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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
10/02/2020
Explosions In The Sky
Live Report, 6 febbraio 2020 @ Fabrique, Milano
Resa sonora vicina alla perfezione, che valorizza tutti e cinque i componenti e ne mette in risalto l’alchimia che riescono a creare; giochi di luce fantastici, che costituiscono una vera e propria scenografia.

Gli Explosions In The Sky mancavano dai palchi da circa quattro anni. L’ultima volta li avevamo visti nel 2016, quando erano in tour per promuovere “The Wilderness”.

A questo giro non ci sono dischi nuovi ma l’occasione è comunque ghiotta: sono passati vent’anni dall’esordio e qualche celebrazione è d’obbligo, a maggior ragione in un’epoca in cui sembra si viva solo per ricordarci che “Hey, sono già tot anni che è uscito… (nome di un disco a caso). E così ecco arrivare le ristampe rimasterizzate dell’esordio “How Strange, Innocence” e di “The Rescue”, originariamente uscito nel 2005.

Michael James e compagni arrivano al Fabrique di Milano dopo la straordinaria esibizione della sera prima al Teatro Duse di Bologna (noi non c’eravamo ma dai commenti pare sia stata una gran cosa), pronti per affrontare una venue che forse è un po’ troppo capiente per il seguito che godono qui da noi. In realtà, nonostante i teloni sistemati a metà per aumentare l’effetto pieno, l’affluenza sarà di tutto rispetto, attestato d’amore per una band non certo facile, che ha però forse saputo declinare il proprio Post Rock in maniera da renderlo fruibile anche agli appassionati di musica meno sofisticati.

Si inizia alle 21.30, con un quarto d’ora accademico rispetto all’orario annunciato. Non c’è nessun gruppo di supporto, arrivano direttamente loro cinque, senza essere preceduti da intro o altre trovate sceniche. C’è solo un breve e divertente saluto in italiano da parte del chitarrista Munaf Rayani, che ringrazia i presenti di essere venuti e annuncia sorridendo che “Noi siamo le esplosioni nel cielo”. Applausi di rito e si parte, come giusto che sia, con “A Song For Our Fathers”, tratta dal disco d’esordio.

Resa sonora vicina alla perfezione, che valorizza tutti e cinque i componenti e ne mette in risalto l’alchimia che riescono a creare; giochi di luce fantastici, che costituiscono una vera e propria scenografia. Contrariamente a molti gruppi Post Rock, la parte visiva dello show risulta molto “calda”, con colori come il rosso, il verde e il giallo usati in più di un’occasione e la band ben visibile sul palco, affidando alle luci basse solo alcuni momenti selezionati.

Sulla componente musicale, poco da dire. Undici i brani in scaletta, in una sorta di best of che pesca un po’ da tutta la carriera, senza lasciar fuori titoli come “The Only Moment We Were Alone”, “Your Hand in Mine” e “The Birth and Death of The Day”, non a caso accolte dal boato del pubblico.

Quello che stupisce ogni volta vedendoli suonare è non solo la loro straordinaria unità, per cui sanno sempre dove andare e cosa fare, muovendosi in un’unica direzione senza mai guardarsi, ma anche il sapiente uso delle dinamiche, che poi in questo genere è un fattore assolutamente imprescindibile. La partenza in sordina, con arpeggi minimali che crescono lentamente, le parti in cui il tema principale viene sottolineato a più riprese dalle chitarre, gli interludi dove salgono in cattedra le percussioni e dove viene fatto un uso più corposo dell’elettronica; e poi, quelle esplosioni chitarristiche da cui il gruppo prende il nome, quelle raffiche sonore di inusitata potenza, con Michael James, Munaf Rayani e Mark Smith a creare un wall of sound invalicabile, che va quasi a coprire la sezione ritmica, da tanto è alto il volume. Sono forse questi i momenti del concerto dove il gruppo raggiunge l’apice, anche se il pubblico mostra di gradire tantissimo anche i fraseggi cantabili che contraddistinguono le varie canzoni.

Nel finale poi si alzano i toni, con la potente cavalcata di “Disintegration Anxiety” ed una “Magic Hours” quasi mistica, che manda a casa tutti dopo 90 minuti intensi, senza pause e senza bis.

Se parliamo di Post Rock esistono sicuramente realtà di livello superiore, ma gli Explosions In The Sky, nonostante un repertorio sempre più o meno uguale a sé stesso, privo di significative variazioni, hanno saputo conquistare una visibilità notevole, per certi versi trasversale alla sola appartenenza al proprio genere di riferimento. Anche ieri sera è stato memorabile. Speriamo di rivederli in pista con un nuovo disco.

Le fotografie sono di Christian Di Martino

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