Una delle cose più tristi del punk in Italia era questo suo “bynumberismo”[1]: “facciamo come in Inghilterra” (pessima abitudine di confondere l’uno con il tutto: e la Scozia, e il Galles …?).
Ecco quindi che nascono le Clito (sicuramente sarò smentito) ovvero “le Slits italiane” (cioè la creatura di Anna Rosso Veleno secondo la versione di Elettro & Glezos: Punk alla carbonara – rhinestone nubile edition , Milano, 2012, pag. 82): compaiono al “solito” Sabatok Folle milanese del 9 dicembre 1978 e non lasciano grandi tracce, o meglio, a detta di Claudio Pescetelli una certa Coletti Giovanna cerca di parteciparvi e poi fonda le Kandeggina Gang: cioè le ispirate dalle Clito (non le Raincoats italiane).
Invece, The Slits sono the real thing.
Il loro pedigree è impressionante, e poi non sapevano suonare davvero. O no?: la solita storia del punk: è stata una scena di eroi, quella vera.
Ebbi la fortuna di vedere e ascoltare questo “bunch of really naughty girls”[2] nell’agosto 1978 al Music Machine, aprivano per qualcun altro: ero in prima fila. Dopo il concerto incrociai Tessa: scortesemente si firmò Jimi Hendrix, mentre Palmolive si firmò Paloma, mi pare con un lezioso svolazzo. Era come aver partecipato a una campagna militare, in quanto fino ad allora a parte un generoso feature in 1988-The New Wave Punk Rock Explosion di Caroline Coon non si sapeva quasi nulla di loro, a meno di essere riusciti a intercettare le due sessioni (per noi italiani appunto quasi degli stealth) di John Peel[3].
Come noto, Palmolive lasciò poco dopo e subentrò alla batteria Budgie (pre-Banshees): le/li vidi due sere consecutive ad aprire per The Clash al London Lyceum, il 28 e 29 dicembre di quell’anno. Salda alla chitarra sempre la bionda Viv Albertine.
Quando The Slits si sciolsero nel 1981, era ormai diventato più chic parlare delle Raincoats, noi ce la tiravamo di più con i New Age Steppers.
Ma un occhio aperto e un orecchio teso si sono sempre tenuti, per tutte e quattro le ragazze.
Con Viv per diverso tempo dedicatasi alle arti audiovisive, lei che era ed è ancora fra coloro che parlano bene di Sid Vicious avendoci vissuto insieme (e suonato nel 1976), lei che aveva imparato a suonare la chitarra con l’amico d’infanzia Keith Levene, lei che arriva a The Slits già esistenti (dopo il loro primo concerto) e le pettina “come le New York Dolls”, lei che nel 1978 stava con Mick Jones.
Si riuniscono The Slits nel 2005 sans Viv et sans Palmolive; muore Ari Up improvvisamente nel 2010.
Intanto, Viv dopo venticinque anni riprende a suonare nel 2009 – preferibilmente una Fender Telecaster vissuta (che lei porta anche molto bene, ma lei sembra ancora una ragazzina, mentre ormai è una ragazza: certo lei vezzosa ha intitolato una sua canzone “Confessions of a MILF”, così magari finite anche su siti internet imbarazzanti, ma sappiamo che lei è una delle poche che bara dichiarando più anni di quelli che ha) e un amplificatore Marshall, ed eccola riapparire nel 2010 con un EP autoprodotto più che dignitoso: Flesh.
Ci sorprende di più, e in meglio, con l’album The Vermillion Border alla fine del 2012[4].
Ormai tutti millantano incondizionata passione e valore per le fessure londinesi seventy-seven, ma noi ovviamente sappiamo che non è vero, ad ascoltarle siamo sempre i soliti.
E adesso? E adesso, a parte un altro album che pare scomparso nel nulla (forse in quanto è crowdfunded e quindi prima finanzia, poi registra, poi pubblica?), arriva con un film in cui è coprotagonista[5] e con le sue memorie scritte dal titolo tongue in cheek: Clothes Clothes Clothes Boys Boys Boys Music Music Music.
Ripeto: Viva Viv!
[1] “By numbers”: come quei quadri in cui si riempiono gli spazi secondo i colori. C’è un album di The Who: The Who by Numbers, appunto, nel quale la copertina è da completare sia con colori sia con tratti. Per anni non avevo mai pensato a questo modo di dire finché un giorno il mio amico Fred Ventura lo usò per definire qualcuno.
[2] Parola di Viv, Viviane Katrina Louise.
[3] Curiosamente, siccome i bootleg si facevano ancora e anche usando quel che capitava, il bootleg di Siouxsie and the Banshees intitolato Metal Shadows (Impossible Recordworks) contiene - per errore - anche una canzone di The Slits.
[4] Peccato esso non contenga anche la canzone “Needles” (peraltro del 2010), sorta di brevissima epica londinese 1975-1976 in cui siamo anche informati che Viv non andò mai oltre le anfetamine. Ne esiste, fra l’altro, una versione eseguita al Meltdown Festival nel giugno (almeno la sera del 17) 2013: lei apriva con il suo gruppo per Siouxsie. Phew!
[5] Exhibition di Joanna Hogg.