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REVIEWSLE RECENSIONI
19/01/2023
Enuff Z'Nuff
Finer Than Sin
Un'ulteriore e dignitosa prova dgli Enuff Z'Nuff, che dopo il disco di cover beatlesiane dello scorso anno, tornano con una raccolta di brani inediti.

Gli Enuff Z’Nuff hanno subito così tanti cambi di formazione, che a tenere il conto c’è da farsi girare la testa; eppure, ciò nonostante, se c’è una band che, caparbiamente, continua ad andare per la sua strada, sono proprio loro, grazie all’uomo che ha dato inizio a tutto, il bassista, e dal 2016, anche cantante, Chip Z'Nuff.

Finer Than Sin è il diciassettesimo album in studio della band, che non molla un colpo dal lontano 1989, anno della pubblicazione dell’omonimo esordio, e continua a dimostrarsi un progetto valido, lontano dalle rotte commerciali, ma sempre in grado di rilasciare album interessanti, forse non più al livello degli anni d’oro (gli anni ’90, per intenderci), ma sicuramente di valore artistico indiscutibile.

Questo nuovo album testimonia la longevità e, soprattutto, la tenuta artistica della band, come già era evidente nelle ultime pubblicazioni in ordine di tempo, e cioè gli ottimi Brainwashed Generation (2020), album decisamente più pop, e Hardrock Nite (2021), il disco interamente dedicato a cover di brani dei Beatles.

Le ombre oscure nella musica e nei testi di ZNuff restano un marchio di fabbrica, come la voce di Chip, che in "Catastrophe", affronta il tema della droga attraverso parole che sembrano essere rivolte all’ex vocalist della band, Donnie Vie. Un tocco crepuscolare che non manca anche all’atonale e inquieta "Steal the Light", mentre altrove il sognwriting si fa più brillante, come in "Intoxicated", la cui elegante melodia, costruita su una splendida linea di basso discendente, richiama alla mente i migliori Cheap Trick.

Gli Enuff Z’Nuff continuano a fare con consapevolezza il proprio lavoro, e la miscela di glam, hard rock, power pop e psichedelia, per quanto risaputa, è ancora capace di risultare intrigante, senza mostrare la corda dovuta ai tanti decenni attraversati dalla band. Così, quando parte "Hurricane", con il suo carico di psichedelia pop guidata da archi sintetizzati e dal dolce suono dell’armonium, i vecchi leoni riescono ancora a stupire, dimostrando un’invidiabile forma e una scrittura che centra il bersaglio con disarmante semplicità.

L’aspetto migliore di questo lavoro risiede, in buona parte, anche in un’ottima produzione, che consente a Finer Than Sin di scostarsi dal suono prevedibile di tanti dischi di rock melodico, anche se, alla fine, tuttavia, qualche brano più rock e grintoso avrebbe giovato alla causa. In scaletta, anche la cover di "God Save The Queen" (omaggio alla defunta regina?) dei Sex Pistols, che, comunque, non aggiunge o toglie alcunchè a una prova più che dignitosa.