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REVIEWSLE RECENSIONI
24/03/2023
The Reytons
What’s Rock And Roll?
“Nessuna Label. Nessun Supporto. 100% Reytons”. Chi è la band completamente autoprodotta che è arrivata ai vertici delle classifiche inglesi (e ha già sold out tutti i tour autunnali), alla faccia di tutti i conosciutissimi nomi osannati dalla critica?

Nel mentre la critica impazziva per le nuove ed eleganti uscite di Taylor Swift o dei Murder Capital, l’Inghilterra vedeva questi artisti relegati alle medaglie di second’ordine, perché al numero uno delle sue classifiche (e per numerose settimane di seguito) vi era tutt’altro. Trattasi di una band sostanzialmente sconosciuta al di fuori dell’isola della Vecchia Signora, di cui pochissimi giornali hanno parlato (se non per diffondere lo smacco), che per di più è totalmente autoprodotta: nessun’etichetta, nessun supporto da parte dei canonici sistemi di promozione musicale. Come ama dire la stessa band: “Nessuna Label. Nessun Supporto. 100% Reytons”.

 

I Reytons sono una band tipicamente inglese, nata nel 2017 nelle centralissime contee del South Yorkshire, dalle ceneri di quelli che sono massicci ed evidenti ascolti di tutti i primi album degli Arctic Monkeys e di uno spirito un po' alla Oasis. Il cantante e paroliere Jonny Yerrell, il bassista Lee Holland, il chitarrista solista Joe O'Brien e il batterista Jamie Todd sono l’esemplificazione del proletariato al potere: quella classe operaia inglese che vive nelle piccole case delle periferie, con gli uomini che vanno al pub dopo lavoro e vi spendono buona parte dello stipendio appena ritirato, i genitori che cercano di arrivare a fine mese tra i mille problemi famigliari e i figli che si ritrovano a cercare di crescere nei sobborghi. Quella classe proletaria che non sempre parla di politica ma vive le conseguenze delle sue scelte tutti i giorni, e che più facilmente discute e si concentra su quelli che sono i problemi di ogni giorno, a volte sociali e a volte quotidiani, come le notizie da bar con cui si discute con gli amici, oppure l’impatto dei social network sulle proprie vite e sui propri sogni.

I Reytons da questa low and middle class provengono e a questa parlano, presentando nei loro testi e con la loro musica temi vicini alle persone comuni, ma trattati sempre senza pregiudizio e senza giudizio: anche le notizie che più facilmente potrebbero dare adito a qualche pessima battuta sono sempre raccontate come delle storie, su cui riflettere, in cui riconoscersi o in cui riconoscere qualcuno che si conosce, ma senza che alla fine vi sia alcuna morale. Una formula semplice e vincente, che permette a tutti di sentirsi parte di qualcosa, facilitando la condivisione di una quotidianità che a volte ingabbia, a volte consola, ma che nel momento in cui è messa alla luce diventa in qualche modo liberatoria, perché riconosciuta anche fuori da sé.

 

I quattro indie rockers, dopo una serie di EP ben accolti, hanno pubblicato il loro album di debutto, Kids Off the Estate, nel 2021, ed è iniziato un successo senza precedenti. I singoli hanno iniziato a girare sempre più, il disco a vendere e i locali a riempirsi uno dopo l’altro, uno più grande dell’altro, dai pub alle arene in pochi anni, letteralmente. Con la pubblicazione del recente What's Rock And Roll? hanno infatti raggiunto l’apice: dopo pochi giorni dalla release del disco l’intero tour era sold out. Sono state aggiunte altre tre date al volo e hanno iniziato a riempirsi in poche ore. La Sheffield Arena, uno dei luoghi per concerti live più capienti della Middle England, è andata quasi sold out (75%) entro il primo weekend di vendita. E il tutto senza che vi sia dietro di loro alcun tipo di supporto: i ragazzi fanno tutto da soli.

La formula del do it yourself, ovviamente, non è stata sempre una scelta. Ora è portata in alto come vera e propria bandiera ed è il motto con cui iniziano ogni concerto, ma i Raytons non si fanno problemi ad ammettere che all’inizio hanno fatto tutto da sé semplicemente perché a nessuno importava di loro. Come spesso accade, l’offerta è così ampia che emergere è quasi impossibile e quindi ti puoi solo che auto-organizzare. Crescendo anno dopo anno, però, e avendo raggiunto risultati significativi solo con la forza del proprio lavoro, della propria determinazione e dell’entusiasmo della propria fanbase, l’interesse da parte di qualche etichetta c’è stato, ma i ragazzi si sono detti che se ce l’avevano fatta così bene da soli fino ad ora, potevano allora continuare tranquillamente per conto proprio, e quella condanna è diventata il loro motivo d’orgoglio.

 

I quattro di Doncaster scrivono con semplicità e umiltà di ciò che vedono e di ciò che vivono come persone e tra le persone tutti i giorni, avendo come riferimento la loro comunità dello Yorkshire e il Regno Unito in generale, ovvero semplicemente ciò che conoscono. I loro fan e i loro compaesani si possono riconoscere nelle narrazioni raccontate a colpi di riff (della band) e di mosh pit (del pubblico), fatte di osservazioni pungenti sulle tendenze sociali più diffuse o sul bestiario di umanità che viene messo in scena.

Si parla delle lotte sociali di una Gran Bretagna divisa, di amori non corrisposti, di capricci dei social media e di relazioni su internet, dei problemi quotidiani dei lavoratori di oggi, di chi cerca di fare soldi con qualsiasi mezzo, ma anche di racconti popolari come l’esperienza di andare a Istanbul per un trapianto di capelli o di come ci sia chi vive solo grazie a Only Fans, lasciando anche spazio a qualche mite consiglio paterno nelle poche ballate. Ogni dinamica sociale odierna viene osservata e acutamente descritta in poche strofe, unendo in un unico mix commenti taglienti e narrazioni empatiche e non giudicanti. Simpatici, intelligenti e leggeri senza mai essere volgari. I Reytons sono arrivati a sintetizzare il loro lavoro con una singola e strigata definizione, che però è forse la più azzeccata e calzante: “raccontiamo storie con riff orecchiabili”.

 

La musica dei Reytons è certamente derivativa, le influenze sono evidenti, ispirate all’indie rock inglese dei primi anni Duemila, e la formula non è certo innovativa, ma non tutti i generi e non tutte le formule hanno la necessità di essere riscritte da capo; se nel corso del tempo le band che hanno dato origine a certi filoni si sono evolute facendo altro, perché altre più nuove non possono coprire (a modo loro) quella nicchia lasciata scoperta? Ciò che conta, alla fine, è poi come sempre il risultato: ciò che è stato realizzato è un buon disco? È suonato, scritto e prodotto bene? Ha dei testi ben fatti? Viene voglia di riascoltarlo una volta che si è arrivati alla fine? Viene voglia di comprarlo? Viene voglia di andare ad un concerto?

Nel caso dei Reytons non c’è che dire, si possono enumerare tutti i difetti del mondo, ma alla fine si risponde un deciso sì a tutte le domande poste precedentemente. Un gruppo genuino, onesto e coinvolgente, che fa il proprio mestiere trattandolo come tale, nel rispetto del proprio lavoro e dei propri fan, scrivendo brani azzeccati e accattivanti.

Popolari? Sicuramente, per definizione e ormai anche in più di un senso. Meritevoli del successo che stanno ricevendo? Abbondantemente. Uno spaccato dell’Inghilterra più vera che, almeno nel tempo delle loro canzoni e dei loro live, permette alle classi operaie di brillare e di prendersi il palcoscenico.