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REVIEWSLE RECENSIONI
05/03/2021
JD Simo
JD Simo
Il secondo disco solista dell'avventuroso chitarrista americano, che sferza un blues dal sapore classico con tonnellate di decibel e creatività meticcia

Quello di JD Simo è forse un nome poco noto dalle nostre parti, nonostante sia già un beniamino di tanti appassionati di blues rock, soprattutto come leader dei Simo, power trio che ricordiamo per il bellissimo Let Love Show The Way del 2016. Questo nuovo lavoro, uscito a fine agosto dello scorso anno, segue Off At 11 (2019), e benchè intestato al solo chitarrista, si tratta in realtà di un ulteriore album della sua band, composta dal fido batterista Adam Abashoff e dalla bassista Andraleia Buch, che ha preso il posto di Elad Shapiro.

Il set, dieci canzoni in tutto, cattura il chitarrista in un momento di notevole ispirazione. Nonostante l’ancor giovane età (quest’anno sono trentacinque), JD ha alle spalle una carriera da veterano, iniziata quasi vent’anni fa. Nativo di Chicago, ma attualmente vive a Nashville, nel Tennessee, Simo compone, suona e produce album altrui, ha già lavorato con grandi nomi tra cui Jack White, Tommy Emmanuel, Luther Dickinson, Blackberry Smoke, si è esibito in festival importanti come Bonnaroo, Warren Haynes 'Christmas Jam e Mountain Jam ed è stato invitato dal bassista dei Grateful Dead Phil Lesh a unirsi all’estemporaneo progetto Phil Lesh and Friends.

Non è un caso, quindi, che il chitarrista mostri una visione articolata nel comporre e sia già in possesso di uno stile personalissimo, che la maggior parte dei musicisti non raggiunge mai a nessuna età. Simo parla un linguaggio musicale unico e personale, che comprende hard blues, soul e psichedelia, che guarda al passato, certo, ma non imita, presentandosi semmai come un'estensione dei grandi artisti che l’hanno preceduto nel tempo e ispirato.

Il disco si apre con il soul esoterico di The Movement, una traccia che inizia come una sorta di esperimento Motown, prima di cambiare marcia in un energico jam di chitarra in acido e poi ancora in un'escursione di rumore freestyle, clamorosamente lisergica. La cosa pazzesca è che Simo fa sembrare tutto perfettamente logico. La sua espressività a più livelli gli consente di fondere i generi in modo intuitivo, plasmando creature ibride che saltano fuori dagli altoparlanti con incredibile naturalezza.

L’innodica Love mostra i muscoli di un saltellante hard funk e sfocia in un ritornello acchiappone. JD si cimenta in un cantato grintosissimo e sfodera una chitarra intrisa di wah wah, che si scatena in un folle assolo dal sapore Rage Against The Machine (Tom Morello docet).

Out Of Sight è un blues/rock/funky ad alta energia, figlio selvaggio e rumoroso di tanti modelli del passato, e, con un lavoro alla chitarra spaventosamente intenso, dimostra la potenza pura con cui Simo irrora le sue inclinazioni artistiche. Higher Plane torna al blues stravagante e rumoroso (di cui Simo è maestro), questa volta con un'inflessione paludosa e sferragliante, che evoca addirittura i White Stripes. Classico e terribilmente innovativo. Applausi da standing ovation, poi, quando partono i due minuti scarsi di Take That, un ruggente blues strumentale ad alto contenuto alcolico e ad alta velocità, con cui Simo si lancia vertiginosamente a rivivere il fascino dell’old school style, mostrando doti tecniche da fenomeno.

C’è anche il tempo per un ballatone soul suntuoso (One Of Those Days) e per la conclusiva Ann Lee, classicissimo blues a lenta combustione, che fa emergere tutte le conoscenze filologiche di questo folle e avventuroso artista.

JD Simo è un chitarrista all'avanguardia, uno che rispetta la tradizione ma è capace di spezzare gli schemi e spingere un canovaccio noto verso quei territori sconosciuti, di cui il blues ha bisogno per sopravvivere ed essere ancora rilevante. Un disco che farà girare la testa agli amanti del genere che sanno uscire dai limiti dell’ortodossia e guardare avanti.  


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