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REVIEWSLE RECENSIONI
Spira
DANIELA PES
2023  (Tanca Records )
EXPERIMENTAL/AVANT-GARDE ELETTRONICA ITALIANA
7,5/10
all REVIEWS
03/05/2023
DANIELA PES
Spira
Synth, Beat dall’umore notturno, un’elettronica avvolgente e a tratti soffusa, suggestive code orchestrali, uno splendido lavoro di percussioni e una timbrica notevole costituiscono il convincente esordio di Daniela Pes. "Spira" rappresenta un ottimo biglietto da visita per il talento di un’artista che, ce lo auguriamo, farà molto parlare di sé in futuro.

Se il progetto Tanca Records avrà successo lo scopriremo solo tra qualche anno. Nel frattempo possiamo dire che la nuova etichetta fondata da Jacopo Incani, in arte Iosonouncane, sta avendo il grande merito di incanalare e meglio contestualizzare quelle proposte che in assenza di altre definizioni avremmo considerato semplicemente “sperimentali”. Un termine che, diciamocelo, non vuol dire nulla ma che serve se non altro ad individuare ciò che accomuna gli artisti che normalmente vengono rubricati in questo modo: la creazione artistica slegata dalle forme, la ricerca della bellezza a prescindere dai generi musicali e, soprattutto, dai calcoli relativi alle attese e ai gusti del pubblico.

Non è l’unica, ovviamente, ma il fatto che provenga da un musicista che è riuscito a raggiungere una certa esposizione mediatica proponendo dischi poco molto poco incasellabili e di non facile ascolto, è di buon auspicio perché in un prossimo futuro il panorama musicale della penisola possa divenire sempre più variegato.

 

Spira di Daniela Pes costituisce la seconda uscita di Tanca Records, che ha inaugurato la propria attività pubblicando l’esordio di Vieri Cervelli Montel lo scorso settembre. Già da qui è ben chiara la visione artistica che Jacopo intende portare avanti: i due autori sono infatti entrambi sardi (anche se Vieri solo per parte di madre) e tale identità è stata profondamente interiorizzata nella loro musica, tanto che, se si considera anche la produzione targata Iosonouncane, parlare dell’esistenza di una vera e propria “scena” non sembrerebbe poi così azzardato (aggiungiamoci anche Bluem, che incide per altri tipi ma che porta avanti un cammino artistico molto simile).

Daniela viene dalla Gallura, è nata nel 1992 e si è laureata in canto Jazz al Conservatorio di Sassari, frequentando poi con borsa di studio i seminari estivi di Nuoro Jazz diretti da Paolo Fresu. Successivamente, nel suo curriculum vanno a finire due premi: nel 2017 quello dedicato ad Andrea Parodi, l’anno successivo il Nuovoimaie’.

 

Spira è il suo disco d’esordio e, come spesso accade in questi casi, va visto come la conclusione di un percorso, tre anni di lavoro con la chitarra e con Ableton, assistita dallo stesso Jacopo Incani, che non a caso entra anche nei credits: oltre agli arrangiamenti di alcune tracce ha scritto con lei “Arca” e “Ora”.

Paradossalmente è anche l’unico difetto di questo lavoro: Jacopo è bravissimo, non c’è bisogno di scriverlo ed il gran lavoro che ha fatto con Vieri Cervelli Montel ne è un’ulteriore dimostrazione. Eppure, a questo giro la sua mano si sente un po’ troppo, certe soluzioni di arrangiamento e certi nuclei melodici risultano fin troppo evocativi dei temi di Ira (si veda ad esempio “Carme”, un brano oltretutto su cui il suo nome non compare direttamente), una sensazione di déjà vu che smorza un po’ l’effetto sorpresa dell’insieme.

 

Siamo tutto sommato dalle parti di un disco che potrebbe essere definito “di ricerca”, che del background Jazz di Daniela recupera semmai l’approccio libero dalla forma canzone ed un generale scorrere delle note in un flusso che appare ubbidire più alle regole della suggestione che a quelle della pianificazione razionale.

Un approccio ben evidente a livello vocale, con Daniela che sceglie di cantare in una lingua sconosciuta (anche se qualche parola di italiano a tratti affiora) privilegiando il suono sul senso, una dimensione meta testuale che ha lo stesso la pretesa di arrivare a cogliere l’essenza delle cose, di avvicinarsi allo scopo dell’esistenza. Anche in questo il legame con Iosonouncane appare evidente, visto che a partire da Die, e soprattutto con Ira, c’è stato un progressivo allontanamento dal testo classico con l’abbandono dell’italiano ed il privilegiare l’aspetto fonetico.

 

È un lavoro apparentemente monolitico, con le varie tracce in forte continuità, quasi a costituire un’unica lunga suite; ad andare a fondo però emergono tanti piccoli particolari che lo rendono più vario e sfaccettato di quel che sembrerebbe. Ci sono bordoni di Synth, Beat dall’umore notturno, un’elettronica avvolgente e a tratti soffusa, suggestive code orchestrali, uno splendido lavoro di percussioni (Mariagiulia Degli Amori, che assieme a Luca Vargiu, chitarre elettriche su “Arca”, è una dei due ospiti presenti) che ne evidenzia le influenze tribali, una vocalità che si muove tra affascinanti recitativi, salmodie, parti sussurrati e altre più piene, mettendo in mostra una timbrica notevole ed un’espressività a largo raggio che valorizza ancora di più i brani.

Menzione finale per l’ultima traccia “A te sola”, dieci minuti di durata che in parte fungono da compendio a quanto appena ascoltato, in parte aggiungono una quota maggiore di sperimentazione, privilegiando rumori, atmosfere Ambient e recitativi monocorde, senza però dimenticare squarci improvvisi di melodie sostenute dai sintetizzatori.

Esordio convincente anche se a tratti eccessivamente derivativo, Spira rappresenta un ottimo biglietto da visita per il talento di un’artista che, ce lo auguriamo, farà molto parlare di sé in futuro.