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REVIEWSLE RECENSIONI
05/09/2017
Daniel Caesar
Freudian
Freudian, appunto, undici canzoni del miglior r'n'b in circolazione e qui non sto a raccontarvi la fatica nel trovare un'artista black che non faccia dell'auto-tune la sua ragione d'essere.

Un uomo che scala una superficie liscia di metallo sotto il sole, a metà strada dalla cima, ci lascia il dubbio se ce la farà, ad arrivarci, o se si lascerà andare e tornerà indietro, consapevole che anche una discesa può avere le sue difficoltà.

Il primo lavoro su lunga distanza, dopo due EP, Praise Break pubblicato nel 2014 e il successivo Pilgrim's Paradise uscito nel 2015, del ventiduenne canadese Daniel Caesar, parte così, con un'immagine che ci rende edotti su quello che sarà il contenuto del disco. Si, perché qui si parla di amore, in tutte le sue sfaccettature, ma in primis di amore e amori tormentati e l'immagine dell'uomo improvvisatosi scalatore può essere "freudianamente" intesa come il tentativo di raggiungerlo.

Freudian, appunto, undici canzoni del miglior r'n'b in circolazione e qui non sto a raccontarvi la fatica nel trovare un'artista black che non faccia dell'auto-tune la sua ragione d'essere.

Caesar mette al servizio di strumenti tradizionali e pochi synth la sua calda voce impreziosita dal falsetto, ove questo si renda necessario.

La partenza è affidata a "Get You" uscita come singolo lo scorso Ottobre, qui accompagnato dalla voce di Keli Uchis, unico brano piuttosto vivace del disco, se così si può dire: altrove saranno canzoni mid-tempo e ballads la cifra stilistica del lavoro. Come ad esempio "Best Part" qui cantato in coppia con H.E.R., bel pezzo folky giocato con la chitarra acustica e poco più di un soffio di synth e basso in sottofondo.

La successiva "Hold Me Down" è come un'esortazione e un implorazione di Caesar ad essere amato, con l'accompagnamento di una chitarra bluesy a ricamare il tutto.

Ma la principale cifra stilistica del lavoro è quella del gospel, che si insinua in più di una canzone, mood in cui affiorano le radici di Caesar. Chiaro che tale stile non vada in direzione dell'amore spirituale da sermone domenicale, a tale proposito mi viene in soccorso "We Find Love", pezzo con coro finale in tradizione gospel dove l'amore invocato è quello carnale.

Spazio per l'intimismo con sola voce e piano in "Blessed" per poi dispiegarsi anche qui in coro finale con un organo hammond in bella vista; agganci con la contemporaneità in "Neu Roses", dove fanno capolino sonorità rese familiari da D'Angelo, dopo una intro della CaDaRo Tribe, le coriste utilizzate dall'artista canadese nell'album, che ricorda le voci armonizzate in stile Beach Boys.

Nel solco dell'r'n'b tradizionale "Take Me Away" qui con l'accompagnamento alla voce di Syd, e da una chitarra sanguinante note distorte.

"Transform" è invece una ballatona dove Charlotte Day Wilson dialoga con il nostro sulle regole dell'attrazione e della seduzione, quanto basta per portarci alla title track, atto finale del lavoro; nove lunghissimi minuti di groove divisi in due parti, dove la seconda è un pezzo nascosto in cui un hammond questa volta sì, suonato come se fossimo in una chiesa, fa da tappeto alle declamazioni di Caesar: "Isn’t it nice? / Human sacrifice / I hate consequences / that shit’s too expensive / you keep chasing delight..."

Alla fine ci troviamo davanti ad un album che ha bisogno di più di un ascolto per essere apprezzato, meglio in cuffia per coglierne tutte le sfumature, un gioiellino di rara bellezza su tutto quanto gira intorno al desiderio, al sesso e all'amore, intimista e poetico quanto basta per avere uno dei migliori album di r'n'b dell'anno.