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REVIEWSLE RECENSIONI
01/09/2022
Tirzah
Highgrade
Inaspettata uscita estiva per la visionaria artista londinese, che ci ha abituato, attraverso i suoi lavori, a una personale percezione frammentata della realtà tradotta in musica.

Dopo l’uscita di Colourgrade (Domino, 2021), Tirzah si presenta con questa rivisitazione degli stessi brani, affidati a tante collaborazioni esterne che li hanno fatti propri, remixati e portati altrove.

Ne esce un mondo sonoro più esteso e meno radicato nel personaggio di Tirzah stessa, ma ovviamente più propenso a cogliere le influenze dei vari producer o feat coinvolti.

Si parte da prodotti più suonati e acustici, anche se sempre nel mondo del campionamento, come nel caso degli Still House Plants o degli Speakers Corner Quartet, in cui emergono le frequenze indissolubili della pelle di un rullante o le dita del contrabbassista, che pizzica e comprime il suono. Si passa dall’assenza di ritmo di Arca Vortex sulla title track, all’elettrodance ossessiva di Loraine James su “Hips”.

Un esperimento sonoro sicuramente riuscito, interessante e di pregevole fattura, ma che non aggiunge sempre valore artistico a composizioni, le cui versioni originali in Colourgrade erano davvero ben scritte. Non tutte queste rivisitazioni portano i brani in un posto migliore: alcune riescono a donare alla matrice una nuova vita, pur lasciandola in stand by, in una carenza di ossigeno che fa sentire la mancanza del suo tratto originale. Dei picchi molto alti fanno intuire una troppa eterogeneità.