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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
14/12/2017
Partendo dalla copertina di Alles ist Gut dei D.A.F.
Qualche breve nota sul dopopunk a Milano
Dove eravamo? Ovviamente ben oltre i cliché punk che, divenuti tali, noi avevamo abbandonato verso la metà del 1978.
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

La copertina e il suo retro mostrano lucidi di sudore e con capelli corti Gabi Delgado-López e Robert Görl.

“Froci e nazisti”: facile equazione dei compagni al testosterone, ai quali la pantera di copertina di For Your Pleasure avrebbe – se del caso – con una sola zampata orbato mascolinità e certezze intellettuali. Poveri retrogradi, ancora a domandarsi come inquadrare La caduta degli Dei, Il portiere di notte e Salò o le 120 giornate di Sodoma, dati i loro registri “a sinistra”, o meglio, tali da loro definiti.

Ecco come si presentano nel 1981 i D.A.F. nella “vaschetta” di Bonaparte Dischi di Via Marghera, Mailand, Europa, qualche settimana prima del loro concerto all’Odissea 2001 con il loro terzo – ma “primo”[1] – album: Alles ist gut.

Qualcuno (Andrea V.?) mi tesse le lodi di questi due artisti di cui il New Musical Express ha già promesso meraviglie.

Allora e per qualche anno ancora – vedi Tape Art – i negozi di dischi sono altresì cenacoli di dibattito e speculazione intellettuale dove, bluffando, in fondo ognuno di noi insegna qualcosa di nuovo agli altri senza pretendere l’onore delle armi.

All’apparenza diffidenti, in realtà noi ci riconosciamo subito: ciascuno unico e ussaro, con la veemenza di dragone ma capace di fare il baciamano alla regina, occorrendo.

La Virgin di Richard Branson ai tempi fa prodigi: una inner sleeve in cartoncino pesante sembra quasi una polizza dei Lloyd’s: infallibile.

Finisce che compro sia l’album, sia il singolo “maledetto” ivi contenuto: “Der Mussolini” in formato 12’’, roba impegnativa allora[2]. Natürlicher, di li a poco comprerò anche Für Immer[3].

Ecco perché non era cambiato nulla.

Nessuna velleità, men che meno necessità, di name dropping per motivare le nostre scelte (non dovevamo motivare nulla a nessuno), ma nella nostra cintura erano già “appesi” Suicide, Magazine, Siouxsie and the Banshees, Public Image Ltd., Human League, Adam and the Antz[4],…

Chi ci contrastava era spesso ancora confuso per la svolta elettrica di Bob Dylan[5].

Dove eravamo? Ovviamente ben oltre i cliché punk che, divenuti tali, noi avevamo abbandonato verso la metà del 1978.

And so you are, now, afterpunk and punk.

 

[1] In quanto album di esordio e successivo, rispettivamente intitolati Produkt e Die Kleine Und Die Bosen, resteranno sempre interesse per pochi. D’altro canto, la formazione storica è quella appunto a due.

[2] Perché se i modesti cervelli limitati da palizzate cercavano ancora di digerire The Clash grazie alle loro (della band, non dei locali militanti a gauche) incontinenze viniliche, beh con quel titolo e cantando in tedesco il nemico non poteva essere scambiato e confuso. Invece sì.

[3] Due album nell’anno 1981 per i D.A.F.

[4] Mi riferisco a, almeno, i seguenti album in ordine circa cronologico in riferimento al primo: Suicide; Real Life; The Scream e Join Hands e Kaleidoscope; First Edition e Metal Box; Reproduction; Dirks Wears White Sox. In realtà la storia la facevano spesso i singoli.

[5] In quanto noi, noi, avevamo studiato e quindi eravamo al corrente anche di quell’episodio, ormai vecchio di lustri.