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REVIEWSLE RECENSIONI
The Boy Named If
Elvis Costello & The Imposters
2022  (Capitol)
IL DISCO DELLA SETTIMANA ROCK POP
7,5/10
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31/01/2022
Elvis Costello & The Imposters
The Boy Named If
Con “The Boy Named If” Elvis Costello recupera le sue origini rock and roll. Il risultato è un disco fresco e spontaneo, vicino alle atmosfere del suo periodo classico 1977-81.

Nel 2013, poco dopo aver pubblicato Wise Up Ghost assieme al collettivo hip hop The Roots, Elvis Costello aveva paventato la possibilità di un suo ritiro discografico, per dedicarsi alla famiglia e alla scrittura, limitandosi a qualche sporadico concerto di sostentamento (parole sue). Per un po’ è stato effettivamente così, come testimoniano il memoir Musica infedele & inchiostro simpatico e la tournée in solitaria Detour basata sulla sua autobiografia. Poi evidentemente deve essere scattato qualcosa in Declan Patrick MacManus e così, a otto anni da National Ransom (l’ultimo album a suo nome), sono arrivati a scadenza biennale prima Look Now, poi Hey Clockface e ora The Boy Named If.

Nonostante siano stati pubblicati a stretto giro, però, ogni album ha una sua spiccata personalità ed esplora lati diversi della visione artistica di Costello. In Look Now si assiste infatti a un recupero delle atmosfere di lavori come Imperial Bedroom e Painted from Memory, mentre in Hey Clockface Elvis gioca sulla contrapposizione di stili e generi, un po’ come aveva fatto trent’anni prima in Spike e Mighty Like a Rose. In The Boy Named If (And Other Children’s Stories), questo il titolo completo del disco, Costello guarda invece agli album più rock and roll della sua carriera, uno su tutti Blood & Chocolate (richiamato anche dalla copertina), ma anche The Delivery Man e Momofuku, per non parlare del suo “periodo classico”che va dal 1977 al 1981.

Ecco, ascoltata la crudezza e l’immediatezza del sound di The Boy Named If, non si può proprio non pensare a quei dischi lì, realizzati da quattro tizi arrabbiati con gli amplificatori al massimo. Ovviamente questo è un album di rock and roll alla maniera di Elvis Costello, per cui non possono mancare i testi prolissi, l’umorismo nero e una musicalità intelligente, alimentata da una band che suona a occhi chiusi. Gli ex Attractios Steve Nieve (tastiere) e Pete Thomas (batteria), infatti, sono al fianco di Costello dal 1977, mentre Davey Faragher (basso) si è aggiunto una ventina di anni fa: normale quindi che questi musicisti abbiano sviluppato un affiatamento senza pari e che disseminino all’interno del disco la loro firma, una su tutte l’organo Vox Continental di Nieve.

Prodotto come i due album precedenti da Sebastian Krys, The Boy Named If per poco non vedeva realizzarsi il sogno di molti fan, dal momento che solo la pandemia ha impedito alla band di lavorare nuovamente con Nick Lowe, il leggendario produttore del filotto di capolavori che va dall’esordio My Aim Is True fino a Trust. Un vero peccato, ma Krys e Costello hanno fatto comunque un egregio lavoro, riuscendo, nonostante le condizioni avverse (ogni membro della band ha registrato le sue parti a casa propria, gli unici che si sono incontrati fugacemente sono stati Costello e Thomas), a dare all’album un senso di freschezza e spontaneità.

Il disco, infatti, parte subito a pieni giri con “Farewell, OK”, prosegue con “The Difference” (forse il pezzo più aderente al canone costelliano del lotto), lambisce territori country con “What If I Can’t Give You Anything But Love?”e rallenta solo all’altezza della sesta traccia, la pianistica “Paint the Red Rose Blue”. Nella seconda metà, invece, si passa da momenti adrenalinici (“Magnificent Hurt”) ad altri più distesi (“My Most Beautiful Mistake” con Nicole Atkins), per concludere con due numeri alla Paul McCartney, “Trick Out the Truth” e “Mr. Crescent”, dove emerge tutta la classe e l’eclettismo che hanno da sempre contraddistinto Elvis Costello. Insomma, davvero niente male per uno che dieci anni fa pensava di essere ormai pronto per la pensione.