Matthew Shepard è un giovane brillante e intelligente, ha ventun anni e frequenta l’Università del Wyoming. Potrebbe avere un futuro radioso e ricco di soddisfazioni, ma così non è. Matthew è gay e fatica a convivere col disprezzo altrui. Matthew, a soli diciannove anni, durante una vacanza in Marocco è stato aggredito e stuprato, e quell’esperienza lo ha segnato profondamente, provocandogli depressione e continui attacchi di panico. Matthew prova a reagire, a trovare la forza per vivere, ad avere un’esistenza “normale”: esce con gli amici e frequenta locali, come fanno tutti i giovani della sua età. Ma non può e non vuole nascondere la propria natura omosessuale, anche se sa bene che, spesso, la gente è malvagia e ostile verso i presunti “diversi”.
Il 6 ottobre 1998, Matthew conosce due ragazzi in un pub di Laramie. Si chiamano Aaron McKinney e Russell Henderson, sono simpatici e amichevoli. I tre fanno amicizia, chiacchierano e scherzano come succede in quelle serate in cui si è alzato un po' il gomito e anche un incontro occasionale prende le sembianze di un’amicizia di lunga data.
I due si offrono di riaccompagnarlo a casa e Matthew, ingenuamente, accetta. La destinazione, invece, è un posto isolato, un campo appena fuori città, dove quelli che sembrava due amichevoli ragazzi, si trasformano in bestie. Non solo lo derubano, ma siccome è uno “sporco frocio”, lo seviziano atrocemente e lo massacrano di botte, lasciandolo agonizzante su uno steccato. Qualche ora dopo, un ciclista passa davanti al campo e vede in lontananza una sagoma che gli sembra quella di uno spaventapasseri. Prosegue la sua strada, ma poi ci ripensa, perché la posa innaturale della sagoma gli ha fatto venire un sospetto, e quando torna sui suoi passi capisce che quello è il corpo di un uomo. E’ il corpo di Matthew Shepard, che morirà il 12 ottobre, senza aver mai più ripreso conoscenza.
La storia, però, non finisce qui, perché non c’è limite all’imbecillità umana. Il giorno del funerale del povero Matthew, infatti, un gruppo di omofobi, appartenenti a una chiesa battista della zona, si presenta al cimitero innalzando cartelli con su scritto: “Matt Shepard marcisce all'inferno” e “Dio odia i froci”. Quegli stessi fanatici, diventarono, poi, una presenza costante al processo a carico di Aaron McKinney e Russell Henderson, sostenendo senza vergogna i due feroci assassini. Ci pensarono gli amici di Matthew e alcuni militanti delle associazioni per i diritti dei gay, a metterli a tacere: si vestirono da angeli con grandi ali bianche, e li circondarono, in modo da renderli invisibili alle telecamere e al pubblico.
Per la cronaca, Aaron McKinney e Russell Henderson sono stati condannati a due ergastoli ciascuno senza possibilità di riduzione della pena.
Melissa Etheridge, cantante e songwriter americana, nonché appassionata attivista per i diritti omosessuali e icona della comunità lesbica, fu colpita profondamente da quel fatto di sangue, tanto da voler dedicare allo sfortunato Shepard una canzone, che inserirà nel suo sesto disco in studio, intitolato Breakdown, uscito esattamente un anno dopo la terribile vicenda. Il brano, un ruvido rock in perfetto stile Etheridge, s’intitola Scarecrow, spaventapasseri, riferendosi al particolare inquietante relativo al ritrovamento del corpo di Matthew. Le liriche sono crude e dirette, militanti e rabbiose, quando puntano l’indice contro lo Stato e la società, straordinariamente poetiche, quando parlano dell’agonia del povero ragazzo.
L’incipit appassionato è un j’accuse diretto verso le istituzioni: “Il tuo sangue cremisi filtra come un diluvio su una nazione di menti ristrette, che legiferano intolleranza sottilmente velata, bigottismo e odio”. Un’accusa esplicita e scevra da fraintendimenti, ribadita nella seguente strofa intrisa di amara ironia: “Ma ti hanno torturato e bruciato, ti hanno picchiato e ti hanno legato, ti hanno lasciato freddo ma ancora vivo, per amore ti hanno crocifisso”.
E’ questa ultima immagine, un ragazzo crocefisso, a riempire gli occhi di sgomento e dolore:” Non posso dimenticare…questa silhouette contro il cielo, spaventapasseri che piange, in attesa di morire, chiedendosi perché…Gli angeli porteranno via la tua anima”. Alla rabbia, segue l’incredulità per un fatto di sangue tanto orribile, e l’empatia e l’immedesimazione verso quel povero ragazzo, ucciso solo per immotivato odio: “Questo era nostro fratello, Questo era nostro figlio Questo pastore giovane e mite, Questo (ragazzo) senza pretese. Siamo tutti senza fiato, questo non può succedere qui. Siamo tutti troppo civilizzati. Dove possono nascondersi questi mostri?”.
E ancora. “Cerco la mia anima, il mio cuore e nella mia mente, per cercare di trovare il perdono…Posso perdonare ma non dimenticherò”. Esiste una strada per il perdono, si domanda la Etheridge? Forse si, ma ciò che importa, perché questa morte atroce non sia stata vana, è non dimenticare. Mai.