Chiara Floris ha lavorato ancora una volta dall’Inghilterra, dove risiede stabilmente, dando nuovamente voce alla sua Sardegna, terra d’origine e principale fonte di ispirazione. Nou arriva a due anni di distanza da Notte, l’esordio che l’aveva rivelata agli occhi del pubblico.
Nonostante il titolo (che in sardo significa “nuovo” e che qui riflette più che altro l’idea di creare “senza un fine ultimo”, come lei stessa ha spiegato) non ci sono grossi cambiamenti, semmai una maggiore cura nei dettagli e nell’impronta generale, frutto anche di un team di produzione numeroso e illustre, laddove il primo lavoro nasceva soprattutto in casa, da demo registrati con l’ausilio di un IPhone.
Alla base di tutto c’è un concept incentrato sulla femminilità, con diverse figure che si alternano tra un brano e l’altro, significative già a partire dall’iniziale “Creusa”, che dà il titolo ad una breve traccia strumentale e che, nel personaggio evocato, ci mette davanti alla dimensione del sacrificio, accettazione dell’allontanamento per permettere all’altro di realizzare il proprio compito (nella versione di Virgilio, Creusa, moglie di Enea, morirà nella devastazione di Troia, perché gli dei non le hanno permesso di seguire il marito in viaggio verso l’Italia). Andando avanti, lo spettro delle figure trattate si fa più ampio, dalla mitologia greco-romana si passa al folklore sardo (le Janas di “Moonlight”), alle suggestioni letterarie (“Sula” è un personaggio del romanzo di Sergio Atzeni Passavamo sulla terra leggeri, anch’esso dedicato alla Sardegna) e a personaggi reali (Adele Madau, violinista e compositrice, che ha ispirato “Madau”).
Tante donne anche nella squadra che ha realizzato il disco: Valeria Cherchi e Ida Lissner, che si sono occupate della parte visiva (da sempre al centro del progetto Bluem, esattamente come la musica; ce ne accorgeremo senz’altro dal vivo, nel frattempo ci si può fare un’idea ammirando le suggestive foto che accompagnano la release). E poi Yasmina, featuring perfettamente riuscito in “Moonlight”, e Francine Perry, che ha lavorato al mixer.
Tanti i nomi coinvolti anche nel lavoro di produzione, a significare che, nonostante la scarsa durata, si tratta di un lavoro senza dubbio più ambizioso del precedente: Arssalendo, Giumo, Luigi Visconti, Bawrut, Malakay sono i nomi che hanno aiutato Chiara dietro la consolle, nel realizzare un lotto di canzoni in possesso di un’identità sonora ben definita.
Ripeto, cambia poco nella sostanza, siamo sempre di fronte ad un’elettronica asciutta e minimale, notturna nel mood, malinconica nelle suggestioni, echi di Trip Hop e Bristol Sound in sottofondo, la lezione di FKA Trigws mandata a memoria, ma sempre con un’attenzione particolare alla propria terra d’origine, che si infila sotto la pelle di queste canzoni; non è il tema principale, come invece accade nei lavori di Iosonouncane, ma è comunque un fattore che contribuisce a definire e a plasmare il songwriting.
Interessante anche notare un’accentuata vena Pop, ben visibile in episodi come “Angel”, “Moonlight” e “Piano Song”, dove la voce di Chiara, affascinante e particolare a livello timbrico, si erge protagonista, con linee melodiche di enorme efficacia. Oltretutto il cantato che alterna l’italiano all’inglese dona un tocco di ulteriore fascino alle canzoni e le rende paradossalmente più legate alle composizioni strumentali, che sono quelle dove il lato più elettronico e da producer del progetto Bluem ha modo di mettersi in evidenza.
Un’artista non allineata e, per quanto possibile di questi tempi, addirittura originale; senza dubbio tra le cose più interessanti uscite quest’anno nel nostro paese.