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REVIEWSLE RECENSIONI
Always Foreign
The World is a Beautiful Place & I am No Longer Afraid to Die
2017  (Epitaph)
ALTERNATIVE
7/10
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12/12/2017
The World is a Beautiful Place & I am No Longer Afraid to Die
Always Foreign
In Always Foreign i TWIABP, alla seconda uscita firmata Epitaph, realizzano forse il loro album più compiuto, all’interno del quale riescono finalmente a fondere pienamente le due anime che maggiormente caratterizzano il loro sound, fatto tanto di fughe strumentali Post Rock quanto di una certa urgenza espressiva figlia del Punk

Cos’è rimasto, nel 2017, dell’Emo? Nato a Washington D.C. all’inizio degli anni Ottanta come variante melodica dell’Hardcore, a partire dagli anni Novanta l’Emo ha inglobato elementi tipici dell’Indie (complessi intrecci chitarristici, forma canzone non convenzionale, utilizzo artistico del rumore, improvvisi cambi di dinamiche), sviluppando un lato Progressive sul quale inserire testi profondamente personali, spesso vere e proprie confessioni formate da parole accostate attraverso la libera associazione. Ogni decennio ha avuto la sua band di riferimento, quella che ha saputo interpretare al meglio lo spirito del genere declinandolo di volta in volta in base alle esigenze (anche commerciali) del momento: negli anni Ottanta ci sono stati gli Hüsker Dü e i Rites of Spring, nei Novanta i Fugazi e gli Weezer, nei Duemila i Get Up Kids e i Jimmy Eat World. E in questi anni Dieci? Ecco, molto probabilmente i candidati ideali per rappresentare al meglio l’Emo, oggi come oggi, sono i The World is a Beautiful Place & I am No Longer Afraid to Die, un sestetto dall’assetto variabile originario del Connecticut che ha alle spalle tre album in studio e svariati Ep. In Always Foreign i TWIABP, alla seconda uscita firmata Epitaph, realizzano forse il loro album più compiuto, all’interno del quale riescono finalmente a fondere pienamente le due anime che maggiormente caratterizzano il loro sound, fatto tanto di fughe strumentali Post Rock quanto di una certa urgenza espressiva figlia del Punk. E se nei lavori precedenti il lato più etereo e cinematico della band prendeva spesso e volentieri il sopravvento, in Always Foreign assistiamo al perfetto bilanciamento della formula: le canzoni sono più semplici e concise (“Dillon and Her Son”), le atmosfere più rilassate (“Marine Tigers”) e bucoliche (“For Robin”), i ritornelli non hanno timore ad avere quel pizzico di epicità che non guasta (“I’ll Make Everything”) e, addirittura, fa capolino quello spirito sbarazzino che proprio non ci si aspetta (“The Future”). Probabilmente è la band stessa ad aver dato la migliore definizione della propria musica, dato che il chitarrista Dylan Balliet, in un tweet del febbraio scorso, ha descritto le nuove canzoni come «R.E.M. on Dischord Records». Ed è proprio così, perché nonostante in Always Foreign i TWIABP presentino spesso e volentieri il mondo che li circonda come un luogo spaventoso e descrivano la vita come un qualcosa di tremendamente complicato da affrontare, la speranza di poter sublimare il dolore attraverso la musica li accomuna proprio a Stipe & Co. periodo Automatic for the People. Lì, i R.E.M. cantavano la fatica dell’esistenza, ma chiudevano l’album con una nota di fiducia nel futuro, proprio come fanno i TWIABP in Always Foreign. Ed è letteralmente nel nome del gruppo – «Il mondo è un posto bellissimo e io non ho più paura di morire» – che si cela il messaggio che il sestetto affida all’ascoltatore una volta che questi si congeda dall’album. Un vero colpo da maestri.