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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
12/11/2018
Nic Gyalson
Le interviste di Loudd
Nic Gyalson, dal Canton Ticino, Svizzera, musicista e produttore eclettico con alle spalle due album, “Alluvision”, datato 2016 e pubblicato in CD e vinile, e “Soundtracks 2014 – 2017”, disco che, come lascia intuire il titolo, raccoglie brani realizzati per cinema, documentari e trasmissioni televisive. (A cura di Alvise Casoni)

Il suo rock guarda all'America come all'Inghilterra dei 60s, alla psichedelia e al blues, e possiamo trovare tracce di Pink Floyd come di artisti più recenti, Black Keys, giusto per fare un esempio, senza volere togliere nulla all'originalità del musicista svizzero.


Partiamo dal nome che hai scelto, non sono riuscito a decifrarlo... vuoi spiegarcelo, se possibile?

Gyalson è il mio nome in ladakhi, una lingua simile al tibetano parlata nel regno himalayano del Ladakh (India del nord), il luogo in cui mi trovavo per lavoro quando ho deciso di dedicare la mia vita alla musica e dove ho scritto le prime canzoni per “Alluvision”.

Quali sono le novità in questo tuo EP?

“You Could Almost” è pieno di novità: lo sto incidendo con più musicisti rispetto ad “Alluvision” (nel quale oltre a me c'era solo il batterista), e lo sto registrando e missando di persona. Dal punto di vista musicale, rispetto ai lavori precedenti c'è più coerenza tra le canzoni, soprattutto a livello di testi e concetto centrale dell'album.

Il fatto poi che sia suddiviso in capitoli e che molte delle tracce avranno un videoclip abbinato, lo rende di certo un lavoro molto ricco ed interessante, oltre che estremamente impegnativo in termini di tempo e fatica.

So che sei attivo anche come compositore di colonne sonore...

Sì, ho realizzato la musica per diversi documentari, è un mestiere che mi appassiona e appaga molto, e che mi dà la possibilità di sperimentare con i suoni in modo diverso rispetto a quando compongo canzoni.

E, non ultimo, anche come videomaker: complimenti per "Underneath My Feet". Vuoi raccontarci qualcosa?

Ti ringrazio! “Underneath” è stato un vero e proprio viaggio: ho iniziato a scrivere la storia a maggio pensando che sarebbe stato semplice e veloce da girare. Come spesso accade, avevo sottovalutato le difficoltà (o non me le ero ancora imposte). Le circostanze mi hanno condotto a realizzarlo quasi completamente da solo, cosa che ha dilatato notevolmente i tempi di produzione, ma che mi ha anche permesso di rivivere le emozioni che mi avevano portato a scrivere la canzone e la sceneggiatura del video.

Sono una persona solitaria, talvolta per scelta, talaltra per forza, ragion per cui le sfaccettature della mia personalità si materializzano spesso in personaggi immaginari con cui finisco per dialogare e magari pure litigare. Con “Underneath My Feet”, uno di questi personaggi si è finalmente mostrato al mondo in tutto il suo tetro splendore.

Vieni dalla Svizzera italiana, non sappiamo molto della scena da quelle parti...

Probabilmente perché la Svizzera italiana è un territorio piccolo e una vera scena non esiste. Non dico che non esistano artisti o band di talento – ce ne sono eccome e alcuni hanno fatto e faranno certamente strada – ma le possibilità di ottenere un livello decente di visibilità sono limitate, a meno di fare musica totalmente mainstream o già sentita mille volte, oppure di far parte di qualche cerchia di “alternativi” che si aiutano l'un l'altro, a patto di rispettare tutta una serie di canoni stilistici.

Aggiungiamoci una buona dose di invidia e competitività tra artisti dovuta alle ridotte dimensioni del territorio e sarà facile comprendere come mai la scena locale non sia esattamente florida.

Nella tua musica c'è una forte componente classic rock...

Ascolto di tutto, ma sono decisamente un fan dei Led Zeppelin e di Jack White (che pur essendo contemporaneo attinge molto dalla musica rock 60-70). Inoltre, quando ho iniziato a suonare l'Hammond ascoltavo spesso i Deep Purple, quindi anche se da allora ho ampliato molto i miei orizzonti, qualcosa trapela ancora nelle mie composizioni.

E hai appena pubblicato anche un brano in italiano, come è nato? Ci sarà un seguito?

Ho iniziato a scrivere “Qualcosa Si Trova” abbastanza per caso durante una rimpatriata con un caro amico. Abbiamo abbozzato la melodia e la prima strofa insieme per divertimento, bevendo del buon vino. In seguito, mi sono reso conto che in quegli appunti c'era del potenziale e allora ho deciso di concluderla e inserirla nel primo capitolo.

Al momento è una bonus track e un caso unico nella mia carriera, ma non escludo certo la possibilità di scrivere altre canzoni in italiano in futuro.