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MAKING MOVIESAL CINEMA
Amy
Asif Kapadia
2015  (Universal)
SOUNDTRACKS / ROCK MOVIES / MUSICAL
all MAKING MOVIES
14/07/2017
Asif Kapadia
Amy
L'operazione per quanto aperta a dubbi morali, non è puro opportunismo: si cerca di fare un ritratto a tutto tondo, senza mai dimenticare la musica, scritta e cantata, anche quando la musica sembra avere poco a che fare con la vita di Amy.

La voce graffiante, dalle sonorità jazz ma così adatta anche a quel pop raffinato e commerciale.
Il trucco pesante, anni '50 come il look, a rendere unica una bellezza non proprio convenzionale, i capelli sempre più imponenti, la magrezza impressionante.
Esplosa in tutto il mondo con quel Back to Black malinconico e arrabbiato, seguita da un Rehab in cui non voleva chiudersi.
E poi, il gossip che prende il posto della musica, i suoi eccessi, le sue sbandate, il marito in carcere, le droghe pesanti, i concerti in cui non cantava, biascicava, a stento si reggeva in piedi.
Questa era Amy Winehouse, partita dal jazz di classe ed emozionante di Frank, partita dal nulla, da un'infanzia non proprio felice, senza un padre che abbandona la famiglia, con la sua voce, le sue canzoni a farla uscire dall'anonimato.
Quello che poi è diventata -una macchina da soldi per i giornali scandalistici e per i paparazzi che aspettavano l'ennesimo scandalo sotto casa- lo sappiamo bene.
Fino al giorno in cui, sola nel suo appartamento, sola a 27 anni, Amy se n'è andata.
E così le battute, le prese in giro al suo riguardo, tacciono.
E si cerca di capire, di tornare indietro.
Da quel 23 luglio 2011, libri, interviste sono stati scritti e rilasciati, e a fare ulteriore chiarezza è arrivato al Festival di Cannes del 2015 il documentario di Asif Kapadia, che parte dagli inizi per arrivare a quella tragica fine.
L'operazione per quanto aperta a dubbi morali, non è puro opportunismo: si cerca di fare un ritratto a tutto tondo, senza mai dimenticare la musica, scritta e cantata, anche quando la musica sembra avere poco a che fare con la vita di Amy.
E così da quel jazz cantato in una piccola band, alla costruzione di un successo di settore come Frank, fino all'esplosione di Back to Black, con in mezzo tutti gli eccessi derivati dal trasferimento a Camden Square, dal conoscere quel Blake che poi diventerà suo marito e iniziatore alle droghe pesanti, nonché musa ispiratrice dei versi più sofferti. La scalata nel mondo della musica, con pause di anni e ritorni in grande stile, viene raccontata attraverso le parole di manager e produttori, mentre a farne un ritratto intimo, psicologico, sono le parole di un padre che in quanto a colpe ha di che riflettere (e che da questo documentario ha preso le distanze, dichiarando di volerne produrre uno più sincero), delle amiche che hanno cercato fino all'ultimo di aiutarla ad uscire da quel girone infernale composto da eroina, crack, cocaina e alcool, di Blake stesso, in carcere al momento della morte.
Ne esce un documentario schietto e sincero, in cui inevitabilmente si resta allibiti da come una voce così unica, riconosciuta anche dai più grandi come Tony Bennett, abbia potuto spegnersi e annientarsi, abbia potuto essere spremuta da quel grande mostro che è l'industria musicale, sbattuta su un palco sul quale non voleva stare, incapace di reggere da sua stessa ammissione, tutto quel successo, tutto quella pressione.
Il ritratto di Amy Winehouse va quindi sotto quel trucco e quei capelli, va sotto l'anima tormentata dell'artista, va sotto la ragazza che si inebria e si annienta, restituendoci una ventisettenne con evidenti problemi, mal gestiti, mai risolti.
Lontano comunque dalla completezza artistica del documentario dedicato a Kurt Cobain, Amy cerca più che la verità, il racconto, non distogliendo mai l'attenzione dalla protagonista: le interviste appaiono come voice over sopra ai numerosi video dell'artista, privati o meno, che non disdegnava di riprendersi, di farsi riprendere dagli amici, per poi chiudersi comunque e lasciar parlare foto e video dei paparazzi.
Un racconto che arricchisce noi, che la conoscevamo quasi più per gli eccessi che non per i meriti artistici, e ci lascia senza parole, a volerla ascoltare ancora.