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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
24/04/2023
OMD
The Best of OMD
In poco meno di vent’anni, dall’esordio come gruppo in un concerto a Liverpool nell’autunno del ’78 al primo scioglimento del ’96, gli Orchestral Manoeuvres in the Dark si sono costruiti una forte reputazione nel mondo electro-pop con una serie di singoli irresistibili, contenuti in dischi interessanti per le continue svolte estetico musicali. Ripercorriamo ora in particolare la prima decade della carriera, quella più influente dal punto di vista artistico e commerciale con questo Best of, definito miglior compilation album della storia dalle note riviste The Quietus e Classic Pop.

Dall’oscurità post-punk alla celebrità globale. Liverpool e in generale il Merseyside sono sempre stati luogo fertile di musicisti e di innovazione, sperimentazione, e a fine anni Settanta gli OMD risultano fra i più fecondi nella ricerca di un suono che sappia coniugare l’istantaneità e orecchiabilità del pop a un tipo di elettronica raffinata. I Kraftwerk e i Neu! rappresentano una forte influenza su cui plasmare le proprie idee: questo è quello che pensano e ciò che vogliono i membri fondatori Andy McCluskey e Paul Humphreys, due ragazzi sovente in contatto tra di loro e ora desiderosi di abbandonare definitivamente le band degli esordi per formarne una tutta propria.

“Manovre orchestrali nel buio era il nome più assurdo e autoindulgente potessimo inventarci, pensavamo di fare musica oscura e sperimentale, associando al krautrock e alla new wave dei gruppi preferiti il merseybeat o il tocco glam pop dei seventies”, racconta Andy, ricordando le origini. Certamente l’intuizione geniale è quella di affinare tutte queste ispirazioni per produrre canzoni che in tre minuti e mezzo esprimessero modernità e avanguardia in un contesto popolare.

 

Dopo il debutto autunnale nel 1978 all’Eric’s, storico club di Liverpool, gli OMD attirano l’attenzione di Tony Wilson della Factory Records, visionario giornalista, conduttore radiofonico e televisivo, lungimirante produttore discografico della scena di Manchester, il quale profetizza un sicuro successo per l’allora duo, definendolo una sorta di Beatles con i sintetizzatori. "Electricity", primo singolo pubblicato a giugno 1979 incarna perfettamente tale descrizione, sorta di rivelazione delle attitudini e percorso illuminante per i membri stessi, ora pienamente consapevoli dell’indirizzo da seguire. É contenuto nell’omonimo album di debutto dell’anno successivo (nel frattempo viene firmato un contratto per la label indipendente, pur se sotto l’“egida” Virgin, Dindisc) e non può che essere riconosciuto come uno dei brani più influenti della sua epoca, parte integrante dell’ascesa del movimento synth-pop del Regno Unito. Rielaborato dalla prima composizione scritta a quattro mani a metà Settanta, quando McCluskey e Humphreys allora sedicenni militavano negli Id, gruppo da loro capeggiato poi scioltosi, presenta un break melodico di sintetizzatore in contrapposizione a un ritornello cantato insieme all’unisono. Chiaramente ispirato a "Radioactivity" dei Kraftwerk, "Electricity" affronta il tema quanto mai attuale dello spreco di risorse energetiche da parte della società e diventa a sua volta forte influenza nella scoppiettante scena new wave che si sta sviluppando in Inghilterra: non solo i Depeche Mode, gli Human League, gli Alphaville e gli Erasure fanno tesoro di quel suono sofisticato, ma anche gruppi più orientati al rock come i Teardrop Explodes, i Simple Minds e i Duran Duran sono scossi dall’“Elettricità” di quest’incredibile hit.

"Messages" tratta con romanticismo la fine di un rapporto e mantiene intatte le peculiarità di "Electricity" senza più, però, l’effetto sorpresa, mentre il pezzo che cambia definitivamente la storia degli Orchestral Manoeuvres in the Dark è "Enola Gay", tratto dal sophomore Organisation (1980), che vede l’entrata ufficiale in organico del batterista Malcolm Holmes, con il resto degli strumenti, dal basso al piano e ai vari sintetizzatori e programming sempre saldamente in mano all’accoppiata McCluskey/Humphreys. Popolarità duratura per un brano geniale, costruito sul ritmo uptempo di una drum machine e l’uncinante melodia, che si ripete per tutta la canzone, ricavata suonando un Korg Micro-Preset, una novità dell’elettronica di quel periodo.

 

Enola Gay, saresti dovuta rimanere a casa ieri,
Oh, le parole non possono dire quel che si prova e le vostre bugie.
Quei giochi che fate finiranno tutti in lacrime un giorno o l'altro,
Oh, Enola Gay, non sarebbe dovuta finire in questo modo.
Sono le 8.15, ed è l'ora che è sempre rimasta…

 

"Enola Gay" è il nome dell'aereo militare USA che sganciò la prima bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima, il 6 agosto 1945 alle ore 8,15 del mattino; già nei primi versi del motivo si denota una posizione contro la guerra, anche se in realtà McCluskey, in questo caso autore unico della canzone, in seguito dichiara di non essere stato politicamente motivato a scriverla, ma di aver voluto aprire una riflessione profonda su quanto fosse stato giusto o sbagliato quell’atto, mettendosi anche nei panni del pilota Paul Tibbets, che in onore di sua madre Enola Gay Tibbets nomina in quel modo il bombardiere B-29 Superfortress. Si chiarisce così anche la parte del testo che si concentra su di lui, “Abbiamo ricevuto il tuo messaggio alla radio, condizioni normali e tu stai tornando a casa. Enola Gay, la mamma è orgogliosa del suo giovanotto oggi, oh, quel bacio che hai dato non sbiadirà mai.”

 

La macchina del successo e la corsa verso la celebrità internazionale ora proseguono il viaggio senza sosta: anche in Italia gli acquirenti di dischi si accorgono dei ragazzi di Willar e li fanno volare in testa alle classifiche dei singoli. Il passo successivo si chiama Architecture & Morality (1981) con ben tre hit imprescindibili e l’entrata nell’ensemble del sassofonista Martin Cooper. "Joan of Arc", capace di far innamorare del gruppo un giovane Tim Burgess dei futuri Charlatans, e il suo sequel "Maid of Orleans" piacciono per come riescono a mantenere intatti gli stilemi della formazione trattando romanticamente le vicende della pulzella d'Orléans, tuttavia il pezzo da novanta è "Souvenir", gettonatissima dai juke-box. Il brano per certi versi ricalca la struttura di "Electricity" ed "Enola Gay", però si direziona maggiormente su atmosfere musicali da film francese, con liriche introspettive. “I miei sentimenti rimangono tali tuttora”, ripete nel ritornello il narratore, mentre esprime la lotta interiore tra le proprie ambizioni e i propri sogni, sottolineando gli ostacoli che si palesano nel tentativo di impedirli. "Souvenir" serve a ricordare di tenere sempre fede alle proprie convinzioni ed è una canzone molto spirituale per il disco del gruppo maggiormente attratto dalla musica religiosa.

Come capita di sovente quando si raggiunge un picco, le possibilità di discesa sono notevoli, però nessuno si aspettava il cosiddetto “crampo dello scrittore” e la conseguente scarsa ispirazione di Dazzle Ships (1983), insipido lavoro senza niente di particolare da rimembrare, ma gli “orchestrali” si riprendono subito l’anno dopo con Junk Culture. In verità McCluskey e Humphreys hanno sempre rigettato l’idea di essere divenuti pop star anche a dispetto dei cospicui numeri di vendita; il fatto di non avere un’immagine che li distinguesse particolarmente nella contradditoria era degli eighties dimostra nuovamente l’atipicità del complesso, che comunque riprende il suo cammino con pezzi da novanta come la suadente "Talking Loud and Clear", in cui compaiono “punteggiature sorprendenti” di sax da parte di Cooper, l’enigmatica "Tesla Girls" dedicata a Nikola Tesla e l’effervescente "Locomotion".

 

Il 1985 è un anno importante per gli OMD: a giugno esce Crush, anticipato da quel piccolo capolavoro di "So in Love", triste resoconto di un uomo dal cuore spezzato, ma ancora innamorato, costruito su una melodia solare. La canzone diventa una instant hit suonata all’infinito da radio e discoteche in quell’estate, e testimonia il primo tentativo di far breccia anche negli States, grazie alla scafata produzione del mitico maghetto a stelle e strisce Stephen Hague e ad alcuni cambiamenti importanti per rimanere a galla in un mondo che muta velocemente. Innanzitutto emerge un sound più pulito, contraddistinto da un’impronta live grazie a strumenti “veri”, utilizzati da Cooper, Holmes e alcuni session men, che si fonde con le solite programmazioni Fairlight generate da McCluskey e Humphreys. Il corroborante ambiente dei nuovi Amazon Studios a Liverpool contribuisce inoltre a elevare il livello di scrittura ed esecuzione, regalando ai musicisti coinvolti un’atmosfera rilassata, certificata pure da "Secret", altro successo con massiccio airplay radiofonico.

 

Il periodo d’oro del gruppo sta comunque per terminare, nonostante tutti gli accorgimenti escogitati per rinnovarsi e la ballata pop "If You Leave", estratta dalla colonna sonora dell’iconico film Pretty in Pink del 1986, raffigura il canto del cigno dal punto di vista artistico e qualitativo. Il brano ottiene un vasto riscontro proprio in America, ultimo Paese ad accorgersi del talento di questi ragazzi, che in quello stesso anno pubblicano The Pacific Age, sempre sotto la direzione di Hague. "(Forever) Live and Die" è l’unico momento alto dell’LP, insipido e pretenzioso. La raccolta The Best of OMD (1988) include tutti i pezzi trattati in questa retrospettiva, con in aggiunta il gradevole inedito "Dreaming", e funge da vero spartiacque tra lo straordinario decennio creativo, innovativo della band e la fase calante, coincidente con l’uscita del membro fondatore Humphreys e la scelta di considerare un approccio sonoro e compositivo più mainstream, strizzando l’occhio alle mode del momento, ma senza precederle e orientandosi in anonimi territori dance e easy listening. Universal (1996) è l’ultimo atto prima dello scioglimento, fino alla ricomposizione del sodalizio in tutti i suoi elementi avvenuta nel 2010 con History of Modern. Seguono un paio di altre prove sicuramente apprezzabili per i fan nostalgici, ma senza il fuoco dentro del percorso iniziale.

Un tragitto indimenticabile, che nell’arco della fine di due decadi (1978 - 1988) ha indicato una strada diversa per fare musica: nel 1978 “due tipi e un sintetizzatore” rappresentavano certamente una nuova idea per un gruppo pop e con il passare del tempo questo concetto è diventato matrice e riferimento per parecchi giovani alla ricerca di una via alternativa. Probabilmente senza gli OMD i Soft Cell, gli Yazoo e i Pet Shop Boys non sarebbero esistiti nella forma in cui li conosciamo.