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REVIEWSLE RECENSIONI
13/03/2024
Th’ Losin Streaks
Last House
Il gruppo di Sacramento torna dopo qualche anno con la sua ultima prova: “Last House”. A dispetto del tempo passato, l’approccio garage è fortunosamente rimasto intatto e senza ruggine. Per tutti gli amanti del suono Sixties nudo e puro, ecco il primo grande disco del 2024!

Come già scritto nella recensione di Snake Oil delle Darts (vedasi qui) sotto il termine (coniato in epoca successiva) garage punk, viene individuata tutta una serie di band che riprende lo spirito del rock dei primi anni Sessanta, basato su un suono puro, primitivo, che si fonda su riff diretti e senza fronzoli, basico nei suoi elementi e antipsichedelico per definizione.

Dopo i primi tour negli States da parte dei Beatles e dei Rolling Stones, in tutti gli Stati Uniti d’America fiorirono una miriade di band assolutamente sconosciute ai più, con una popolarità assolutamente marginale, il più delle volte relegate ai bachelor party o alle feste universitarie, se non agli ancora più giovanili high school party, dedite a riproporre una versione del rock ancor più selvaggia e deragliante rispetto ai “cugini” britannici.

Tutti questi ragazzi suonavano un rock primordiale, filtrato da uno spirito adolescenziale di rivolta (che a posteriori sarà definito punk), non ancora contaminato dalla psichedelia e del flower power.

 

Di tutta questa enorme produzione musicale col passare degli anni se ne persero le tracce, fino a quando, nei primi anni Ottanta, grazie all’opera meritoria di alcuni amanti di tale suono, vi fu una rinascita, grazie anche alla diffusione di molte compilation che riproponevano una serie di “oscure gemme fuzz”.

La più nota (e anche forse la maggiormente curata a livello filologico) fu sicuramente Back from the Grave, curata da Tim Warren, fondatore della Crypt Records, anche se in ordine cronologico la prima fu Nuggets, seguita da Pebbles, e poi a cascata molte altre: Highs in Mid Sixties (con i volumi divisi per Stato di appartenza dei gruppi presentati); la collana Texas Punk (geograficamente definita) della Cicadelic, e ancora Garage Punk Unknown, Boulders, etc.

Dopo la seconda era aurea del garage punk, il genere ha continuato ad avere una nicchia, sia di act sia di ascoltatori, che continuano ad amare quel sound che trasuda di spontaneismo punk ante litteram.

 

Tra la schiera di accoliti al culto fuzz, tornano a noi dopo qualche anno di pausa questi quattro ragazzi di Sacramento, capitale della California, e sin dal primo pezzo, “I mean you”, siamo proiettati in un caleidoscopio di puro Sixties sound, con chitarra fuzz, basso e batteria che pestano, con il corredo di organo che ci ricorda il perché questa musica entra sempre nel cuore di chi la ama.

Subito dopo ecco “Me’n’Z”, degna prosecuzione di un jungle sound che nel suono elementare e scalcinato non può che entusiasmare l’amante del garage puro e crudo.

Il trittico iniziale si conclude con “It’s your time”, fantastica cover di una classica song dei The Weeds, che non può non affascinare con il suo beat cadenzato e ossessivo, oltre che il suo assolo chitarristico assassino.

La successiva “Last House on the block” è il pezzo che maggiormente intriga: uno swamp blues che penetra nelle ossa, lasciando il passo a “The Slink” il primo brano solo strumentale che lambisce i territori della surf music.

 

Ma la baraonda musicale messa in opera di questi ragazzi non conosce momenti di pausa; ecco infatti arrivare “Like to be your man” che porta a far correre la fantasia sulle strade assolate della California, per poi cedere il passo ad un altro brano “smuovi-ossa” come “Shiver and Shake”, dove gli assoli crepitanti della chitarra conducono in cima ad un climax sonoro di assoluta “tregenda”.

E ancora “Cooler Heads” che, con la sua chiusura strumentale, apre le porte a “Dyer Lane”, un ulteriore strumentale basato su un giro di basso lugubre vicino ai Fuzztones più gotici.

Subito dopo cambio di scena con il brano più swing pop dell’album, “Well I never”, ma è solo un attimo di pausa, difatti con “Secret Love” si ripiomba in un beat intriso di chitarra fuzz e di cori e contro cori tra il frontman ed il resto della band, alla pari del seguente “Cake and ice cream too”.

Dopo il baccanale di “Rue de Monteuil”, caratterizzato da un giro acido di armonica, eccoci a “For a while, unico momento rilassato dell’album con le chitarre jingle jangle.

Come bonus track solo digitale troviamo il terzo strumentale “Mangalore”.

 

Che dire di più, per gli amanti del garage punk il primo disco imperdibile del 2024!