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MAKING MOVIESAL CINEMA
The Dirt: Mötley Crüe
Jeff Tremaine
2019  (Netflix)
SOUNDTRACKS / ROCK MOVIES / MUSICAL
8/10
all MAKING MOVIES
08/04/2019
Jeff Tremaine
The Dirt: Mötley Crüe
Mentre lascio a voi lettori l’ultima parola su questo film, mi accendo una sigaretta, mi verso un buon bicchiere di Jack e mi ascolto il vinile della colonna sonora, un vero e proprio tuffo nel passato con qualche tocco inedito di modernità.

Sunset Strip è un luogo mistico. Da lì sono passati attori, cantanti, celebrità e moltissime band glam, rock and heavy le cui storie sono e saranno per sempre leggenda.

Io in quegli anni non ero neanche nella mente dei miei genitori, ma proprio perché il misticismo di alcuni luoghi ha un'eco smisurata, so che gli anni '80 sono nati e morti su Sunset Strip.

L.A. Guns, Quiet Riot, Ratt, Guns 'n Roses e Poison sono solo alcuni esempi che su Sunset Strip hanno cantato, suonato e vissuto eccessi, sfidando il proprio fisico tra una tequila, una striscia e una groupie.

Anche i Mötley Crüe devono molto a questo luogo ed è proprio da qui che inizia "The Dirt", attesissimo "biopic" del quartetto americano che tra spaccature, time out e rehab rimane uno dei gruppi più longevi e un simbolo degli anni '80.

"The Dirt" prende il titolo dall'omonimo libro scritto dalla band e Neil Strauss, noto VIP personal coach e coautore di numerose biografie di personaggi famosi.

Se nel libro viene riportata la storia dei Mötley Crüe dalla loro genesi agli anni 2000, nel film, di ottima fattura e con una perfetta ricostruzione del clima dell'epoca, vengono tagliate numerosissime parti, riproducendo le storie più cult e tralasciando numerosi aspetti difficilmente riproducibili in 108 minuti.

Per poter colmare i buchi narrativi causati da necessità cinematografiche è necessario aver letto non solamente The Dirt. Confessioni della band più oltraggiosa del rock, ma anche The Heroin Diaries. Un anno nella vita di una rockstar allo sbando, i diari di Nikki Sixx scritti da lui stesso nel suo periodo più buio e più tossico.

Riuscire ad interpretare gli eccentrici e controversi Tommy Lee, Nikki Sixx, Mick Mars e Vince Neil non deve essere stato facile, ma gli attori protagonisti dopo un'intensa e lunga preparazione sono riusciti a calarsi alla perfezione nei personaggi.

Machine Gun Kelly, attore e rapper, è quello che ha subito la trasformazione più radicale. Con una preparazione quotidiana di circa due ore ha dovuto coprire interamente i suoi tatuaggi e sostituire la sua corta chioma ossigenata, con una fortissima parrucca nera anni '80. Per poter ricalcare in pieno Tommy Lee e le sue movenze, ha dovuto imparare a suonare la batteria ed eseguire il trick della bacchetta e, a conti fatti, dopo aver visto il film numerose volte, possiamo dire che il lavoro svolto è stato eccellente.

Douglas Booth invece ha avuto l'arduo compito di calarsi nei panni di Nikki Sixx, recitando sia la parte del musicista e songwriter per eccellenza, che quella di un giovane uomo con una vita difficile e di abbandono, sfociata in un abuso di eroina, con la morte e l'improvvisa miracolosa rinascita dello stesso. Apatia, solitudine e depressione nella vita ed eccentricità sul palco vengono perfettamente riproposte, tralasciando però le numerose donne che hanno riempito e svuotato la vita di Nikki, contribuendo a popolare i testi delle sue canzoni.

Di Mick Mars sappiamo il giusto. Schivo con i giornalisti, riservato sulla vita privata, chitarrista fortemente sottovalutato il cui forte amore per la musica è stato fin dalla giovinezza minato dalla spondilite anchilosante, una malattia degenerativa che di anno in anno lo consuma. Non è facile interpretare Mick Mars, ma per il gallese Iwan Rheon sembra quasi un gioco da ragazzi!

Ogni band che si rispetti ha il suo frontman e la chioma bionda di Vince Neil è fatta ampiamente notare in un periodo di cotonature e teste folte. Donnaiolo e suscettibile, nel film - il cui ruolo se l'è aggiudicato Daniel Weeber - viene messa in luce la bravura tecnica, il dinamismo irruente sul palco ma anche la sua passione per l'alcol. Sulla storia di Vince ci sarebbe molto da dire, anche se nel film vengono singolarmente riproposti due dei suoi momenti più dolorosi: la morte di Razzle, batterista degli Hanoi Rocks, rimasto ucciso in un indicente stradale causato dallo state di ebrezza di Neil,e quella, devastante, di Skylar Neil.

Descritta in maniera molto intima nella biografia, la storia della piccola Skylar ha segnato la vita del cantante che, mettendo temporaneamente da parte la sua carriera, ha cercato di regalare (e purtroppo nel film non si vede) alla figlia e a tutto il reparto di oncologia pediatrica un momento di conforto di fronte ad una battaglia con un finale prematuramente deciso.

In “The Dirt”, che parte a bomba con una groupie che squirta sulle note di “Red Hot”, viene riproposto tutto quanto fin qui descritto. Momenti intimi dei singoli personaggi e storie di gruppo si intrecciano perfettamente tra di loro, costruendo una trama avvincente e struggente che catalizza lo spettatore fin dai primi minuti. La scenografia è un ottimo flashback sul periodo, la sceneggiatura un best of delle Crüe’s story e la musica, non totalmente protagonista e centellinata, fa dei piccoli cameo all’interno dei dialoghi. Se da un lato per i fan più affezionati “The Dirt” è stata un’ottima occasione per piangere e rivivere la storia dei Mötley, dall’altra la seconda parte del film è molto frettolosa al punto di saltare quasi a piè pari la temporanea dipartita di Vince Neil e il successivo ingresso in formazione di John Corabi.

Tra le protagoniste di questa storia avremmo voluto vedere maggiormente Sharise Neil, Brandi Brandt, Donna D’Errico, qualcosa di più di Heather Loacker, la playmate per eccellenza Pamela Anderson, perché se i Mötley sono stati quello che sono e hanno avuto un enorme hype, questo lo si deve anche a tutte le loro fiamme più o meno famose.

Con i suoi pro e contro “The Dirt” è uno dei film di Netflix dell’anno, che ho visto e consumato e su cui ho pianto e ballato.  108 minuti sono pochi, pochissimi, e vista la lunghezza della storia e del libro ci saremmo aspettati una intera serie tv.

Le storie e le leggende di Sunser Strip continuano a vivere, così come molti dei suoi locali, a tutt’oggi luoghi di culto per gli amanti della musica rock and heavy. Anche la storia dei Mötley Crüe non è finita, e anche se di tour non ne verranno più fatti, la loro musica continua a vivere attraverso i fan di vecchia e nuova generazione.

Mentre lascio a voi lettori l’ultima parola su questo film, mi accendo una sigaretta, mi verso un buon bicchiere di Jack e mi ascolto il vinile della colonna sonora, un vero e proprio tuffo nel passato con qualche tocco inedito di modernità.