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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
21/09/2022
Live Report
Sohn, 19/09/2022, Biko, Milano
Christopher Michael Taylor, alias Sohn, è al Biko a presentare l'ultimo album, "Trust". Siamo andati a vedere che è successo.

Il Biko è piccolo ed è funzionale a creare un’atmosfera di grande intimità tra artista e pubblico, complice il palco basso e l’assenza di transenne, che di fatto porta chi è in prima fila ad essere a pochi centimetri da chi sta suonando.

Lui non può fare a meno di notarlo e dopo un po’, colpito dal notevole calore del pubblico, esclama: “Sembra proprio di essere nella cucina di casa mia!” anche se poi aggiunge divertito: “Se fossi a casa però arriverebbero i miei figli e non riuscirei a concentrarmi. Ma d’altronde questa è la mia vita ora”. A guardarlo bene, quattro anni dopo la sua ultima apparizione italiana (sempre a Milano ma al Base, a questo giro invece ha suonato anche a Bologna) Christopher Michael Taylor appare decisamente in pace con se stesso. Sono stati anni difficili e la pandemia è solo uno dei fattori che lo ha portato a sparire dai radar per un po’, a fuggire dal caos di Los Angeles e Londra per rifugiarsi in una casa nei boschi della Catalogna, non troppo distante da Barcellona. Lì ha coltivato tutte le dimensioni del suo io, padre di famiglia e artista forse per la prima volta non più in contrasto tra loro, una scrittura finalmente serena dopo il cupo nervosismo che circondava il precedente Rennen.

Trust, di cui ho appena parlato in sede di recensione, ha un approccio più scarno e sembra a tratti il frutto di un rinnegamento delle proprie radici, col New Soul degli esordi sostituto spesso da un Alt Folk con discrete dosi di elettronica.

 

Sul palco però è tutto diverso. Sohn avrà anche potuto dichiarare di non amare più la sua vecchia musica, di non riconoscersi più in un lavoro come Tremors, ma all’atto pratico canta quei brani ancora con evidente passione e la scaletta è un giusto equilibrio tra passato e presente.

Il Biko, venue che ha sostituito all’ultimo momento i Magazzini Generali, gode di un’ottima resa sonora ma purtroppo le sue dimensioni ridotte e il palco microscopico fanno sì che sia particolarmente difficile fruire il tutto comodamente. Il risultato è che, anche se non siamo in tantissimi, siamo ammassati e zeppi di sudore. Bellissima atmosfera, nonostante gli inconvenienti, che rende il tutto ancora più intenso.

 

La formazione è a quattro (in un paio di brani uno dei fonici dà una mano al basso, così che diventano cinque), con Albin Janoska alle tastiere e alla programmazione elettronica, Royce Wood Junior alla chitarra e Florian Tiefenbacher alla batteria, con Christopher che canta quasi tutti i brani alle tastiere.

Un assetto ideale per valorizzare l’intero repertorio dell’artista britannico, con i brani del disco nuovo che vengono proposti quasi tutti e che non solo confermano il proprio valore ma mettono in mostra anche una inaspettata continuità con il vecchio repertorio. La voce di Sohn è come sempre intensa ed espressiva, pulito ed impeccabile anche sui falsetti, mentre il supporto dei compagni garantisce un’ottima resa alle canzoni, in perfetto equilibrio tra la componente elettronica e quella acustica ed orchestrale.

Tra gli episodi nuovi colpisce soprattutto il delicato quadro nostalgico di “Figureskating, Neusiedlersee” e la preghiera minimale di “Riverbank”, a mio parere miglior pezzo di Trust e fotografia accurata del qui e ora del suo autore. Molto belli anche quei brani, come “M.I.A.” e “Basis”, o anche l’iniziale “Antigravity”, dove gli arrangiamenti sono più pieni e dove la continuità con il passato è maggiore. Ma anche l’esecuzione quasi in solitaria di “Caravel”, col silenzio che l’ha accompagnata, è prova evidente delle sue grandi qualità di performer.

 

I primi due album, come dicevamo, si prendono una fetta consistente della setlist, a dimostrazione del fatto che, nonostante la persona che li ha scritti non esista più, hanno ancora un qualche posto speciale nel suo cuore. Splendide come sempre “The Wheel”, “Bloodflows” e “Nil”, mentre cose come “Basis”, “Tremors” e “Lights” (stranamente manca “Hard Liquor”) godono di un interessante trattamento strumentale, con chitarra e tastiera che si dilungano dilatando i finali.

L’ultimo atto, come di consueto, vede una preponderanza dell’elemento elettronico, coi ritmi che si alzano, la cassa dritta a dettare il ritmo ed un’atmosfera prettamente Dance a dominare in sala. I classici “Lessons”, “Conrad” e “Artifice” da questo punto di vista sono autentiche killer track ed è inevitabile che il pubblico si scateni.

A chiudere il tutto arriva una “Rennen” decisamente depurata di ogni traccia di cupezza che la pervadeva alle origini, col botta e risposta tra Christopher e i fan sul ritornello a fungere da necessario momento liberatorio.

 

Tutti soddisfatti dunque e gran bel ritorno per Sohn, decisamente ben avviato verso una nuova fase della sua carriera.

 

Photo credits: Fabio Campetti