Cerca

Banner 1
logo
Banner 2
REVIEWSLE RECENSIONI
22/04/2022
Diablo
When All The Rivers Are Silent
27 anni di carriera, 22 dal primo album e 7 dal loro ultimo. I Diablo possono essere riconosciuti come uno dei nomi più importanti nella scena metal finlandese e, con l’odierno When All The Rivers Are Silent, il quartetto di Kalajoki non solo non perde nemmeno un grammo del suo smalto, ma raggiunge un livello di maturazione eccellente.

La formazione che vede Rainer Nygård alla voce e chitarra, Marko Utriainen alla chitarra solista, Aadolf Virtanen al basso e Heikki Malmberg alla batteria, ha pubblicato - anche questa volta per Sakara Records - il suo settimo album, When All The Rivers Are Silent: 40 minuti di melodic death metal e una raccolta di storie, oneste e spietate, che presentano molte piacevoli sorprese fin dal primo ascolto.

"Fondamentalmente l'album è una raccolta di storie oneste e spietate su una persona che ha raggiunto il fondo nella sua vita spirituale. Ora è obbligatorio o raccogliere i pezzi o andare a fondo con il suo precedente stile di vita. Le decisioni sono sempre difficili da prendere nell'occhio del ciclone quando sei un tossicodipendente instabile e, soprattutto, circondato da ogni tipo di tentazione. Non ci sono finali hollywoodiani nella vita reale, non importa cosa canta Sunrise Avenue. Ho fatto questo a modo mio". (Rainer Nygård)

Ognuno dei racconti di cui sono composte le 10 tracce del disco gravita attorno ad un personaggio che tocca il fondo della propria vita e deve decidere se raccogliere i cocci della propria esistenza e provare a rimetterli insieme o abbandonarsi all’oscurità. Il tema è scottante e rivela fin da subito una profondità, una onestà e maturità nella scelta e nei modi dei temi trattati che non sempre nel metal si trovano.

When All The Rivers Are Silent fin dalle prime note colpisce per la sua schiettezza come un pugno nello stomaco, ma allo stesso tempo fa capire che in gioco c’è molto più, e lo possiamo capire analizzando l’aspetto musicale. Le componenti che vanno sottolineate sono quattro.

Il primo lo possiamo sentire già dalla prima traccia, “The Well Of Grief”, dove, dopo un delicato giro di pianoforte, entra un riff di chitarra incisivo e muscoloso, supportato da una ritmica quadrata e imponente. L’andamento del disco diventa subito chiaro: ogni brano (nessuno escluso) presenta almeno un riff di chitarra che rende l’ascolto coinvolgente e travolgente. I riff e le ritmiche incalzanti sono la prima componente importante del disco e creano quelle che sono le fondamenta per l’evoluzione che avviene in ogni traccia: l’apertura della linea melodica.

Sono infatti le linee melodiche la seconda componente fondamentale, le quali prendono la carica e l’energia create nelle strofe dai riff di chitarra-basso-batteria per aprirsi completamente nei ritornelli. Questo avviene grazie alla maestria del quartetto di Kalajoki, che grazie ad un saggio lavoro sugli arrangiamenti, fatto di improvvisi cambi di tonalità e di un sapiente studio della linea vocale, riescono a creare dei momenti epici e struggenti durante i ritornelli.

La terza componente che emerge ascoltando il disco nel suo complesso e che lo accompagna per tutto il suo svolgimento sono le influenze dalla “vecchia scuola”, di cui è disseminato. Molti riff ricordano la vecchia ondata della NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal), altri i Pantera o i primi Metallica, alcuni elementi portano alla mente lo stile dei primi dischi dei Symphony X e alcuni ritornelli rievocano gli Iron Maiden del periodo di Seventh Son of a Seventh Son. Anche la voce non è esente da questi richiami, infatti in alcuni punti ricorda molto quella di Ozzy, grazie anche all’accurato lavoro fatto sul suono. Insomma, i tocchi di old school sono tanti, ma non divengono mai smaccata copia quanto piuttosto un arricchimento del panorama musicale dell’album.

L’ultima componente caratteristica di When All The Rivers Are Silent, ma non per importanza, è la pulizia dei suoni e l’ordine del mix. Spesso questo elemento viene sottovalutato, ma è in realtà fondamentale: quando parliamo di musica parliamo di una composizione di suoni, per cui se questi non sono ben studiati, tutto il lavoro fatto con l’arrangiamento e sui testi risulta vanificato. Qui invece i Diablo non solo lo hanno fatto bene, ma hanno trovato la chiave sonora perfetta, riuscendo a valorizzare ogni parte del loro lavoro. Non per niente, per adempiere a questa delicata operazione, le registrazioni sono state curate da Samu Oittinen (Insomnium) e i mix da Jens Bogren (Arch Enemy, Opeth, Kreator).

Ciò che colpisce di questo disco, dopo tanti ascolti, è l’assoluto equilibrio di tutti i quattro elementi illustrati: riff potenti, grandi aperture nei ritornelli, influenze dalla vecchia scuola e suoni perfetti. La miscela è pressoché perfetta e questo permette di avere da un lato un disco che colpisce fin dal primo ascolto ma che non stanca mai, dall’altro delle componenti creano in ogni brano una sorta di epicità struggente, come se in ognuno si nascondesse un grido.

Questo grido trova voce nei testi, in cui si respira la disperazione del trovarsi nell’oscurità, la facilità dell’abbandonarsi e del toccare il fondo dell’abisso, ma anche la difficoltà e la quasi impossibilità a reagire, nel cercare di rimettere insieme i pezzi della propria vita. Quelle di cui si parla non sono sterili denunce alla società, ma storie di esistente al limite. E in questo oscuro viaggio, fatto di dipendenze e rimpianti, il nostro anti-eroe compirà un percorso di ribellione da quello che sembra un destino segnato, ma non da solo. Alla fine del periglioso sentiero, in corrispondenza della fine del nono brano, “Parathon”, la disperazione viene toccata e l’aiuto è chiesto direttamente a Dio:

"I miei occhi si sono abituati all'oscurità

Vivere senza fede

Volontario per l'autodistruzione

Prego Dio

Ridefinisci chi sono

Perché non posso farlo

Tutto da solo".

 

When the Rivers Are Silent si conclude in maniera schietta, senza alcun finale felice: non sapremo mai se il personaggio di queste storie riuscirà a ricostruire la propria vita, a spogliarsi delle proprie ombre e dipendenze. Tutto termina con una domanda semplice e sincera, che troviamo nella penultima strofa della title-track:

"Ora i miei fiumi si rivolgono a te

Puoi perdonarmi se fallisco?

Sarai ancora lì per me?".

 

When the Rivers Are Silent è un disco immediato, di grande impatto, ma con una profondità che lascia i brividi. Un punto importante per la carriera dei Diablo, di cui già non si vede l’ora di scoprire il prossimo passo, ma soprattutto un regalo per chiunque scelga di ascoltarlo, perché di piccoli gioielli come questo, nel death metal, oggi, non ne ce sono così tanti.