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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
22/03/2021
Macy Gray
On How Life Is
Concepito più di venti anni fa, ha ancora un suono fresco, canzoni ammalianti, ma soprattutto un asso nella manica. Stiamo parlando della voce, dell’abilità interpretativa di Macy Gray, capaci di rendere unico e indimenticabile l’album d’esordio, On How Life Is…

“Voglio essere famosa come la mezzanotte, potente come un fucile e amata come la pizza.”

Non è l’estrosa trovata per pubblicizzare un particolare prodotto, ma una delle tante bizzarre frasi dell’istrionica Macy Gray. Dotata di una voce roca e graffiante, dal timbro “sgarbato” che le ha permesso di imperversare nel genere R&B e soul, è famosa, come spesso capita ad alcuni artisti, soprattutto per l’album d’esordio.

On How Life Is contiene dieci gemme che consentono all’esuberante autrice di scatenarsi tra liriche a volte piacevolmente spiazzanti e continui capovolgimenti di ritmo. Ciò che accomuna i vari pezzi è solo la brillante produzione di Andrew Slater che ha pensato di utilizzare strumenti sorprendenti per il tipo di progetto sonoro concepito. Così accanto a sample, excerpts e interpolazioni varie, corroborate da tanto synth e programming, troviamo orchestra bells, la marimba, il chamberlin, addirittura la farfisa e l’optigan.

Il funky rock di Why Didn’t You Call Me ci introduce nel mondo di Macy per arrivare a una delle canzoni di punta, Do Something. I campionamenti di Funky For You (Nice & Smooth) e Git Up, Git Out (OutKast) portano all’interno di una trama musicale neo soul ben congegnata, rafforzata dalle percussioni potenti dell’impareggiabile Lenny Castro. Matt Chamberlain, noto per la partnership con Tori Amos e apprezzato session man, non è da meno alla batteria. Siamo entrati nel vivo del disco, e, ascoltati questo pezzo rappresentativo e le successive atmosfere a là Temptations di Caligula con un clavinet da urlo, giungiamo a uno dei capolavori dell’opera. La famosa Try non perde un pizzico della sua bellezza anche dopo più di vent’anni. Ancora una volta la differenza è nel canto, da Grammy Awards, infatti vinto nel 2001 come migliore performance femminile pop vocale, ma anche l’incipit e il ritornello non sono da sottovalutare. Le liriche risultano altrettanto efficaci, parole da innamorata nei confronti dell’amato. Sono invece sensuali e ammiccanti quelle di Sex-O-Matic Venus Freak, dove la Gray cambia direzione, intenta a dichiarare il desiderio di flirtare e poi spassarsela durante una relazione senza inibizioni.

I Can’t Wait To Meetchu è un rockettone tosto alimentato da poderosi fiati, pieno di chitarre sgargianti che la fanno da padrone e raggiungono l’apice della potenza nel lungo outro.

Non ci sono parole per descrivere l’emozione che si prova ascoltando Still.  Si respira un’atmosfera romantica, la musica è pervasa da un arrangiamento orchestrale suadente…la slow ballad cattura subito piacevolmente, il piano di Jeremy Ruzumna e l’accompagnamento creato dal chamberlin del grande Patrick Warren (Fiona Apple, Eagle-Eye Cherry, Stevie Nicks) ci hanno velocemente in pugno. Quando la Gray letteralmente ruggisce con quella sublime voce cartavetro “We are Going Down” non c’è ma che tenga, si tocca il cielo con un dito, l’emozione che crea è palpabile.

Tuttavia non vi è tempo per dormire sugli allori perché arriva la doccia fredda di I’ve Committed Murder.

Il titolo non ha bisogno di spiegazioni, la Gray racconta di essersi vendicata “a suo modo” per la cattiveria della capa del suo uomo. La storia si dipana perfettamente, ben arricchita musicalmente grazie alla presenza di turntables, vibes fino a un pregevole solo di sax. L’interpolazione finale del “Theme from Love Story” dona un’ulteriore ironia macabra a chiusura della traccia.

A Moment To Myself contiene excerpts da Wild Style dei Time Zone ed è una pacata riflessione sull’aver finalmente sconfitto i propri demoni. Scorre via piacevolmente. E si raggiunge già il momento dell’ultima canzone presente in scaletta.

Tira un’aria bluesy allegrotta in The Letter, in cui brilla Rami Jaffee dei Wallflowers come ospite, ma non bisogna farsi incantare dalla melodia. Il testo è struggente e, posto alla fine della raccolta, non fa capire precisamente cosa intendesse Macy nel periodo in cui la compose. Pare le sia accaduto di idearla in un momento di scoramento: l’autrice praticamente scrive, come si evince dal titolo, una lettera che può sembrare un arrivederci, ma pure un addio.

E’ l’ultimo colpo di scena di un esordio sorprendente, da veterana, che portò la critica a paragonarla a Nina Simone e Billie Holiday.

Il prosieguo di carriera è costellato da parecchie collaborazioni interessanti, vedi Santana per Amorè (Sexo) e Zucchero feat. Jeff Beck per Like The Sun (From Out Of Nowhere), ma soprattutto lascerà a bocca aperta la sua interpretazione di Girls & Boys, capolavoro scritto da Prince che Marcus Miller riprenderà in Silver Rain.

In realtà proseguirà invece con più ombre che luci l’attività discografica, mentre non mancherà di esibirsi dal vivo e apparirà pure in alcuni film come attrice, senza tralasciare alcune ficcanti incursioni televisive. Nulla sarà più, però, come la ventata di freschezza e originalità di On How Life Is, opera con cui si è guadagnata l’eternità.


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