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TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Lover Man
Charlie Parker
(Dial Records)
JAZZ
all TRACKS
21/01/2019
Charlie Parker
Lover Man
Il 29 luglio del 1946, Charlie entra alla Dial Records per registrare alcune canzoni. E’ in crisi d’astinenza, sta malissimo, è febbricitante, suda, farfuglia, ha seri problemi di coordinazione

“La musica è la tua esperienza, i tuoi pensieri, la tua saggezza. Se non fa parte della tua vita, non potrà uscire dal tuo strumento”. Charlie “Bird” Parker

 

Quando il 12 marzo del 1955, Charlie Parker muore di polmonite sul divano dell’amica Pannonica de Koenigswater, il medico che ne constata il decesso stima l’età del sassofonista approssimativamente in 50 anni. In realtà Bird ne aveva compiuti da qualche mese 34.

La dipendenza dall’eroina e dall’alcol e il continuo abuso di farmaci ne avevano minato corpo e spirito, avevano prostrato il suo fisico di ragazzo trasformandolo nella carcassa malandata di un uomo di mezza età. Charlie era tossicodipendente fin dall’adolescenza e per procurarsi la maledetta eroina era disposto a qualunque cosa: quando si era trovato a corto di denaro, aveva più volte impegnato il saxofono ed era arrivato perfino al punto di mendicare per strada e rubare agli amici (chiede a Miles Davis).

Se l’eroina non si trovava (cosa che successe spesso quando si trasferì in California), Charlie la sostituiva con abbondanti quantitativi di alcol. E ciò nonostante, nonostante tutti gli abusi, tutte le dipendenze e una vita spesso ai margini, Bird è stato il più grande musicista jazz di tutti i tempi, un precursore, un innovatore, e un mostro di tecnica.

Il 29 luglio del 1946, Charlie entra alla Dial Records per registrare alcune canzoni. E’ in crisi d’astinenza, sta malissimo, è febbricitante, suda, farfuglia, ha seri problemi di coordinazione. Registra a fatica “Max Is Making Wax", ma non riesce nemmeno a stare in piedi. Un medico presente gli somministra alcune pillole. Charlie decide di continuare a registrare almeno un’altra canzone, “Lover Man". La band attacca il brano, ma Parker entra in ritardo, salta alcune battute. Sta avendo un collasso e cicca clamorosamente anche il finale, lasciando incompleto un fraseggio. Ma i due minuti che stanno nel mezzo, non sono solo la leggenda più tramandata della storia del jazz, ma qualcosa di così sublime che le parole riescono solo in parte a descrivere. Nell’assolo di Parker, in quei due minuti di sax, c’è una vita intera, c’è la sofferenza, anche fisica, c’è l’angoscia per un destino segnato, si percepisce la consapevolezza che la vita supera l’arte, e che l’arte è solo lenimento, può astrarre e universalizzare il dolore, ma non sconfiggerlo.

Le note si sdoppiano: c’è il sax suonato da Charlie Parker, un uomo che sprofonda all’inferno, nei miseri anfratti di una vita segnata dall’eroina e dalla solitudine; e c’è quello suonato da Bird, l’uccello di fuoco che vola ai confini del cielo, la redenzione che bussa alle porte del paradiso, offrendo in cambio del perdono la meravigliosa perfezione della musica. Sono più di trent’anni che ascolto dischi, ma di fronte a questa versione di “Lover Man“, come solo in rare occasioni mi succede, resto attonito, l’emozione mi fa tremare le mani e una lacrima mi inumidisce gli occhi. Se Dio esiste, vive nel sax di Charlie Parker.