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REVIEWSLE RECENSIONI
09/05/2023
Colombre
Realismo magico in Adriatico
Colombre, con il suo "Realismo magico in Adriatico" brilla per il lavoro di scrittura realizzato su un Indie Pop classicissimo e delicato, che unisce tutta la suggestione buzzattiana del suo monicker con un’istantanea della Macondo di Garcia Marquez, calando poi il tutto all’interno della sua terra d’origine, le Marche.

Realismo magico in Adriatico è un titolo perfetto per un artista come Colombre, dato che arriva ad unire la suggestione tutta buzzattiana del suo monicker con un’istantanea della Macondo di Garcia Marquez, calando poi il tutto all’interno della sua terra d’origine.

Per l’artista marchigiano si tratta anche del fatidico terzo disco, prova ancor più delicata se si pensa che Pulviscolo era uscito forse nel peggior momento possibile, tra Covid e tutto il resto, e non aveva potuto essere valorizzato da un vero e proprio tour (serbo comunque un ricordo piacevolissimo delle date che ho visto, sia in full band che in acustico, con l’accompagnamento inusuale di un trio d’archi).

La scelta è stata la più naturale possibile: riprendere lì dove il discorso era stato interrotto, da un Indie Pop classicissimo e delicato, cercando di portare tutto ad un livello superiore, per potenza espressiva e qualità delle melodie.

 

Scommessa quasi del tutto riuscita, a mio parere: pur non essendoci brani con le stesse potenzialità di “Crudele”, Realismo magico in Adriatico brilla comunque per il lavoro di scrittura, derivativa quanto si vuole ma sempre sopra la media, costantemente in bilico tra cantautorato e dimensione Pop, pochissime concessioni all’Urban che è ormai da tempo trend stabile in Italia (“Durerebbe un’ora”, che ha uno spettro sonoro più pieno e nel complesso più ritmata delle altre) e grande attenzione ai ritornelli, che alla fine risulteranno tutti quanti indovinati.

Ci sono due featuring, diversi per intenzione ma che nel disegno complessivo del disco risultano molto più amalgamati del previsto: “Più di prima” vede Franco 126 al servizio del brano ma allo stesso tempo fedele al suo stile interpretativo, un pezzo che in generale rende questi due artisti molto più vicini di quello che si potrebbe considerare in astratto (peraltro è anche interessante notare come si muoverà da adesso in avanti il musicista romano, ora che pare definitivamente terminata la sua fase di esposizione mediatica). Diverso discorso invece per “Io e te certamente”, che vede Giovanni duettare con Maria Antonietta, collega ma soprattutto compagna di vita, con la quale aveva già collaborato in passato (due dei suoi dischi, Sassi e Deluderti, vedono il suo contributo in sede di produzione e arrangiamento): il brano è una sorta di scanzonato divertissement sul lato giocosamente artefatto dell’amore, le due voci in grande sintonia, alle prese con melodie di cristallina perfezione, performance a più livelli, con un testo che rilegge l’amore in termini di rappresentazione senza peraltro farsi mancare la giusta dose di romanticismo.

Più languida, in questo senso, “Qualche specie d’amore”, che assieme a “Maledizione” incarna probabilmente il livello più maturo della scrittura di Giovanni Imparato, diviso tra la dimensione della ballata e quella del Pop più raffinato e sbarazzino.

 

Un grande ritorno e allo stesso tempo un upgrade di stampo perentorio: il progetto Colombre è più solido che mai e se delle incognite potranno esserci, saranno semmai relative alla risposta del pubblico. Come purtroppo dimostrato da un altro grande artista di Bomba Dischi come Giorgio Poi, la qualità della proposta nel nostro paese non è certo garanzia di approdo alla dimensione mainstream.