Ian Fraser e Luke Gruntz di Cobourg, Ontario, sono amici dall’età di 4 anni. Increduli? La testimonianza del fatto che si conoscono da tutta la vita la troviamo proprio sulla copertina dell’album: una vecchia foto scattata dalla loro maestra d’asilo quando entrambi, inconsapevolmente, erano venuti a scuola indossando maglioni abbinati.
Scelta bizzarra? Forse, ma riflettendo sulla storia dei due ragazzi, non poteva esserci una migliore rappresentazione per quello che è il loro primo atteso Long Playing, Bummer. Ian e Luke, infatti, non sono due semplici conoscenti, ma proprio due amici cresciuti assieme per una vita intera, tra le strade di una piccola cittadina canadese di circa 18.000 abitanti: l’interesse per la musica emerso per entrambi all’età di 8 anni grazie agli AC/DC, le prime sperimentazioni in sala di registrazione nel corso dell’adolescenza, per poi arrivare sui vent’anni e fondare da un lato un collettivo chiamato New Rock Mafia (incentrato sullo sviluppo, la distribuzione e la difesa della “musica fatta con le vere chitarre”) dall’altro i Cleopatrick, il loro duo chitarra-batteria.
Come Cleopatrick i due ragazzi sono attivi dal 2015 e, sempre rigorosamente con la loro etichetta autoprodotta, la Nowhere Special Recordings (distribuita da Thirty Tigers), sinora hanno pubblicato solamente due EP: 14 nel 2016 e The Boys nel 2018. Il loro nome, però, ha iniziato a diventare popolare nel circuito del rock alternative nel 2017, quando hanno diffuso sulle varie piattaforme il singolo “Hometown”, il quale ha raggiunto la sesta posizione nelle classifiche rock statunitensi.
Con Bummer quindi, Ian e Luke, aiutati nella registrazione e produzione dall’amico fraterno e membro aggiunto Jig Dub, si cimentano per la prima volta con un album vero e proprio, dimostrando che sono in grado di rispondere alle attese di fan e critica per un prodotto maggiormente strutturato.
Le sonorità del duo si muovono decise tra l’alternative rock à la Catfish & The Bottlemen, Highly Suspect e i primi Royal Blood, il garage/grunge più sporco quasi alla Nirvana e l’hip-hop.
Se però con i singoli e gli EP precedenti il suono era più pulito, con Bummer i ragazzi non hanno voluto fare prigionieri, puntando tutto su riff decisi e sporchi, distorti fino all’impossibile grazie ad un massiccio uso dei pedali fuzz della chitarra e del feedback. L’effetto complessivo, esagerato in fase di missaggio, rende la loro proposta ancora più scarna e rumorosa, al limite del caos sonoro e per questo molto più vicina ad un attitudine di nirvaniana memoria di quanto non abbiano mai avuto prima.
Da un lato questa caratteristica li rende decisamente deflagranti e valorizza la loro anima underground, dall’altro impasta un po’ troppo il suono, omogeneizzando una creatività musicale realmente valida e rischiando di minare la loro fruizione da parte di un pubblico meno disposto a scavare sotto la patina del rumore.
Rispetto ai testi, invece, la politica dei ragazzi è chiara: al bando i finti cliché del rock’n’roll, “vogliamo cantare canzoni che tutti nella folla si sentano a proprio agio a cantare”. Nel loro caso, quindi, si pesca a piene mani dalla vita di provincia: i primi concerti, gli incontri con gli ex bulli del liceo e il senso di impotenza che si prova nello scoprire che un'altra band ha copiato una delle loro canzoni o che non si riesce a fermare una rissa scoppiata sotto i propri occhi. Insomma, quel miscuglio di frustrazioni, disagi e voglia di riscatto che qualsiasi persona ha provato nella propria vita e che può sentire propri, nel momento in cui li canta a squarciagola pogando sotto un palco.
Genuini, onesti, underground e do-it-yourself fino al midollo, sporcati di anni Novanta fino nell’anima, innamorati del rock e delle chitarre e pronti a qualsiasi cosa per gli amici di una vita. I Cleopatrick sono la nuova riposta all’alternative rock, ancora agli esordi ma con tanto talento e tante potenzialità per diventare grandi, guidati dalla sola volontà di farsi valere e di divertirsi, ora e sempre assieme ai loro amici.