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REVIEWSLE RECENSIONI
20/07/2022
Michael Monroe
I Live Too Fast To Die Young
Iconico e roccioso come ai bei tempi degli Hanoi rocks, Michael Monroe torna con un vibrante disco punk rock, che suona fresco e credibile come quarant'anni fa.

Il paragone con un viro rosso, strutturato e complesso, è scontato, ma quasi inevitabile. Perchè Michael Monroe, come un barolo d’annata, migliora ogni anno che passa, e il suo secondo album per la Silver Lining Music va ad aggiungersi a una scintillante discografia, iniziata decenni fa a capo dei favolosi Hanoi Rocks. Sono passati addirittura treantacinque anni dal suo primo album solista, Nights Are So Long, e Monroe non solo non ha praticamente sbagliato un colpo, ma continua a scrivere canzoni all’altezza delle cose migliori del proprio glorioso passato.

I Live Too Fast to Die Young è un disco di una potenza espressiva e di una freschezza che lascia a bocca aperta: undici canzoni di punk rock vibrante, i cui spigoli vengono appena smussati da melodie innodiche e ballate dolci amare ricolme di nostalgia. L’opener "Murder the Summer of Love" è una devastante sciabolata rock, un brano che vibra ancora come le prime cose degli Hanoi Rocks, le chitarre spiegate in favore di vento, l’adrenalina che scorre a fiumi. La successiva "Young Drunks Old Alcoholics" non è da meno, sfodera un maligno ghigno punk e schizza a velocità ipersonica per le strade della città, contravvenendo a tutte le norme del codice della strada.

E siamo solo all’inizio di un disco che ha tantissime carte da giocare e una varietà espressiva davvero terrificante. Il mood lunatico di "Derelict Palace" fa pensare addirittura a dei Cure vestiti di borchie e con la sigaretta che pende dal labbro, "All Fighter" è un’esiziale raffica punk ad altezza uomo trascinata da un assolo di chitarra sfrigolante, mentre "Everybody’s Nobody" è melodica e nostalgica quanto basta per inumidire l’occhio con una lacrimuccia.

Monroe si porta dietro tutto il suo bagaglio musicale, continuando, però, a stupire l’ascoltatore, perché quegli abiti vintage sono tutt’altro che logori, e possiede una classe da autentico fuoriclasse, oggi nutrita da quarant’anni di esperienza. Così, Monroe si può permettere anche di piazzare a metà disco una romantica ballata per pianoforte e voce ("Antisocialite"), di quelle da cantare tutti insieme sotto il palco, accendino alla mano, salvo, poi, tirar fuori nuovamente la grinta rock’n’roll con una irresistibile "Can’t Stop Falling Apart" dai contorni sonori stonesiani. La successiva "Pagan Prayer" ti sbatte in faccia alla velocità della luce un indomito retroterra punk, mentre l’ariosa e malinconica "No Guilt" sposta nuovamente la direzione del disco verso altri lidi, forse più rassicuranti ma non meno incisivi. La title track, basso e batteria in apertura ad introdurre grintosissimi riff di chitarra, vede come ospite il grande Slash, che assesta come colpo da ko un assolo dei suoi. Chiude il disco l’ombrosa "Dearly Departed", una canzone fuori sincrono rispetto al mood della scaletta, eppure, nonostante ciò, stranamente magnetica e affascinante.

Quando l’album finisce, il desiderio è quello di rimettere nuovamente la puntina sul primo solco e riascoltare tutto da capo. Perché I Live Too Fast To Die Young non è solo un disco riuscito e zeppo di belle canzoni, ma è anche l’ennesima straordinaria prova di uno di quegli eroi che, a coloro che hanno l’età del sottoscritto, non può che evocare i giorni belli della gioventù. Se è vero che molti vecchi rocker, che si ostinano a suonare la propria musica nonostante il tempo che inesorabilmente passa, suscitano talvolta un po' di tristezza, al contrario, Michael Monroe continua, invece, a incarnare l’immagine di uno spavaldo ventenne, perché il suo punk rock, nonostante qualche ruga di troppo, è ancora vibrante e intenso come te lo ricordi nei primi album degli Hanoi Rocks, comprati, ormai, la bellezza di quattro decenni fa.