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THE BOOKSTORECARTA CANTA
Per milanesi non troppo giovani o “non troppo regolari”
Umberto Simonetta
LIBRI E ALTRE STORIE
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09/11/2017
Umberto Simonetta
Per milanesi non troppo giovani o “non troppo regolari”
Chi non ama Milano solitamente snocciola aneddoti frusti (la nebbia: eppure ora se ne trova di più sulla Salerno-Reggio Calabria), chi ama Milano si arrabbia e anche “s’incazza” (visto che scrivo di Simonetta) quando osserva come è ridotta Milano.
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

Umberto Simonetta: un autore che apprezzo molto e che è poco conosciuto. A differenza di altri non ha avuto una vita particolarmente interessante e quindi anche la sua biografia risulta piuttosto scarna. Persona schiva, sin dai suoi libri si capisce che non era uno destinato alle folle di lettori, men che meno attualmente.

È fra quelli per i quali, spesso, si trova sbagliata la data di morte, perché si indica quella del “coccodrillo” pubblicata da un quotidiano. Posso correggere quella, ma non la data di nascita; per ora scrivo: nato nel 1926 e morto il 24 agosto 1998.

Quelli bravi prendono dei pezzettini da ciò che si trova (o meglio, che trovano) in giro – poco – e ci imbastiscono su dei periodi, per cui sembra che ci siano pacchi di articoli o riviste.

Non è vero.

Anche il gusto può risentirne.

Per esempio: che Simonetta non si sentisse uno scrittore “milanese” ha senso; non lo avrebbe affermare che non fosse un grande osservatore, narratore e critico di Milano.

Chi non ama Milano solitamente snocciola aneddoti frusti (la nebbia: eppure ora se ne trova di più sulla Salerno-Reggio Calabria), chi ama Milano si arrabbia e anche “s’incazza” (visto che scrivo di Simonetta) quando osserva come è ridotta Milano.

Questa affermazione mi pare significativa: domanda: “Milano, ‘made in Italy’”; risposta: “No, Milano ‘made in Europe’. Ho sempre affermato che Milano è una delle poche città italiane con dimensione europea. Per forza: vorrei vedere quali sono le altre! Solo che non bisogna esagerare…”[1].

O se si vuole una versione più forte: “la milanesità è, a volte, peggio della negritudine”[2].

Il suo romanzo più famoso è Tirar mattina (per i più curiosi: in Francese fu tradotto con il titolo Voir le jour; mi pare perfetto) che, cronologia o no – si vorrebbe che questo fosse il primo di una trilogia[3] - fu pubblicato per secondo nel 1963 da Einaudi.

(Se fosse stato pubblicato per primo, la carriera dell’autore sarebbe cambiata?)

Per dare l’idea di chi lo leggeva: io ne ho sentito parlare una sera da mio padre e da un amico di famiglia. Due che per un verso o l’altro avevano frequentato la Milano notturna in contemporanea con “l’Aladino”, protagonista creato da Simonetta. Sono andato a casa dei miei, e, a colpo quasi sicuro, ho trovato il libro nella “libreria di famiglia” e mi piacque molto. Dopodiché è cominciata la mia, ben nota, febbre completista.

L’opera meritoria di Oreste Del Buono fece sì che per qualche tempo fosse a disposizione dei lettori, senza troppa fatica, buona parte della produzione letteraria migliore (tutta la migliore?) dell’autore, compresi i racconti raccolti in una sola sede[4]. Non solo: il primo volume della Baldini e Castoldi si apre con il testo di quella “Ballata del Cerutti” che viene erroneamente attribuita dai distratti a Giorgio Gaber: il testo è di Simonetta.

Il parlato di Milano di quegli anni è riversato sulla pagina in modo esemplare e – come dovrebbe essere noto – molti comici “arrivati da Milano” negli anni Ottanta del secolo scorso si rifanno al mondo di Simonetta[5].

I libri degli anni Settanta hanno un taglio di “futuro andato a male”, con qualche retrogusto di certo Dino Buzzati – tanto che Ugo Tognazzi, fra le poche regie cinematografiche a suo nome, ne annovera una tratta da Buzzati (Il fischio al naso, dal racconto “Sette piani) e una da Simonetta (I viaggiatori della sera, dal romanzo con lo stesso titolo), entrambe storie su toni di un futuro che sbriciola la persona.

Poi Simonetta si sbilancia verso il teatro. Notevole il titolo della commedia Sta per venire la rivoluzione e non ho niente da mettermi, firmata con Livia Cerini, che evidenzia un’insofferenza verso quel mondo “sciuretto di sinistra” che ha occupato tutto e che, alla fine degli scorsi anni Settanta, ha indotto taluni ad abbandonare ogni schieramento politico preconcetto[6].

Per completezza rammento come Simonetta sia diventato critico sulle colonne de Il Giornale; altra scelta che avrà dato fastidio a diversi dei suoi amici di gioventù, perennemente a sinistra.

Tutto quello che, negli anni, ho trovato scritto da lui, io l’ho letto, ma onestà vuole che vi consigli di fermarvi entro il “ristampato” degli anni Novanta: sono sempre sei romanzi e quei racconti, diventati 30 dai 10 pubblicati in volume nel 1967.

Ristampato ma scarsamente disponibile sugli scaffali, in quanto tutto fuori catalogo: quindi occorre cercare fra l’usato, in un’edizione o nell’altra vedrete che almeno Tirar mattina salterà fuori.

[1] Da un’intervista del 1984 di Silvia Palombi pubblicata nell’agenda Smemoranda.

[2] Che fra l’altro fa pensare a “Just because I’m white/You gonna treat me like a nigger” (Johnny Thunders: “Just Because I’m White”). Le affermazioni paiono opposte, ma non lo sono: il milanese diventa il nuovo negro, ghettizzato (idem per il bianco di Thunders).

[3] Il fatto che i romanzi Tirar mattina, Lo sbarbato (pubblicato nel 1961) e Il giovane normale (del 1967) siano stati poi – nel 1994 – riuniti in un solo volume secondo l’ordine “pensato” dall’autore da solo non li rende trilogia. L’elemento comune ai tre è quello di riferirsi, appunto, a dei giovani. Almeno nel senso della vita che conducono.

[4] Ecco i titoli: Le ballate dei Cerutti, Milano, 1994; Come dicevo domani, Milano, 1996; Storie non tanto regolari, Milano, 1997. Tutti editi da Baldini e Castoldi.

[5] Fra i pochi che riconoscono le grandi doti di Simonetta c’è Mauro “maurino” Di Francesco.

[6] Se suona familiare, avete già letto le mie “Note sul punk”.