluso un assolo di gran classe, e una bellissima atmosfera sinfonica. Dire che apra la strada per il più brano più celebre del “progetto” è riduttivo, ma è anche vero che dopo questo breve motivo arriva la title track, la canzone che ha spostato per sempre verso l’alto l’asticella dell’APJ, con quel suo fare baldanzoso, reso ipnotico dal ritmo delle chitarre, a metà strada tra i Supertramp e gli ELO, e il testo e le curiose immagini collegate da approfondire attentamente. Si tratta di un'incarnazione del soft rock, con un suono incredibilmente melodico, senza che nessuno strumento prenda il sopravvento sulla composizione a spese di altri.

 

I am the eye in the sky
Looking at you
I can read your mind
I am the maker of rules…

 

La copertina dell'album riporta il famoso simbolo egizio dell'occhio di Horus, una delle divinità egizie con la testa di falco. L’icona stessa (in ironica contraddizione con il testo, in parte legato al concetto del Grande Fratello che osserva tutto) significa protezione, prosperità, potere e salute. Sicuramente, come affermato anche da Woolfson e Parsons, il brano si apre a diverse interpretazioni: può trattarsi di un riferimento alle telecamere a soffitto, in particolare nei casinò, dove si usa lo stesso termine "occhio nel cielo”, oppure della reazione smisurata di un amante scaricato. In particolare Woolfson era ossessionato proprio dalle parole eye in the sky, espressione utilizzata più volte da un notiziario, ascoltato un giorno in cui si trovava nella sua camera d’albergo durante un tour, per nominare uno specifico satellite spia e, al termine dello stesso telegiornale, per parlare di elicottero di servizio meteorologico.

Pare che Parsons non avesse una grande opinione di questo pezzo, viene convinto a inserirlo nell'album dagli altri musicisti e arriva a scommettere con Ian Bairnson che non sarebbe stato un successo. Se in tale caso l’incredibile celebrità raggiunta dal singolo risponde da sola alle titubanze del frontman, ci sono parecchie altre situazioni in cui lo stesso leader non sbaglia con le sue intuizioni: una di queste è l’utilizzo azzeccato delle diverse voci principali. Nelle sessioni in studio Eric Woolfson di solito registra un cantato guida e Alan Parsons, svolgendo anche il ruolo di produttore del gruppo, decide quale artista si adatti meglio alla canzone. Nel caso di "Gemini" il “verdetto” ricade sul songwriter scozzese Chris Rainbow, altro personaggio già ingaggiato in passato: i suoi vocalizzi creano un’aura magica, eterea, accompagnati dolcemente da una delicata e sinuosa pedal steel guitar.

 

Un’importante caratteristica del disco è la sua fluidità, con la sola eccezione della lunga ballata "Silence and I", che comunque scorre piacevolmente in scaletta, forte di un placido arrangiamento orchestrale. Le canzoni, quindi, normalmente sono molto dirette, scivolano via veloci, una dietro all’altra e confluiscono come un fiume nell’oceano di "Old and Wise", struggente per melodia e testo, ispirata dalla tragica morte in giovane età della moglie di un dirigente dell’Arista Records. Un altro superbo vocalist, Colin Blunstone degli Zombies, la fa da padrone insieme a un altrettanto fondamentale ospite, il mitico sassofonista Mel Collins, che tinge di melodrammaticità l’atmosfera con i suoi assoli. Special guest davvero perfetti, dunque, nel brano più poetico della raccolta, ove il protagonista della narrazione si trova nella caverna della malinconia, in cui è sprofondato dopo la perdita subita: “E un giorno, nel bel mezzo del tempo, quando mi chiederanno se ti conosco, sorriderò e dirò che sei una mia amica. E la tristezza si leverà dai miei occhi, oh, quando sarò vecchio e saggio…”

Un emozionante finale per l’album di maggior successo dell’Alan Parsons Project, con oltre due milioni di copie vendute e lo stazionamento per diversi mesi nelle Top Ten nazionali e internazionali. Successivamente solo il singolo "Don’t Answer Me" (1984) ottiene uno straordinario riscontro, e i due attori principali del progetto, dopo lo scioglimento, vivono alterne fortune. Eric Woolfson si dedica principalmente ai musical, sino alla pubblicazione del curioso lavoro progressive rock Eric Woolfson sings The Alan Parsons Project That Never Was, che coincide purtroppo con l’anno della sua scomparsa, nel 2009, per un tumore renale. Alan Parsons realizza una serie di lavori piuttosto anonimi, riuscendo a mantenere un po’ di notorietà con l’attività live in cui rispolvera i successi storici del gruppo; alcune performance dal vivo vengono catturate su disco durante i decenni, con l’ultima data alle stampe nel 2022: One Note Symphony-Live In Tel Aviv immortala una performance del 2019, irrobustita dalla Israel Philharmonic Orchestra, e proprio in quell’anno arriva un premio che consacra Eye in the Sky. Così dopo ben tredici nomination ricevute nel tempo dall’artista londinese, giunge il primo grammy award, nella categoria Surround Sound-Best Immersive Audio Album, per l’edizione che ne festeggia il trentacinquesimo anniversario. Una meritata ricompensa per una band speciale, riconoscibile subito dopo pochi secondi per il sound sublime, cristallino e ricercato, eccentrico quel che basta, umile e popolare per quel che resta. In una sola parola: unico.

 

"Non credo che abbiamo avuto un'influenza particolare, ma abbiamo stabilito un'identità nel nostro suono... Non so cosa senta la gente, ma dicono di riconoscere una canzone dell’Alan Parsons Project non appena la ascoltano!" (Alan Parsons)