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REVIEWSLE RECENSIONI
Matte Eyes/Matte Moon
Sky of Birds
2020  (MiaCameretta Records)
INDIE ROCK AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
8/10
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20/11/2020
Sky of Birds
Matte Eyes/Matte Moon
Un percorso attraverso le luci e le ombre delle nostre vite intime che mai sono state, come in questo momento storico, universalizzabili e narrabili in musica.

Se il 2020 è un anno avaro di presenze, socializzazione, affettività reali, di certo non lo è quanto a  produzioni e uscite musicali. Grandi nomi e gruppi indie si sono succeduti in questi mesi a colorare di note, calore, emozioni le nostre vite. È un anno davvero prolifico, nonostante tutto.

Alcuni dischi avevano iniziato la loro genesi prima che scoppiasse il caos Covid, altri sono stati messi in cantiere in pieno marasma. Quello che un po’ li accomuna è il cambiamento nella loro percezione che diventa sempre più intima ed introspettiva come se andasse a lenire le personali ansie di ognuno di noi. Mi piace pensare Matte Eyes/Matte Moon proprio in questo contesto. Al mio primo ascolto del secondo full lenght dei ciociari Sky of Birds ho sentito proprio queste atmosfere rarefatte, intime, consolatorie e catartiche. Rese, di volta in volta, di brano in brano, dal noise e dall’indie rock americano più sommessi e struggenti. È tutto così calmo, raccolto, profondo ma anche esplosivo da farci metabolizzare il nostro vissuto piuttosto controverso di questi mesi. Ognuno dei 10 brani di cui si compone l’album sembra rispondere a questa esigenza di “comfort music”. Di sicuro non era nato con questo intento ma davvero finisce per essere un balsamo per anime tormentate.

Le atmosfere delicate e sognanti cedono spesso il passo a tinte più fosche e a un maggior groove che suona come un grido liberatorio. L’uso dell’elettronica in pezzi come Haze Daze Dazzle accompagna e sublima il senso di inquietudine. Still Birds ha la solennità infrangi cuori di un Lou Reed trapiantato nei nostri giorni. Small Eyed Moon ci lancia nell’iperspazio delle nostre fragilità. I’ve Seen You Monster è un viaggio nelle nostre zone d’ombra. Una menzione particolare è per il brano di chiusura, The Child You’ve Been. Una vera dreaming ballad che rivela un songwriting alla Mazzy Star. Tenue, evocativo, più classic degli altri pezzi, perfetto suggello per un disco che fa bene al cuore ascoltare. Fa da contraltare all’apertura di Flaws In Color che aveva comunicato subito l’impronta dell’album.


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