“Every Night and every Morn
Some to Misery are born.
Every Morn and every Night
Some are born to Sweet Delight,
Some are born to Endless Night”
“Ogni notte e ogni mattina
Nascono alcuni alla rovina
Ogni mattina e ogni notte
Nascono alcuni al soave diletto
Nascono alcuni ad infinita notte”
Scena iniziale: William Blake (Johnny Depp), un giovane contabile, viaggia su un treno alla volta della città di Machine dove gli è stato promesso un lavoro; non lascia legami: i genitori sono morti, la fidanzata l’ha lasciato. Assieme a lui, goffo nei suoi abiti da cittadino ‘piedi dolci’, viaggiano dapprima panciuti borghesi, poi contadini, quindi dei cacciatori di pelli, rozzi e bruciati dalle intemperie; a mano a mano che ci si addentra nel cuore della tenebra, i compagni divengono più brutali. Dai finestrini si intravedono panorami desolati, carovane di pionieri distrutte, villaggi indiani in sfacelo ed abbandonati. Il fuochista del treno[1], annerito dalla fuliggine, entra nello scompartimento: si siede davanti al protagonista, gli predice la morte, poi si informa sulla sua provenienza, sulle speranze di lavoro. Le ultime parole del dialogo sono improvvisamente sovrastate dagli spari: i cacciatori cercano di abbattere dei bisonti tirando dal treno in corsa.
L’essenza del miglior film di Jim Jarmusch (sempre in bilico fra grottesco e ironia) è racchiusa in queste poche sequenze; una profonda e potente metafora sull’opposizione fra civilizzazione e cultura, tra ragione moderna e natura: una civilizzazione guidata da una ragione fredda e matematizzante, gravata dalla brama e dal possesso, unidirezionale, che anela al profitto attraverso la distruzione della vita e della bellezza[2]; e quelle di un mondo culturale alternativo, ma soccombente, ciclico e tollerante, dove vige l’immaginazione, la passione, l’assenza di leggi artificiose o vincoli morali, in cui, per dirla con il poeta William Blake (1757-1827), omonimo del protagonista e filo rosso della pellicola, “ogni cosa che vive è santa”.
Il treno è, come in Monsieur Verdoux di Chaplin, uno dei simboli più potenti di tale mondo spietato ove tutto è sfigurato dal piacere più laido e dal possesso, entrambi amplificati dalla geometrica potenza della meccanizzazione industriale; una perversione che sfocia nella brama fine a se stessa (i cacciatori uccidono per uccidere).
William Blake, però, è rifiutato da Machine: dopo l’incontro con una prostituta, uccide il figlio del boss locale (Robert Mitchum) e, benché gravemente ferito, fugge. Egli ha reciso i vincoli di sangue, ora continua a morire: rispetto alla follia della ragione. Dimentica il proprio passato, la propria individualità, gli occhiali (ora vede bene); elimina come un angelo della morte i rappresentanti dell’umanità malata di Machine, cacciatori, pervertiti, sceriffi, ciarlatani, frodatori; col sangue di un cerbiatto ucciso (ora suo pari[3]) si copre il volto di geroglifici di guerra.
Inizia un lento viaggio di purificazione: le forze della ragione cercano di riportarlo verso il regno del male; viene infatti braccato da tre bounty killer: il più feroce, Cole Wilson (Lance Henriksen), è un cannibale, simbolo di quel progresso che finisce per fagocitare se stesso (infatti ucciderà gli altri due compagni); la Natura lo attirerà nel proprio grembo come un figliol prodigo: simbolo di questo polo l’indiano Nessuno (che gli racconterà come, catturato e portato in Inghilterra, abbia finito per ammirare le opere del poeta omonimo). Tali due poli si annulleranno nel finale (Nessuno e Wilson si uccidono a vicenda): il vecchio William Blake, morente in una canoa indiana che si spinge al largo, ha espiato le sue colpe; terminati i riti lustrali, potrà ricongiungersi con lo spirito universale e rinascere alla vera vita.
Parafrasando la più celebre raccolta di poesie del poeta inglese, William Blake riconquista l’innocenza (natura, vita, sacro, istinto) e perde l’esperienza (inorganico, morte, dissacrazione, artificio).
Il miglior Neil Young dei Novanta accompagna questo magnifico rito di passaggio con sonorità rarefatte e psichedeliche creando “un capolavoro per lente saturazioni, arie sommesse e feedback relativamente controllati[4]”.
[1] Il fuochista fu il progetto embrionale del romanzo America di Franz Kafka. Il film è anche una metafora del progresso americano.
[2] A Machine i fiori sono di carta, gli animali sono impagliati, le industrie Dickinson trattano metalli.
[3] In Ghost dog Forrest Whitaker elimina due cacciatori colpevoli d'aver ucciso un orso. “Nelle antiche culture” sentenzia il protagonista “l'orso è pari all'essere umano”.
[4] Webbaticy, Dead man