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REVIEWSLE RECENSIONI
Something You Should Know
Andrea Pellicone Van Gogh Project
2020  (New Model Label)
PROGRESSIVE ROCK ITALIANA
6/10
all REVIEWS
10/12/2020
Andrea Pellicone Van Gogh Project
Something You Should Know
Un concept album di progressive rock in cui l'autore abbandona i “viaggi spaziali” per raccontare un fatto di cronaca che ha colpito il nostro paese.

Andrea Pellicone, polistrumentista genovese di cui avevo precedentemente parlato in seguito alla release del suo debut “Crixstrix suite”, torna con “Something you should know”, secondo concept album per il suo Van Gogh Project: un ibrido di otto brani in inglese, comprensivo di due “Italian version”, focalizzato sul crollo del Ponte Morandi avvenuto nel 2018.

Tutto ruota attorno agli scenari, ai suoni e ai rumori di quell'apocalisse che ha toccato il cuore della sua città, presenti e verosimilmente tangibili nell'opening track “My Sea is screaming” o in “Dirty Money”.

Un disco solidale e colmo di sensibilità, un tributo alle vittime di quell'immane tragedia che sembra frutto di uno “scherzo” di mezza estate così come ammicca il titolo del brano “A Summer Joke”.

Non è un tema facile, per via del coinvolgimento e perché spesso operazioni di questo genere sembrano costruite solo per motivi di marketing ma non sembra questo il caso.

Un esempio viene dalle liriche in italiano, in particolare quelle di “Ballando sulle nuvole” (versione di “Dancing on the clouds”), più convincenti, perché danno un senso di qualcosa di vicino e realmente successo, ed è toccante il momento in cui si inserisce un campionamento dei funerali dove viene letta la lista dei nomi delle vittime.

Episodio “outsider” è la poetica leopardiana de “L'Infinito” con “prefazione” dell'inno di Mameli musicata in chiave rock, che riporta alla mente l'esecuzione di Jimi Hendrix a Woodstock dell'inno americano.

In questo disco sono i riferimenti all'accaduto a farla da padrone mentre le melodie,  nonostante a tratti possano risultare graffianti e prog oriented, non riescono però ad essere parimenti incisive e, se posso permettermi un consiglio, avrei utilizzato la nostra lingua madre su tutto il concept.

La presenza di una versione in due lingue sembra un po' forzata, e forse il cantato in inglese non è la cosa che riesce meglio al polistrumentista genovese.

 


TAGS: AlviseCasoni | AndreaPellicone | loudd | recensione | VanGoghProject