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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
28/11/2017
For Carnation
Marshmallows (1996)/For Carnation (2000)
McMahan accarezza la propria sei corde come una lira e scruta la linea dell'orizzonte, correlativo oggettivo di un animo mai increspato dai tumulti del cuore o dalla sensazione della novità.
di Vlad Tepes

I For Carnation ruotano attorno alla figura chiave di Brian McMahan, già con Squirrel Bait e Slint.

Dopo un primo Ep, Fight Songs, il gruppo[1] licenzia Marshmallows, lavoro notevole e già compiuto. Il suono, che discende dagli Slint, si è però ancor più snervato e liberato da ogni tipo di eccitazione. Il brano cardine rimane “Preparing To Receive You”, quasi nove minuti in cui, assieme alla forma canzone, viene rigettato ogni svolgimento positivo o costruttivo; l'andamento monotono, quasi un girotondo esistenziale, presume che tutto sia stato detto o fatto: si rimane in attesa dell'ineluttabile, qualunque esso sia. Questa poetica crepuscolare, in cui l'uomo ha subito uno scacco decisivo, può assumere toni da ballata (la delicata “On The Swing”, l'eponima “Marshmallows”), oppure minacciosi (“I Wear The Gold”) o minimalisti (“Salo”): che sia un'etica della rinuncia?

McMahan accarezza la propria sei corde come una lira e scruta la linea dell'orizzonte, correlativo oggettivo di un animo mai increspato dai tumulti del cuore o dalla sensazione della novità. Ogni passione spenta, egli presagisce la bianca nave della morte. Quietismo postmoderno? Il successivo For Carnation non si distacca da tale impressionismo compositivo: “A tribute To”, “Snooter” sono monologhi intonati al pianissimo, che si snodano fra accenni di percussioni, soffusi accordi di chitarra, blandi effetti elettronici, a metà fra Portishead e i più evoluti Labradford (quelli di Pico, per intenderci). Ancor più rarefatto del precedente, ma più costruito (grazie ad un accorto uso d'elettronica e tastiere), questo nuovo lavoro trova la sua cifra in un sentire spirituale che, come alcune branche della musica d'avanguardia, prende corpo quasi impercettibilmente sulla lunga distanza; l'assenza programmatica di picchi e saliscendi sonori fa sì che il pathos si condensi per accumulo e che possa dirsi compiuto solo alla fine delle sei composizioni.

Un dittico fondamentale che prosegue e rende essenziale la svolta di Spiderland.

 

[1] La prima formazione include Michael McMahan, chitarra; Doug McCombs, chitarra, basso; Johnny Herndon, batteria; Todd Cook, basso; Britt Walford; Dave Pajo. Nel 2000 abbiamo Michael McMahan, chitarra; Bobb Bruno, chitarra, tastiere; Todd Cook, basso; Rafe Mandel, chitarra, tastiere; Steve Goodfriend, batteria; collaborano: John McEntire; Dan Fliegel; Christian Frederickson; Kim Deal.