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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
07/07/2021
Ferrara sotto le stelle
Live Report
L'annullamento per pioggia della serata di Laila Al Abash e Venerus ha concluso la rassegna su un tono di netta mestizia ma ciononostante non si può dire che il ritorno di quello che è da anni uno degli appuntamenti più belli e importanti dell’estate concertistica italiana, sia stato un insuccesso.

Cambio di location, non più in piazza ma a  Parco Massari, con il pubblico comodamente (più o meno, dai) seduto sull'erba e il palco, piuttosto ridotto in dimensioni, collocato in mezzo agli alberi, a creare una suggestiva cornice bucolica. È filato tutto liscio, se togliamo l'inconveniente della pioggia (ottimo per il territorio, visto che pare che sia da mesi che non cadeva una goccia, un po’ meno per noi ma pazienza), che personalmente mi ha privato dell’artista che più attendevo in assoluto ma ripeto, il bilancio è comunque positivo.

L'organizzazione è risultata nel complesso impeccabile, con uno staff attento e premuroso (forse un filino troppo) nel dare indicazioni agli spettatori e nel favorire al contempo il rispetto di tutte le misure Anticovid. Il sistema dei cerchi per terra, mi spiace dirlo, non funziona. Troppo vincolante è il posizionamento nel proprio quadrato, troppo penalizzate le persone singole (credeteci o no, c’è anche chi va ai concerti da solo, io sono spesso uno di quelli), collocate tutte nelle retrovie. Aggiungiamo due o tre alberi ad ostruire la visuale e potremo concludere che, se proprio dobbiamo vederci un concerto da seduti, tanto vale tenerci le sedie coi posti numerati. 

Ulteriore elemento negativo è stato il limite imposto ai volumi, che ha influito non poco sul godimento delle esibizioni, soprattutto per il chiacchiericcio in costante sottofondo di quelle immancabili persone che proprio non ce la fanno a guardarsi in silenzio un artista che suona. 

Detto questo, ci sono stati motivi per cui gioire: in quattro sere abbiamo ascoltato otto live, tutti di livello, tutti di artisti degni di nota all’interno del panorama italiano cosiddetto indipendente (che poi alcuni sono sotto major quindi vabbeh). Diciamolo con chiarezza: non è questa la ripartenza della musica dal vivo che abbiamo sognato: non ci sono i gruppi stranieri e le limitazioni e le restrizioni di ogni tipo sono ancora troppe perché si possa davvero dire che ci siamo lasciati il peggio alle spalle. In queste condizioni il settore non può sopravvivere. 

Eppure, se pensiamo agli otto lunghi mesi di stop che abbiamo attraversato, che a loro volta sono andati ad interrompere una ripresa estiva che non era stata una vera ripresa, è inevitabile concludere che sia meglio godersi tutto questo, piuttosto che l'ennesimo, assordante silenzio. 

Facciamo un passo per volta e prendiamoci quel che c’è, tante cose non sono in mano nostra (i capricci atmosferici dell’ultima sera l’hanno dimostrato per l’ennesima volta) e forse è anche consolante che sia così. 

Qui di seguito, qualche nota sintetica, serata per serata. 

Mercoledì 30 giugno
Superate le difficoltà tecniche dovute alla lentezza delle operazioni d'ingresso, il Ferrara sotto le stelle prende ufficialmente il via con solo mezz'ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia. 

Vieri Cervelli Montel fa parte del team di produzione che ha lavorato ad "Ira" e Jacopo Incani lo ha fortemente voluto ad aprire per lui questa sera. Sul palco oltre a lui ci sono Nicholas Remondino (batteria) e Luca Sguera (pianoforte e Synth), per un set dal sapore minimale e lo fi, canzoni in bilico tra Alt Folk e Post Rock, con una vena di tristezza ad ammantare brani decisamente ben scritti, dal fascino profondo anche se non facilmente fruibili. La lingua è a tratti sardo (presente anche il rifacimento di un brano tradizionale in apertura), a tratti italiano e nel finale arriva anche una versione convincente di "Almeno tu nell'universo". 

Promosso a pieni voti e non solo, è già partito l'hype per il disco d'esordio. 

Iosonouncane si è tenuto nel cassetto per più di un anno un disco che è semplicemente uno dei più belli che siano usciti in Italia (e non solo) negli ultimi anni e già per questo sarebbe da ammirare. Nell'attesa di ascoltarlo tutto dal vivo quest'autunno nei teatri, arrivano una serie di date estive in trio di cui questa di Ferrara è la seconda. Sul palco ci sono solo "macchine", come le ha chiamate lui nei credits del disco. Con queste Jacopo Incani e i suoi compagni d'avventura, Bruno Germano e Amedeo Perri, portano sul palco i suoni di "Ira", la cui scaletta viene stravolta e rimontata creando nuove suggestioni e di fatto offrendo una nuova prospettiva su un lavoro che già mostrava una moltitudine di facce differenti. 

I brani sono nel complesso più scuri, i beat e le tessiture ritmiche si fanno più ossessivi, anche il cantato è più teso e meno pacificato, rispetto alla versione in studio.  

Non c'è quasi mai una pausa, nell'arco di questa ora e mezza abbondante: si tratta in pratica di tre lunghe suite, all'interno delle quali l'improvvisazione e la dilatazione hanno un ruolo fondamentale. Se nel disco la forma canzone era ancora tutto sommato prevalente, qui i temi portanti sono a volte il punto di partenza per lunghe divagazioni, dove i Synth si muovono in parallelo a creare visioni poco rassicuranti, se non proprio da incubo. In mezzo, accennate e sviluppate per qualche minuto, ci sono anche un paio di estratti da "Die" (“Buio” e “Tanca”) che provocano gli applausi del pubblico ma che sono perfettamente dentro il concept sviluppato in diretta, senza nessuna concessione alla nostalgia (gli arrangiamenti molto diversi, anche nelle linee vocali, lo hanno ulteriormente dimostrato). Chiude una lunga ed ipnotica "Hajar", sulla cui coda infinita i tre musicisti lasciano il palco, abbozzando appena un saluto. 

Concerto incredibile, penalizzato solo dai volumi bassissimi e da una cornice che, per quanto piacevole, è risultata poco adatta per una proposta come questa. In ogni caso, ancora di più dopo stasera mi pare che Iosonouncane sia pronto per conquistare anche il mercato internazionale. 


Giovedì 1 luglio

La cancellazione degli shame, dovuta alle restrizioni imposte da Inghilterra e Italia per la variante delta, introduce uno scenario inquietante per quello che succederà in futuro alle band straniere di passaggio da noi. Avremo ancora concerti di livello internazionale o dovremo accontentarci dei nostri artisti?. Le prospettive, per ora, non sono affatto rosee, a dispetto dei centinaia di show annunciati e programmati da qui alla fine del 2022. Ce ne preoccuperemo in seguito, adesso è tempo di stare nel presente. L'organizzazione comunque è caduta in piedi: il concerto è stato trasformato in una serata gratuita, coi Massimo Volume, inizialmente previsti in apertura, nel ruolo di headliner, e i Soviet Soviet chiamati all'ultimo momento a fungere da opening act.  

La band pesarese se la cava egregiamente, dando vita ad uno show energico e a tratti furioso. Nonostante la lunga pausa abbia prodotto un po' di ruggine (il cantante e bassista Andrea Giometti è apparso più volte affaticato) e un radicale cambio di line up (il chitarrista era al primo concerto, il batterista un amico che ha sostituito momentaneamente il titolare Alessandro Ferri), il trio non fa prigionieri e convince i presenti con una scaletta dove la fanno da padrone i brani degli ultimi due dischi, "Fate" e "Endless". Li abbiamo ascoltati ormai un sacco di volte ma ci mancavano, per ora va bene così.
I Massimo Volume sono stati sorpresi dal Covid in un momento tutto sommato favorevole, quando avevano praticamente già completato il tour, anniversario di "Stanze" compreso. Hanno dunque potuto prendersela comoda e quella di stasera rappresenta di fatto l'unica data estiva che vedremo, se si eccettua quella di due giorni prima a Torino, una sorta di secret show organizzato da Spazio211 per festeggiare il ritrovamento dell'attrezzatura che gli era stata rubata qualche mese fa.

Mimì e compagni appaiono in forma e rilassati, la chitarrista Sara Ardizzoni ormai perfettamente inserita in formazione.

Spazio consistente ai brani de "Il nuotatore", a mettere in evidenza il gran lavoro di Egle Sommacal (ancora non mi capacito come non sia considerato tra i migliori chitarristi italiani di sempre) e un generale impianto sonoro più rarefatto e a tratti dilatato dall'effetto Synth sulle chitarre ("Fred", "Amica Prudenza"). 

Si pesca tanto anche da "Cattive abitudini", il disco che ormai più di dieci anni fa ha inaugurato la seconda giovinezza della band. Canzoni come "Fausto" o "Le nostre ore contate" (testo sempre da pelle d'oca") sono ormai classici imprescindibili, mentre graditissimo risulta il ripescaggio di "Mi piacerebbe ogni tanto averti qui", il brano che Mimì ha scritto per il padre scomparso e che dopo il tour di quel disco non era più stato suonato. Versione più corta rispetto a quella di allora, ma parti strumentali sempre di grande effetto e qui ci sarebbe da fare un plauso alla batterista Vittoria Burattini di cui, vale anche per lei questo discorso, la straordinaria bravura non viene mai abbastanza sottolineata. 

L'ultimo brano è "Stagioni" ed è un gran bel regalo, anche questa non la si sentiva da tanti anni. 

I bis iniziano con "Litio", suonata bella potente, proseguono con la vecchia "Alessandro" (che meraviglia il riff portante, tipico di una band che con poche note ha confezionato atmosfere di altissima profondità e suggestione) e finiscono con una versione di "Fuoco fatuo" che ho trovato leggermente scarica, come se il climax emozionale che di solito scatta in questo momento si fosse già esaurito. 

Non è passato molto tempo e il pubblico ne vuole ancora: naturale dunque che i quattro ritornino per una "Il primo Dio" che non era contemplata ma che funziona sempre benissimo, gradita anche per il fatto che negli ultimi anni era stata messa da parte.

È stato un concerto breve ma va bene così, i Massimo Volume hanno confermato per l’ennesima volta la loro grandezza. Archiviato "Il nuotatore" e il relativo tour, non resta che aspettare il prossimo disco. 


Venerdì 2 luglio

La terza sera si apre con i Post Nebbia, forti del secondo disco "Canale paesaggi", che ha riscosso buona accoglienza un po' ovunque, tra pubblico e addetti ai lavori. 

Vanno di fretta, avendo poco tempo e tirano via un pezzo dopo l'altro, col loro mix di psichedelia e suoni ariosi e vellutati, debitori degli anni '70 e con un occhio di riguardo a Kevin Parker e ai suoi Tame Impala. Proposto quasi tutto l'ultimo disco, più un nuovo singolo, "Veneto d'estate" che, come si può intuire dal titolo, fa il verso, anche nella melodia, alla celebre hit di Fabi-Silvestri-Gazzè. Un bel concerto suonato, gran tiro e ottima coesione d'insieme. Al momento, se volete guardare fuori dalle solite proposte, sono assolutamente da considerare. 

La rappresentante di lista ha ottenuto quel che meritava, dopo una lunga gavetta e tanto duro lavoro. La partecipazione a Sanremo ne ha moltiplicato la visibilità ma ciò non toglie che avesse una fanbase solida ed affezionata già da prima, come si può evincere anche questa sera, con un bel gruppetto di irriducibili che ne intona le canzoni durante il cambio palco. 

Lo show è poi il solito che conosciamo, con in più una maggiore concessione all'aspetto visivo e coreografico, naturale conseguenza di un disco come "My Mamma", che ne ha accentuato l'elemento Pop.

Inizio solenne con "Religiosamente" e Veronica Lucchesi che fa il suo ingresso a brano iniziato, per aumentare l'effetto. Poi è il solito concerto entusiasmante, con una backing band di altissimo livello, che ha il suo punto focale negli inserti di fiati e percussioni. Veronica è la solita mattatrice, presenza scenica da grande star e voce pazzesca, il suo partner artistico Dario Mangiaracina, più sobrio, gestisce egregiamente la parte musicale, dividendosi tra chitarra, basso, tastiere e sassofono, cantando anche una canzone da solo ("Fragile"). Scaletta che pesca a piene mani dall'ultimo disco ("Alieno" è indubbiamente uno dei momenti migliori) ma che non dimentica i brani più significativi del passato, da "Ti amo (nanana)” a Maledetta tenerezza", passando per "Siamo ospiti" e per una sempre coinvolgente "Guardateci tutti". Nei bis arriva ovviamente la sanremese "Amare": non la cosa migliore del loro repertorio, ma senza dubbio la più importante, almeno sino ad ora. 

Il duo palermitano è oramai una certezza e il fatto che dal vivo siano così bravi costituisce senza dubbio un valore aggiunto, specie di questi tempi in cui di concerti se ne vedono pochi. 

 

Sabato 3 luglio

La quarta serata è decisamente diversa per tipologia di pubblico, tanti giovani ed elemento femminile in netta prevalenza.

Ad aprire c'è Generic Animal, uno a cui il Covid ha fatto piuttosto male, dato che il suo secondo disco "Presto" è passato un po' in sordina, nonostante la scrittura di livello e i featuring d'eccellenza. 

Sul palco sono in tre, due chitarre e una batteria, un assetto funzionale allo scarno It Pop che viene proposto, in bilico tra ironia e sguardo contemplativo (molto più il secondo, direi), cosa che vale soprattutto per i brani più recenti come "Nirvana" e "Adelio", dalla struttura più articolata e dal mood complessivamente poco immediato. 

Un set piacevole, con una buona partecipazione di pubblico e diversi episodi degni di nota, come la vecchia "Tsunami", l'ultimo singolo "Bastone" e l'ottima "Scarpe #2", che è probabilmente il pezzo migliore che ha in repertorio. 

Chiude "Alle fontanelle", con una buona dose di groove.

Sottovalutato e probabilmente non così incisivo in sede live come altri suoi colleghi più illustri, Luca Galizia è comunque un nome interessante di questa scena, sarebbe un peccato non ricordarselo. 

Il dato saliente è che Mecna a questo giro si è portato dietro una band: oltre al solito Lvnar  e all’altro produttore e collaboratore di lunga data Iamseife, ci sono tre elementi: Andrea Dissimile alla batteria, Pierfrancesco Pasini alle tastiere, Alessandro Cianci  alle chitarre, a dare più corpo al suono e a fornire al set del rapper milanese il tiro e la consistenza di un vero live. Non fanno chissà cosa ma l'impatto è notevole e le parti pre registrate (soprattutto cori sui ritornelli e seconde voci qua e là) sono ridotte al minimo, per un feeling generale che a tratti sconfina nel Soul e rende il tutto parecchio ballabile, nonostante il repertorio sia in realtà piuttosto lento e malinconico. Ad un certo punto, quando partono “Tutto Ok” e “Vivere” si alzano addirittura tutti in piedi, con la security che deve abbandonare le restrizioni dei giorni scorsi e lasciar correre per qualche minuto, prima che sia lo stesso Corrado a richiamare all'ordine. 

La scaletta è incentrata su “Mentre nessuno guarda”, recentemente pubblicato in edizione estesa con diversi brani in più. Le varie “Demoni”, che apre il concerto, “Calamite”, “Non mi va/Con te” (“Uno di quei pezzi che avrei voluto scriverei io, ma in realtà l’ho scritta davvero io” ha scherzato nell'introduzione), “Ho guardato un'altra”, funzionano benissimo, e vengono proposte in versione riveduta anche quelle canzoni, come “Voodoo”, “Punto debole”, “Alibi” e “Vestito bianco”, dove la presenza dei featuring è particolarmente importante. 

Spazio anche a “Neverland”, il disco realizzato assieme a Sick Luke, il cui tour si è chiuso appena prima della pandemia: “Fuori dalla città” e “Akureyri” rendono parecchio bene, mentre la title track viene accennata brevemente in versione acustica con un effetto notevole; allo stesso modo viene proposta “Superman”, da “Lungomare paranoia” che provoca un bell'effetto singalong. 

Presente anche qualche classico degli esordi, come “Pace” e “Faresti con me”, mentre il finale è affidato ad una intensissima “Scusa”, indubbiamente uno dei suoi brani più personali, prima che una scatenata “Mille cose” ed una scanzonata e funkeggiante “:(“ mandino tutti a casa appena prima che si scateni il diluvio (come sappiamo, la sera dopo non ce la caveremo altrettanto bene, purtroppo).  

Mecna è una certezza del rap italiano, nonostante non sia più circondato dall'Hype come all'inizio, il suo pubblico è numeroso e affezionato e anche questa sera lo ha dimostrato ampiamente. L'aggiunta della band è poi una scelta parecchio indovinata, che ha fatto crescere esponenzialmente la sua tenuta dal vivo. Da qui in avanti, il futuro non potrà essere che roseo. 

[Fotografie: Riccaordo Giori, Sara Tosi]

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