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REVIEWSLE RECENSIONI
31/10/2017
Gregory Porter
Nat King Cole & Me
Porter è un grande talento, ma così rischia di sprecarlo. Ah, il segnuccio, il segnuccio, son cazzi quando arriva...

Un segnuccio.

Lo si dice dalle mie parti, in quella parte di Toscana contadina a metà strada tra Firenze e Siena, una no man’s land fatta di vecchi bestemmiatori seriali che frequentano le chiese alla domenica mattina. Un segnuccio: quando le cose non vanno come dovrebbero andare e le aspettative sono deluse. Non sono sicuro (e come potrei?) che anche per Gregory Porter sia arrivato il momento del “segnuccio”. Sì, perché qualcuno mi dovrebbe spiegare il motivo per cui una voce sì bella, dopo due notevoli album, Water e Be Good, sia stata messa al servizio di lavori alquanto soporiferi, rinunciando a sviluppare quella notevole indole Soul che il nostro avrebbe da regalare a tanti apprendisti stregoni del canto.

Prendi anche questo Nat King Cole And Me, dove Porter in dodici cover omaggia il cantante afroamericano, icona di stile ed eleganza nonché una delle più belle voci che mi sia stato dato di ascoltare. Fin qui poco male, verrebbe da dire, bella raccolta, grande voce, belle orchestrazioni ma il fatto è che il segnuccio incombe immantinente: ma che motivo aveva Porter di uscirsene con un album così, formalmente perfetto ma quasi una copia carbone delle canzoni originali, come se non avesse nient’altro da dire?

Il fatto poi che da amante delle versioni di Nat King Cole e di come fossero già definitive di per sé, trovo alquanto difficile arrivare in fondo al disco.

Altra piccola nota negativa, in un omaggio a Nat King Cole non puoi non cantare “Stardust”.

Mi aspetto ben altro da Porter, e mi auguro che un Danger Mouse o chi per lui si muova nel convincerlo a buttarsi su qualcosa con più groove e meno scontata degli ultimi lavori.

Porter è un grande talento, ma così rischia di sprecarlo.

Ah, il segnuccio, il segnuccio, son cazzi quando arriva...