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REVIEWSLE RECENSIONI
Live at Helsinki Ice Hall
Amorphis
2021  (Warner Music)
EXPERIMENTAL/AVANT-GARDE METAL / HARD ROCK ALTERNATIVE
8/10
all REVIEWS
16/06/2021
Amorphis
Live at Helsinki Ice Hall
Gli Amorphis sono una band fuori dal comune e non tanto perché hanno raggiunto il traguardo dei trent’anni di attività, quanto perché lo hanno fatto in splendida forma, producendo ancora dischi dal livello qualitativo altissimo e non smettendo di essere un punto di riferimento per il vasto calderone del Metal estremo.

Detta così parrebbe una frase fatta ma fermatevi un attimo a considerare questi dati: stiamo parlando di un gruppo che ha registrato i suoi dischi iconici, quelli per cui è tuttora noto al di fuori della cerchia dei fan, alla metà degli anni ’90. Sto parlando di “Tales From the Thousand Lakes” (1994) ed “Elegy” (1996), due autentici capolavori che ridefinirono completamente le coordinate del genere, contaminando il Death Metal degli esordi con massicce dosi di melodia, attingendo sia dalla tradizione Folk sia dalle classico guitar sound di scuola Iron Maiden. Sicuramente il primo era più estremo, il secondo mostrava già segni di quell’ammorbidimento del suono e dell’impostazione generale che sarebbe divenuto realtà nei lavori successivi, ma risultava comunque coerente con l’evoluzione del gruppo.

Bene, fossero finiti lì, i finlandesi si sarebbero comunque ritagliati un posto nella storia. E in effetti hanno rischiato davvero di finire: i successivi “Tuonela”, “Am Universum” e “Far From the Sun” li traghettarono nel nuovo millennio con l’abbandono totale dell’elemento Metal, in favore di un’impronta prevalentemente acustica e debitrice dei Seventies. Era in corso quel processo di allontanamento dalle sonorità estreme che altri act nati in quel periodo stavano portando avanti, nel tentativo di risultare più “adulti” o, come in molti malignarono all’epoca, di aumentare il proprio fatturato.

È una storia che ho raccontato già altre volte perché all’epoca mi colpì molto e ricordo perfettamente le reazioni scandalizzate degli appassionati nel vedere che i loro beniamini stavano divenendo “commerciali”. Quello che successe lo sappiamo tutti: gli unici che cambiarono davvero, che si trasformarono in un’altra cosa, riuscendo al contempo ad abbracciare tutta un’altra tipologia di pubblico, furono i britannici Anathema, che mentre scrivo sono sempre un gruppo di successo rispettato in tutto il mondo. Tutti gli altri, o sparirono o tornarono indietro, chi chiedendo scusa, chi facendo finta che nulla fosse successo.

Gli Amorphis però costituiscono un’eccezione: perché se è vero che nel 2006, con l’ingresso del cantante Tomi Joutsen, realizzarono un disco convincente come “Eclipse”, preludio ad un ritorno in pianta stabile ai fasti di un tempo, è altrettanto vero che coi lavori successivi non si limitarono a vivacchiare, non divennero un classico gruppo per nostalgici, ma guadagnarono nuove generazioni di fan e aumentarono a dismisura i loro consensi al punto da risultare una delle band Metal di maggior successo nel panorama contemporaneo, per nulla danneggiati dalla crisi del settore discografico che tantissimi loro colleghi hanno patito negli ultimi anni. Una prova su tutte? Il fatto che un colosso come Nuclear Blast, etichetta con la quale hanno spiccato il volo, li abbia tuttora sotto contratto e che anzi, siano tra i suoi artisti di punta.

Quest’ultimo “Live At the Helsinki Ice Hall” (che poi, al di là di tutte le divagazioni, è il motivo per cui sono qui a scrivere di loro) potrebbe essere un altro importante certificato di forma: la venue in questione, una delle più famose della Finlandia per quanto riguarda la musica dal vivo, è un’arena da ottomila posti e rappresenta un risultato di tutto rispetto per un act che normalmente si è sempre esibito in club di media grandezza. Vero che giocano in casa, direte voi, ma non si può neppure passare sopra ad una così grande partecipazione di pubblico.

Siamo a fine 2019 e il tour è quello dello splendido “Queen of Time”, uscito l’anno precedente e probabilmente la sintesi perfetta di tutto quello che i finlandesi hanno creato dopo il loro “ritorno all’ovile”: nessuna innovazione ma un livello di songwriting altissimo, con canzoni perfettamente bilanciate tra melodia e potenza, ottimamente costruite anche nelle parti strumentali.

I sei non lo sapevano ancora, ma sarebbe stato uno dei loro ultimi concerti prima che il mondo si fermasse. Anche senza saperlo, hanno comunque dato tutto: la resa sonora al limite della perfezione (qualche ritocco in studio è altamente probabile, ormai funziona così) valorizza a pieno una performance maiuscola, con un collettivo che ormai da anni non è soggetto a cambi di formazione (se si esclude il ritorno in pianta stabile del bassista originario Olli-Pekka Laine nel 2017) e che anche per questo suona potente e perfettamente rodato.

Tomi Joutsen alle clean vocal ormai è una garanzia, in lui gli Amorphis hanno trovato l’elemento chiave per garantirsi un perenne stato di forma e il suo alternarsi al growl con Tomi Koivusaari (che è anche chitarrista ritmico ed è, assieme all’altro chitarrista Esa Holopainen, una delle colonne portanti di questo gruppo sin dagli inizi) è ormai uno dei loro più importanti marchi di fabbrica. Non bisogna però neppure sottovalutare il ruolo del tastierista Santeri Kallio, che è in formazione dal 1998 e che ha via via svolto un ruolo di primo piano in fase di scrittura: è anche e soprattutto grazie a lui se gli Amorphis hanno potuto riprendere la matrice estrema senza risultare pacchiani e soprattutto senza banalizzare l’elemento melodico.

Il concerto, spalmato su due cd o due vinili, dura 90 minuti ed è una fotografia fedele dello stato attuale della band: setlist fortemente incentrata sull’ultimo disco, dalla memorabile accoppiata iniziale “The Bee”/“Heart of the Giant”, fino ad una stratosferica “The Golden Elk”, per chi scrive il più bel pezzo dei finlandesi post “Elegy”.

Il resto è preso da alcuni lavori selezionati della loro ingente discografia: ci sono “Bad Blood” e “The Four Wise Ones” dal precedente “Under the Red Cloud”, i soliti immancabili estratti dai due capolavori dei ’90 (su tutti spicca una meravigliosa “Into Hiding” ma anche le solite “My Kantele” e “Black Winter Day” fanno la loro porca figura e suonano sempre fresche come quando furono composte) e brani più recenti ma ormai assunti al livello di classici come “Silver Bride” e “House of Sleep”, che come spesso accade mette fine allo show.

Purtroppo sono stati completamente tralasciati due dischi di grandissimo spessore come “The Beginning of Times” e “Circle” ed è un peccato, visto che il precedente live del gruppo, “Forging the Land of the Thousand Lakes” è uscito quando ancora questi lavori non erano stati pubblicati.

In conclusione, “Live At the Helsinki Ice Hall”, oltre ad un piacevole modo per ingannare l’attesa in vista del prossimo disco in studio, a cui non dovrebbe mancare molto, rappresenta anche il modo migliore per avvicinarsi a questo gruppo da parte dei neofiti o per riprendere i contatti, per chi c’era agli inizi ma poi li ha mollati.

Unica grossa pecca, e non è una mancanza da poco, è che non sia stata inclusa una versione dvd dello show: in un’epoca di crisi del supporto fisico, l’aspetto visivo avrebbe senza dubbio costituto un incentivo all’acquisto. Che dipenda dal deficit di attenzione sempre più preoccupante del pubblico, che difficilmente riuscirebbe a guardarsi un live intero seduto in poltrona (anche se dopo tutto, non è quello che milioni di persone hanno fatto quest’anno?) e che quindi non giustificherebbe l’investimento?

Sia come sia, un concerto del genere solo in formato audio è veramente penalizzante, speriamo che prima o poi ci ripensino.

Ad ogni modo questa rimane una grande band: se penso che ventisette anni fa entravo in un negozio di dischi di Amsterdam, ascoltavo per la prima volta “Tales From the Thousand Lakes” (la cui recensione letta qualche settimana prima mi aveva già parecchio incuriosito) e rimanevo folgorato alla seconda canzone al punto da precipitarmi alla cassa per comprarlo, è incredibile pensare che da allora non abbiano perso praticamente nulla di quel carisma e di quel talento che avevano da ragazzini.

Sparatevi questo live a tutto volume e speriamo davvero di poterlo rivedere presto di persona, un concerto così.


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