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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
10/04/2018
Io sto con Topolino
Una persona per bene
Insomma, per tanti anni della mia vita, Paperino è stato un eroe: l’ho amato incondizionatamente e ho accettato aprioristicamente anche i lati meno gradevoli del suo personaggio. Oggi, che sono adulto, che ho vissuto e ho un po’ di esperienza, che so cosa significhi soffrire e faticare per essere leale e coerente con le proprie scelte, vedo cose che il bambino che ero non riusciva nemmeno a intuire.

In cantina ho così tanti fumetti, che se li metto tutti in fila e ci cammino sopra, posso fare qualche chilometro senza sporcarmi le suole delle scarpe. C’è stato un periodo della mia vita in cui leggevo solo Tex, Zagor, Il Comandante Mark, Nathan Never, Ken Parker, Nick Raider, Alan Ford e Dylan Dog. Soprattutto, Topolino. Il Topolino (formato normale o maxi) era la lettura della domenica mattina.

Mi svegliavo, e con il nuovo albo sotto l’ascella, sciabattavo fino in cucina, mutande e maglietta, per fare colazione. Tazzone di tè con tanto limone, sacchettone delle Macine posizionato a lunghezza braccio e via di lettura. Una quindicina di biscotti dopo, gli occhi sempre incollati al fumetto, riponevo la tazza nel lavello (che se no, la mia mamma mi affibbiava uno schiaffone), esprimevo con un portentoso rutto tutto il mio apprezzamento per il fiero pasto (e qui il  coppino arrivava implacabile) e mi dirigevo verso un’altra tazza, seduto sulla quale, davo vita a leggendarie performance che duravano fino all’ultima pagina del fumetto.

L’eroe di quelle pagine era ovviamente Paperino, la cui esuberanza a  tutto tondo lo rendeva di gran lunga più amabile del troppo compassato, e anche un filo saccente, Topolino. Paperino, ne converrete, era un vero e proprio catalizzatore di simpatia: sfigato all’inverosimile, angariato da uno zio meschino e avarissimo e sfottuto a nastro da quel bastardo di Gastone, che cercava peraltro, con fastidiosa pertinacia, di fottergli la fidanzata.

Era davvero impossibile, quindi, non immedesimarsi in questo personaggio che, nonostante le fattezze di papero, somigliava incredibilmente al più comune degli esseri umani. E poi, a ben vedere, Paperino dava la paga a Topolino anche nel rapporto con le reciproche morose. Perché diciamolo senza giri di parole: Paperina e Minnie sono sempre state due cacacazzo di prima grandezza, petulanti, lagnose e prevaricatrici. Mentre Topolino, però, per il quieto vivere, abbozzava sempre con la ragionevolezza del buon padre di famiglia, Paperino almeno, prima di capitolare (perché alla fine sempre lì si va, a capitolare) era capace di qualche sussulto d’orgoglio. Servo della gleba, si, ma mai senza lottare.

Insomma, per tanti anni della mia vita, Paperino è stato un eroe: l’ho amato incondizionatamente e ho accettato aprioristicamente anche i lati meno gradevoli del suo personaggio. Oggi, che sono adulto, che ho vissuto e ho un po’ di esperienza, che so cosa significhi soffrire e faticare per essere leale e coerente con le proprie scelte, vedo cose che il bambino che ero non riusciva nemmeno a intuire. Perché se ci riflettete su, senza farvi suggestionare dalla straripante simpatia di Donald Duck, vi renderete conto che Paperino rappresenta in modo perfetto l’italiano medio: esuberante, compagnone, passionale, volubile, istintivamente generoso, casinista e, in qual che modo, ingenuamente intraprendente. Ma anche: codardo, ignorante fino alla soglia dell’analfabetismo, pronto a fottere il prossimo se i conti non tornano e a violare la legge se la necessità impone.

Il classico furbetto che chiagne e fotte: si dispera, piange miseria, spesso si autocommisera, ma appena ne ha la possibilità, non si fa scrupoli a picchiarlo nel culo al malcapitato di turno. Mors tua, vita mea, dicevano i latini. Sotto questo profilo, Topolino, anche se pedante e smorto come un impiegato del catasto, si propone, invece, quale alfiere di un’etica irrinunciabile, è severo ma giusto, ha senso dello Stato, è morigerato senza essere bacchettone e, soprattutto, non transige in tema di legalità. Topolino non ha appeal, me ne rendo conto; eppure, guardato con gli occhi di un adulto, è molto meno stronzo di quanto mi apparisse anni fa. Al punto che gli perdono anche il nozionismo da maestrina con la penna rossa, l’asfissiante rispetto per le regole e quella congenita incapacità di stare un filo sopra le righe. Dalla sua, però, possiede una fiera dignità, sobrietà di modi e gentilezza d’animo. E’ ciò che si definisce una persona per bene. Categoria, purtroppo, in via d’estinzione, e di cui, in questi tempi oscuri, si sente un terribile bisogno.