Stefano Sollima è cresciuto artisticamente sui set del padre Sergio, una scuola che gli è valsa più di tante accademie del cinema o corsi di regia. Sollima jr. ha respirato cinema fin dalla tenera età e dalle inclinazioni del genitore ha ereditato la fascinazione per l'ambiente criminale che in alcune occasioni anche papà Sergio aveva battuto (da regista si intende: Città violenta del 1970, Revolver del 1973). In questo campo il figliolo non ha nulla da invidiare al padre, anzi, Stefano è oggi uno dei maggiori esponenti del crime italiano avendo partecipato e diretto opere fondamentali come la serie televisiva Romanzo criminale, questo Suburra (che genererà poi l'omonima serie tv), è stato tra i direttori dell'osannata Gomorra, e poi ancora ZeroZeroZero, in passato episodi per La squadra e Crimini e ancora film come A.C.A.B., Soldado e il prossimo, sempre in tema, Adagio.
Per Suburra, come già fatto per Romanzo Criminale, Sollima torna a un testo dello scrittore e magistrato Giancarlo De Cataldo, che scrisse l'omonimo romanzo insieme a Carlo Bonini, già autore del libro A.C.A.B - All cops are bastards. Lo stile narrativo portato sullo schermo dal regista romano risuona delle stesse vibrazioni della scrittura di De Cataldo, entrambi gli autori sono infatti capaci di tradurre in finzione un'epica criminale realmente esistente senza per questo mitizzarne i protagonisti, che escono dal racconto (quando ne escono) sempre come le figure negative e detestabili che in realtà sono, con un occhio all'attualità ma sempre con ben in mente la costruzione di una finzione che possa arrivare al pubblico nel migliore dei modi e, diciamocelo, Suburra arriva benissimo.
Siamo nel Novembre del 2011, a Roma, nei giorni in cui la massima carica della Chiesa Cattolica sta pensando di abdicare al suo mandato. Anche la politica è in fermento, il Governo sembra possa cadere da un momento all'altro o quantomeno andare incontro a un forte rimpasto.
In questo clima di confusione il parlamentare Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino) sta cercando di far passare una legge grazie alla quale sarà possibile riqualificare tutto il litorale di Ostia, un progetto enorme al quale sono interessate la vecchia criminalità romana, le famiglie del crimine organizzato del Sud Italia e i gestori della malavita di Ostia capeggiati da Aureliano Adami detto Numero 8 (Alessandro Borghi).
Durante un festino a base di sesso e droga organizzato da Malgradi con due giovani prostitute una delle due muore; qui entra in scena Spadino (Giacomo Ferrara) chiamato dall'altra prostituta, Sabrina (Giulia Elettra Gorietti) per disfarsi del cadavere. Così ora c'è almeno un testimone di troppo, Malgradi diventa ricattabile e Spadino è fratello di Manfredi Anacleti (Adamo Dionisi), il capostipite di una schiatta criminale e spietata di zingari arricchiti, cosa che non promette per niente bene.
Quando la situazione inizierà a scaldarsi a tutelare il politico arriverà Samurai (Claudio Amendola), nome storico, rispettato e temuto, della malavita romana, ovviamente non per amicizia ma per interessi tutti suoi. In mezzo a tutto questo caos verrà trascinato anche il giovane imprenditore Sebastiano (Elio Germano), amico di Sabrina.
Narrazione potente e calibrata quella di Sollima, sostenuta da un lavoro certosino in fase di sceneggiatura alla stesura della quale partecipano anche De Cataldo e Bonini. Sul piano squisitamente narrativo sembra che Suburra viva di pezzi ad incastro, chiari e leggibilissimi, che un poco alla volta vanno a chiudere un cerchio, andando però non a comporre un quadro o un puzzle, ma muovendosi invece fino a farlo deflagrare, come indica anche la scelta didascalica di Sollima, che introduce i vari momenti del film con un conto alla rovescia verso l'apocalisse. È un po' come se dei rapaci volteggiassero su Roma per fiondarcisi sopra a chiudere su un finale esplosivo e nerissimo imbevuto di una punta di giustizia deviata, malata e sbeccata d'amore.
Suburra inanella diversi momenti realmente drammatici, in cui il dramma, la paura, il dolore e la disperazione vengono avvertiti dallo spettatore in maniera profonda. È un film molto studiato Suburra, o almeno dà l'impressione di esserlo, un film che vuole arrivare a colpire lo spettatore e riesce a farlo senza usare mezzucci grazie anche a un cast di ottimo livello.
La miscela respingente di politica, religione, imprenditoria e criminalità riporta a chiare lettere all'attualità contemporanea e il film (che ha poco meno di dieci anni ma la storia in fondo è ancora sempre quella) dipinge personaggi di una barbarie inconcepibile, ma purtroppo ormai non così difficile da credere. Respiro internazionale per un film nostrano, molto italiano, molto romano, che non ha davvero nulla da invidiare a prodotti d'oltreoceano. Chapeaux.