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REVIEWSLE RECENSIONI
The Dream
alt-j
2022  (Infectious Music / BMG)
IL DISCO DELLA SETTIMANA INDIE ROCK ALTERNATIVE POP
8/10
all REVIEWS
07/03/2022
alt-j
The Dream
Intrigante, elegante, contemporaneo, algido, emozionante e onirico. The Dream è l’affascinante quarto album degli Alt-J, un viaggio sonoro lucidamente lisergico, tra le storie della quotidianità e quelle che popolano la nostra mente, in equilibrio tra le metabolizzazioni da fase rem e le piccole consapevolezze del risveglio.

The Dream è un viaggio nelle storie, nei ricordi e nelle riflessioni – stupide, leggere o profonde che siano – che ci portiamo dietro nel nostro elaborare lucido e incredibilmente variegato di uomini che sognano. Sogni incontrollabili, come quelli che ci regala la psiche poco prima del risveglio, permettendoci di riesaminare in maniera astratta, fantasiosa o realistica ricordi, sensazioni, speranze e paure. Ma anche sogni ad occhi aperti, forse egualmente incontrollabili, come quelli che ci ritroviamo inconsapevolmente a fare quando guidiamo da soli lungo una strada deserta o quando guardiamo fuori dal finestrino senza guardare realmente il paesaggio, perché quello che stiamo realmente osservando è in realtà lo scorrere dei nostri pensieri.

La sostanza di queste storie, sogni o pensieri può essere delle più diverse tipologie, ma nel caso di The Dream assume quel tono vagamente nostalgico che avvolge il cuore e lo porta in uno spazio al contempo vicino e lontano al qui e ora. Riflessioni intime e personali si mescolano alle piccole gioie del sorseggiare un bicchiere di coca-cola ghiacciata (“Bane”), alle storie ispirate ai gialli, al mercato delle cripto-valute (“Hard Drive Gold”) e alle storie di true crime viste per ore davanti alla tv (“Losing My Mind”), fino ai racconti su Hollywood e le sue star (“The Actor”), alle riflessioni sull’amore (“Get Better” e “Powders”) e ai ricordi della felicità di un festival con gli amici, nella consapevolezza che stai vivendo un momento perfetto (“U&Me”).

Una bellezza delicata, apparentemente ingenua, che inizia luminosa e leggera, acustica e quasi permeata da un’atmosfera anni Sessanta, piacevole e quasi frivola. Con il procedere delle tracce, però, quella stessa atmosfera si carica di emozione, si fa più intensa, ma senza mai dimenticare la sua eleganza minimale; diviene più intrigante, aggiunge una dimensione di oscurità che tramuta la sua bellezza da innocente a magnetica, imprevedibile e consapevole dei suoi mezzi. A prima vista nulla muta, l’incedere è sempre delicato, ma ad ogni passo emerge la coscienza che quella sinuosa eleganza non è affatto innocua, si è avvicinata al cuore e ormai vi sta affondando la sua lama.

Gli inglesi Alt-J, vincitori di un Mercury Prize e più volte nominati ai Grammy e ai Brit Awards, giunti al quarto album hanno reso le armi composte dalla loro strumentazione più affilate, dimostrandosi ancora più consapevoli e maturi nella gestione delle mutevoli possibilità date dalla leggerezza limpida e magmatica del loro suono. Morbide fusioni di indie pop, afro pop, elettronica, blues, opera, indie rock, cool jazz, ritmi percussivi infallibili, linee di synth e di chitarra acustica poco ortodosse si intrecciano in una danza sperimentale e raffinata. Una commistione variegata e libera da ogni prevedibilità che, come la fortuna e la notorietà degli Alt-J insegnano, riesce ad essere incredibilmente capace non solo di arrivare al grande pubblico cosi come all’ascoltatore più colto ed esigente, ma anche ad incarnare questa duplice identità con sincerità, mainstream e di nicchia al tempo stesso.

Il trio composto da Joe Newman (voce/chitarra), Gus Unger-Hamilton (voce/tastiere/basso) e Thom Sonny Green (batteria/percussioni), ancora una volta affiancato dal produttore Charlie Andrew, con The Dream ridefinisce ed esalta le sue capacità compositive e di scrittura. Maturità, finezza e capacità di divertirsi, sperimentare ed emozionare prosperano dietro quello che è solo ad un ascolto distratto è un muro algido e intellettuale.

The Dream regala a chi lo ascolta un viaggio nei ricordi, nelle sensazioni e nelle polaroid di un’estate americana, la stessa che si può respirare nei libri della letteratura contemporanea d’oltreoceano, che qui divengono contorni di un sogno, sfocato e vivido, che si può vivere cavalcandone i suoni. Un sogno in cui ci si immerge e che sembra attingere a situazioni ed emozioni abitate sulla propria pelle, di quelle che ti regalano un sorriso ricordando momenti felici, ti fanno danzare come sotto il cielo una notte di mezza estate e ti fanno spuntare qualche lacrima quando ti colpiscono l’anima di sorpresa. Un sogno da cui ci si ridesta stropicciati e incantati, con ancora indosso sia le lacrime sia il mezzo sorriso suscitato da quell’intrico di falsi ricordi, che chissà come si sono intessuti nell’intelaiatura delle emozioni che ognuno di noi porta dentro.