Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
12/01/2018
Una missione per Capitan Vinile
Uccidere Alvaro Soler
Non lo conosco, non lo seguo; magari è pure una persona a modo, ma non mi interessa. Tanto meno mi interessa ascoltare la sua musica: voglio ucciderlo.
di Capitan Vinile

Cool, it’s a fairly self-explanatory plot. Each week we let the hounds of hell lose and we chase that jar-head, no talent, cracker asshole all over the globe … ‘till I finally catch that fruity little pony tail of his in the back, pull him to his knees, put a shot-gun in his mouth like a big black cock of death and we’ll be back in ‘95 with ‘Lets Hunt and Kill Michael Bolton’ (Bill Hicks)

La mia prossima missione sarà trovare ed uccidere Alvaro Soler.

Non lo conosco, non lo seguo; magari è pure una persona a modo, ma non mi interessa. Tanto meno mi interessa ascoltare la sua musica: voglio ucciderlo.

“Oh, ma quanto sei deficiente!? Giudichi le persone senza conoscerle; giudichi la musica senza ascoltarla! Bravo!! Fai come quei cazzoni che sparano giudizi sul metal e sul punk senza nemmeno sapere cosa sono! Spargi merda su Sanremo solo perché sei uno chic del cazzo che preferisce Frank Zappa?! Vai a vedere in quanti lo conoscono! Vai a sentire se lo passano per radio! La musica va ascoltata!”

Bene, bel discorso.

Adesso possiamo tornare a parlare seriamente: la vita è breve.

Non avrete il tempo di ascoltare tutto quello che vi piacerebbe.

Quindi, bisogna sfrondare.

Uccidendo Soler impedirò che si aggiungano altri dischi a quella marea di plasticaccia che già invade il mercato ogni mese. E per plasticaccia intendo anche tutte le millemila ristampe di Frank Zappa, miei cari bacchettoni pop.

L’altra linea di azione, se mai non dovessi scovare Soler, è comprare tutti i CD che posso, ammassarli in uno stanzino e chiuderli dentro.

Bruciarli no. Quella è roba da nazisti.

Io non sono un nazista.

Mi ritengo più un equo stalinista illuminato.

Ascolti roba che mi fa schifo?

“Niet problem tovarish! Gulag!”

“Come?”

“Sì, no problema! Tu va bel villeggiatura fresca, in posto nome ‘gulag’, su a Solovki. Ci sono campi, e reti; tu sistema, ripara, lavora e non ascolta più Soler. Anche perché Soler morto scorsa settimana, sai? Picozza in testa, sai… O forse quello era altro…”

Illuminato perché poi, per contro, investirei un sacco di soldi per diffondere ininterrottamente e gratuitamente nel mondo, non so, “Gimme Shelter”, “Statesboro Blues” degli Allman, “Roll Over Beethoven”, tutto il lato A di Rain Dogs… Così, a gratis, per tutti, in giro per le città, per le autostrade. Tiri giù il finestrino e arriva la musica; libera nell’aria.

…certo, la Musica la DECIDO IO.

Ad ogni modo, nelle ultime settimane mi sono divertito con qualche acquisto a scatola chiusa, così tanto per spendere una decina di euro acquistando orrendi CD usati di Indie primi anni 2000 o giù di lì.

Devo ancora ascoltarli, ma so già che per la maggior parte saranno canzoni educate di civile alternativismo chitarristico con quel substrato punk che non manca mai; poi magari c’è qualche sorpresa.

Altrimenti se non ci piacciono le sorprese che ascoltiamo musica a fare?

Questa le breve lista della spesa: Let’s Bottle Bohemia dei Thrills, Datsuns dei Datsuns (sono anni che lo voglio… ma sapete, torniamo al discorso del surplus di plasticaccia…), Wilderness Is Paradise Now dei Morning Runner (bel titolo…).

Vi terrò informati. Anzi, se già li conoscete tenetemi informato voi.

Musica parlata, ora.

Ho finito la ponderosa autobiografia di Keith Richards, Life.

Sì, non è mica male. Soprattutto le pagine in cui ci sono preziosi consigli su come consumare droga. Di ogni tipo.

Circa metà del libro.

Nell’altra metà sono tutte cose che più o meno già sapete (certo, se siete tossici incalliti, anche la metà sulle droghe, nulla di nuovo eh?)

Musica suonata. O meglio, ascoltata di recente.

Poca roba. Golden Earring e Humble Pie. Potete immaginare quanto sia stato noioso il mio dicembre.

Però c’è una considerazione.

Per chi non li conoscesse, i Golden Earring sono un gruppo di megalomani olandesi con una versione di 18 minuti di “Eight Miles High” come cavallo di battaglia. Non malaccio, dai. In linea con il periodo (1969).

Per il resto suonano un possente hard prog.

Gli Humble Pie… degli Humble Pie ho sempre pensato che da un lato Frampton sia stato clamorosamente ipervalutato, più dal pubblico (che ha comprato 11 milioni di copie di Comes Alive!...) che dalla critica; dall’altro che gli stessi Humble Pie siano sempre rimasti quel maledetto “scalino sotto” rispetto ai loro reali meriti (che non sono certo clamorosi, ma insomma, si difendono bene).

Per il resto suonano un possente hard soul; più yankee che british.

Entrambi questi gruppi hanno avuto come proprio punto forte il sound.

Il sound

Decine di altri gruppi dell’epoca hanno avuto come punto forte il sound.

Cioè quell’impasto sonoro pieno ma diretto, senza trucchi, senza patinature, senza troppi fronzoli. Eppure caldo, intenso, zeppo di naturale riverbero e vibrazioni profonde. Una pasta che conosciamo bene, fatta di Hammond, Gibson, Marshall, Ludwig, volume al massimo, roba analogica, valvolare…

Spesso sottovalutiamo l’importanza del “puro suono”.

Al di là del songwriting, della melodia, dei ritornelli, delle parole (che se ne frega di quelle…).

Perché poi diciamocelo: mica sempre si ascolta una canone nota-per-nota, beat-per-beat, secondo per secondo. Spesso si è un pochino distratti, a volte un po’ sovrappensiero…

“Dove avrò messo le chiavi?”

“Quanto era gnocca la cassiera…”

E allora ecco che un bel sound fa il suo dovere.

“Cazzo! Bella questa! Questo è rock!”

E in realtà ve la dimenticate subito; anzi, nemmeno l’ascoltate.

Ma “quel” suono… ehi!

Ecco potrei stare qui ore a disquisire di quanto ogni decennio, o meglio ogni generazione abbia un suo sound, oltre che una sua melodia, un suo atteggiamento… un suono che a volte esce direttamente dalle piccole/grandi innovazioni comprese in quell’angusto spazio tra l’uscita del jack dallo strumento e il banco del mixer.

E lì… chi ci capisce…

E quindi tra il ’63 e il ’68 cambia… era una certa cosa, poi fino a metà ’70 un po’ diverso… poi ti arrivano gli ’80, la Roland e tutto di nuovo va a catafascio…

È un lungo lungo affare…

Per ora basta; vado a caccia.

A presto, e non piantate picozze nei posti sbagliati.