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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
05/04/2021
Sonny Landreth
Grant Street
Nella produzione di un vino è importante il “terroir”. Significa considerare la connotazione climatica e gli aspetti storico-culturali che influenzano quella porzione di territorio. Sonny Landreth è il gradevole frutto del suo “terroir”. Ascoltare Grant Street per credere…

Sonny Landreth è uno di quei musicisti che ti fanno pensare sia ancora possibile coniugare passione, business e integrità artistica. Magari sono troppo sognatore o più probabilmente il vero motivo è che il suo livello di fama è relativo, ma non ha mai dato adito a critiche riguardo alle sue scelte. In nessuna occasione sono risultate opportunistiche e commerciali. Anche le sue collaborazioni e apparizioni live con Mark Knopfler e i Gov’t Mule, ad esempio, sono sembrate spontanee così come a maggior ragione l’idea di registrare questo lavoro, in due sere di Aprile 2004, alla mitica Grant Street Dancehall a Lafayette, famosa per avere ospitato numerose leggende del blues e punto di partenza per lui a inizio carriera, quando si esibì con il maestro e mentore Clifton Chenier.

Accompagnato da “Locomotiva” Kenneth Blevins alla batteria e con l’essenziale, ma tosto David Ranson al basso, Landreth lascia a bocca aperta per la bravura. La sua slide emette suoni, note inarrivabili, confermandolo come uno dei migliori in assoluto in questo campo.

Sonny ci confeziona un disco dal vivo eccezionale, dove il rock si mescola a blues, cajun e zydeco, sue influenze primordiali. Non dobbiamo dimenticare che, nato nel vicino Mississippi, vive tuttora in Louisiana, nel mitico paesino di Breaux Bridge. Il chitarrista ha sempre coltivato la tradizione, quindi, aggiungendo quel quid che lo ha reso originale, inimitabile.

Basta ascoltare le prime note dello strumentale Native Stepson per capire di che pasta sia fatto “The King of Slydeco”, soprannome più che appropriato. Travolgente, come un fiume in piena, è la perfetta introduzione alla sua musica che dopo l’inizio sferragliante si fa più lenta: è l’ora del blues di Broken Hearted Road. A volte qui la voce ricalca i suoi solo e crea un’atmosfera ancestrale, sembra di tornare alle radici del genere, quando la composizione di una canzone era un lamento.

Il pubblico è in visibilio, gradisce tutte le escursioni programmate dal buon Landreth, ora più viranti nel southern rock - vedi Gone Pecan, tratta dall’ultimo disco allora uscito, The Road We’re On, nel 2003, e Blues Attack, pescata dall’esordio, 1981- per poi tornare al suo potente marchio di fabbrica con la Fender inarrestabile. In questo senso Z. Rider è veramente trascinante!

Poderoso tributo invece alle sue “Louisiana roots” U. S. S. Zydecoldsmobile non consente di tenere fermo il piede un solo istante per battere il ritmo. Liricamente parlando è un piacevole quadretto che incita a salire su un'auto e sfrecciare verso un luogo dove si suona musica…ahimè, che sofferenza tali parole in questi giorni…

Lo show rallenta piacevolmente con un altro pezzo forte in scaletta, Wind In Denver, dove Sonny mette tutto se stesso anche nel canto. E questa registrazione lo coglie in stato di grazia anche nel Chicago-style di All About You, più uptempo del precedente brano e ugualmente coinvolgente.

 

L’arte, qualsiasi forma si prenda in considerazione, è contraddistinta da quel potere comunicativo che solo essa possiede. E’ in grado di trasmettere un messaggio e farlo comprendere a tutti, indipendentemente dalla lingua parlata, dal paese d’origine.

Questa premessa è cosa buona e giusta da scrivere prima di descrivere gli ultimi due brani.

Se fino ad adesso si è rimasti attoniti e rapiti dal vigore della musica, dal sound energico e dal tocco magico dell’artista, ora arriviamo all’apoteosi di Pedal To Metal, quasi sette minuti di pura goduria sonora, una mini-sinfonia di magici riff che lo mandano direttamente nell’Olimpo degli dei della chitarra.

La lunga galoppata di Congo Square chiude perfettamente il live e il cerchio…pubblicata nel 1985, viene ripresa successivamente (1995) in South of I-10, lavoro che prevede l’avvio della partnership con il già citato Knopfler, in cui era presente pure l’iniziale Native Stepson, nota anche per risultare il primo video del musicista.

Sonny Landreth dimostra non solo di possedere un incredibile talento, ma di saperlo usare per esaltare il pubblico e più di una volta, meravigliati da tanta energia e maestria, ci si domanda come possa una persona sola far uscire tutti quei suoni dalla chitarra. Dopo Robert Johnson il miracolo si rinnova. Tutto questo lo trovate in Grant Street.


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