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REVIEWSLE RECENSIONI
26/12/2017
Eminem
Revival
Oggi, Eminem è una macchina da guerra commerciale e in questi termini ragiona. Nel bene e nel male, più nel male oserei dire, la formula proposta dal rapper di Detroit è sempre la stessa

Inutile girarci intorno: i tempi gloriosi, quelli della rabbia vera, quelli di Slim Shady, quelli di The Marshall Mathers LP e di The Eminem Show sono finiti da un pezzo. Oggi, Eminem è una macchina da guerra commerciale e in questi termini ragiona.

Nel bene e nel male, più nel male oserei dire, la formula proposta dal rapper di Detroit è sempre la stessa: nessuna attenzione all’evoluzione del genere, brani dall’appeal radiofonico scontato, campionamenti a gogo e ospitate di lusso che, se da un lato attirano nuovi fans, soprattutto nel pubblico giovane, dall’altro non aggiungono nulla a una narrazione scontata e ripetitiva. Non sfugge a questo assunto anche il nuovo Revival, nono album in studio, che esce ben quattro anni dopo il discreto The Marshall Mathers LP 2: squadra che vince non si cambia, anche a dispetto della qualità del prodotto.

Che Eminem sia ancora uno dei migliori rapper in circolazione è cosa di cui non si può dubitare e basterebbe ascoltare la stupefacente Offended per rendersi conto di essere di fronte a un autentico fuoriclasse: velocità supersonica, scansione metrica e dizione perfette. A parte questa inevitabile e quasi scontata considerazione, il disco però presenta gravi lacune, a partire da una produzione confusa e in certi casi addirittura pacchiana (le colpe sono da ripartire equamente fra Eminem, Rick Rubin, Alex Da Kid e Dr. Dree), e da una scaletta di canzoni non certo memorabile.

Le numerose ospitate non riescono a elevare il prevalente livello di mediocrità del disco e anzi, in alcuni casi, vedasi il duetto con Ed Sheeran in River, producono episodi di una sciatteria e bruttezza sconfortanti. Non brillano per originalità nemmeno i sample utilizzati (Zombie dei Cramberries in Heat e I Love Rock ‘n’ Roll di Joan Jett in Remind Me), ma almeno i brani campionati sono belli quanto basta per rendere accettabile il livello delle canzoni in cui vengono inseriti.

Qualcosa si salva, perché Eminem non è certo l’ultimo degli scappati di casa: la citata Offended è una vera bomba, la conclusiva Arose, pur nel suo sviluppo prevedibile è attraversata da un mood malinconico che non lascia differenti, mentre l’iniziale Walk On Water, in duetto con Beyoncè, possiede una scintillante veste pop e un ottimo interplay fra le parti vocali (il rap di Eminem, in questo caso, è da applausi). Troppo poco, però, per un disco che dura ben settantasette minuti e che, oltre alle vibranti posizioni politiche anti Trump, ha ben poco di nuovo da offrire agli ascoltatori.