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REVIEWSLE RECENSIONI
02/09/2018
Becca Smith
I-26
Un esordio coi fiocchi per una giovane artista, che deve percorrere ancora molta strada, ma che ha già imboccato la direzione giusta. Talentuosa, autentica, una vera sorpresa.

La Interstate 26 è un’autostrada lunga 562 chilometri che attraversa il Tennesse, la Carolina del Nord e quella del Sud, congiungendo Kingsport a Charleston. In questa città della Carolina del Sud, nota agli americani per alcuni sanguinosi combattimenti legati alla guerra di Secessione, è nata e cresciuta Becca Smith, giovane songwriter che a luglio ha pubblicato il suo primo album solista, dopo la consueta gavetta di anni passati a comporre, a suonare con piccole band e, soprattutto, esibirsi in piccoli locali della zona (Charleston Music Hall, The Pour House e New Brookland Taverna), catturando l’attenzione di critica e pubblico.

Un disco autoprodotto, composto di dodici canzoni originali registrate da James Frolio e masterizzate da Jeremy Lubsey dei Truphonic Studios, che traggono fonte d’ispirazione proprio dall’autostrada che parte da Charleston, uno degli elementi iconografici della cultura musicale americana (l’immagine di copertina è un esplicito rimando all’on the road) e fonte inesauribile di storie quotidiane, che sono poi il corpus delle liriche che Becca canta con sincero trasporto (il tema del viaggio, la malinconia agrodolce del ricordo della propria casa, gli affetti tenuti in serbo vicino al cuore).

Su uno spartito classicissimo e, a dire il vero, inevitabilmente un po' consunto (la fedeltà degli americani alle radici è immutabile nei secoli dei secoli), la Smith ci mette comunque del suo, a partire dall’autenticità e dalla passione della sua giovane età, dalla bella voce dal timbro inequivocabilmente country e, nonostante la consueta triangolazione voce, piano e chitarra, dalla voglia di scartare l’ovvio, come succede nella lunga, stratificata e bellissima Ocean, coinvolgente ballata di sette minuti segnata da un brillante arrangiamento d’archi, che evita il melenso in favore di un suono più autenticamente roots.

Difficile, poi, in un album d’esordio, trovare così tante buone canzoni, figlie di un songwriting già maturo e consapevole dei propri mezzi: dal country pimpante di The Murder Ballad Of Francie Lou, alla melodia caracollante e divertita di Shark Song, al piglio rock che anima Let The Kids Out, un brano che suonerebbe ottimamente anche in versione elettrica, fino ad Arcadia e Serendipity, due struggenti ballate col cuore in mano, che potrebbero trovar posto tranquillamente nel songbook di Lori McKenna, tanto per citare un’artista con cui la Smith ha parecchi punti di contatto. Un esordio coi fiocchi, dunque, per una giovane artista che deve percorrere ancora molta strada, ma che ha già imboccato la direzione giusta. Talentuosa, autentica, una vera sorpresa.