Tra tutte le città degli Stati Uniti con una lunga tradizione musicale, Nashville è forse quella che viene meno spontaneo associare a Sophie Allison. Eppure è nella capitale del country che Sophie è cresciuta e si è formata musicalmente, anche se il primo concerto con il monicker Soccer Mommy lo ha tenuto a New York mentre frequentava il college. Firmato un contratto con la Fat Possum, Allison ha abbandonato gli studi ed è tornata in Tennessee, dove prima ha pubblicato Collection, una rielaborazione dei brani caricati su Bandcamp, e poi il disco di esordio vero e proprio, Clean, finito in cima a molte delle classifiche di fine anno della stampa specializzata. Da lì il passaggio a un’etichetta più grande è stato quasi naturale e così per Loma Vista (distribuita da Universal) due anni fa è uscito Color Theory, che ha confermato Sophie come una delle autrici più interessanti della sua generazione (è nata nel 1997), e ora Sometimes, Forever, prodotto da Daniel Leopatin, artefice del successo di Dawn FM di The Weeknd.
Sulla carta, l’accoppiata formata da Soccer Mommy e Oneohtrix Point Never è abbastanza bizzarra. Entrambi sono revivalisti, ma se Allison guarda agli anni Novanta, tanto che la sua musica tutto sommato è un riuscito incrocio tra la Liz Phair di Exile in Guyville e la Natalie Imbruglia di Left of the Middle (con una spruzzata di Slowdive), Leopatin è fissato con i sintetizzatori analogici, l’elettronica esoterica e ha come totem il rigore formale di Vangelis e l’afflato psichedelico dei Tangerine Dream. I due però hanno trovato un terreno comune nei tardi anni Ottanta/primi anni Novanta, quando band come Cocteau Twins, The Cure e The Jesus and Mary Chain hanno iniziato a coniugare malinconia e atmosfere sognanti, melodie eteree e paesaggi sonori sensuali, creando il dream pop. “Losing True”, un pezzo delle Roches del 1982 prodotto da Robert Fripp, inoltre, ha ispirato le intricate melodie vocali create da Allison per il disco, tanto che Leopatin ha affermato: «Direi che quella canzone è la nascita del dream pop, mentre il disco di Sophie ne è la morte!».
Registrato a Nashville nei mitici Sound Emporium Studios di “Cowboy” Jack Clement, Sometimes, Forever si pone il duplice obiettivo di fissare su disco il sound live di Soccer Mommy come band (qui composta dal fidanzato Jules Powell alla chitarra, Rodrigo Avedano alle testiere e alla chitarra, Nick Widener al basso e Rollum Haas alla batteria) e allo stesso tempo introdurre nuove idee sonore, una su tutte il recupero dello shoegaze. Il risultato è senza dubbio il lavoro più maturo di Sophie Allison, protagonista qui di una notevole crescita sia come autrice sia come performer.
Le intuizioni sonore di Leopatin (affiancato dal collaboratore di sempre Gabe Wax) colpiscono nel segno e hanno il merito di non andare a toccare le fondamenta su cui si regge il progetto Soccer Mommy, ma anzi di conferirgli quella spinta decisiva che gli permette di spiccare definitivamente il volo, regalandogli ricchezza e profondità. Sono un segno evidente di ciò le chitarre trattate dell’iniziale “Bones”, oppure l’utilizzo massiccio dei synth in un pezzo come “With U”, che lo trasformano in un piacevole trip psichedelico.
Dal momento che la musica di Allison procede fluttuando, la velocità di crociera dell’album non è mai particolarmente sostenuta, anche se non mancano pezzi come “Unholy Affliction” e “Shotgun”, che provano a strattonare l’ascoltatore e smuoverlo dalla bruma, il primo con intuizioni electro e il secondo con un incipit bubblegum pop alla Shivaree, prima di arrendersi nuovamente al sogno. Si torna così ad atmosfere oniriche con “NewDemo”, che poggia su di un giro di chitarra incorniciato da un pattern di tastiere eteree, mentre “Darkness Forever” rilegge i Portished in chiave grunge.
Dai bpm più elevati è “Don’t Ask Me”, un pezzo che sembra una outtake dei My Bloody Valentine, mentre lambisce territori emo “Fire in the Driveway”. La successiva “Following Eyes” è invece un country blues allucinato, mentre “Feel It All the Time” è una hit mancata della Sheryl Crow degli esordi. Il disco si chiude sulla chitarra nostalgica alla Mazzy Star di “Still”, l’approdo perfetto di un viaggio affascinante, capace di dare un nuovo punto di vista ad argomenti musicali già esplorati e che grazie alla visione fresca e incontaminata di una autrice ambiziosa e di un produttore audace sono ancora in grado di offrire parecchie sorprese.