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REVIEWSLE RECENSIONI
25/10/2018
Ludvig Mirak
È Quasi L’Alba
È Quasi L’Alba è il titolo dell’album di esordio del cantautore Ludwig Mirak, anticipato dal singolo “Aramintha (dove sei?)”.
di Emiliano Malavolta

Nato in Brianza, di sangue siciliano e marocchino e ora residente a Modena, Ludwig Mirak arriva a quest’esordio dopo esperienze di diverso tipo, da concorrente di X-Factor nel 2009 all’avvicinamento per un certo periodo alla scena hip hop, fino alla pubblicazione di un singolo nel 2012, in realtà senza troppo successo, come da stessa ammissione dell’autore. Tutto ciò ha dato il via a un lavoro personale finalizzato soprattutto alla definizione di un’identità sonora e compositiva che ha portato alla nascita di questo È Quasi L’Alba.

Prodotto da Federico Truzzi, con la collaborazione di Enrico mescoli, l’album è composto da otto tracce nelle quali l’autore ha affrontato diversi temi legati al vissuto personale.

Partiamo con “Aramintha (dove sei?)”, sostanzialmente un pezzo pop rock commerciale nella sua forma canzone più classica. Una strofa che parte quasi sussurrata, chitarra arpeggiata, voce bella e impostata (forse anche troppo) che sale ed esplode nel ritornello: è il singolo, ci sta.

“La Dipendenza” parla di relazioni malate, di dipendenze affettive e possiamo dire che continua sulla falsariga del precedente brano, nessun azzardo, l’occhio che strizza al passaggio radiofonico e un motivetto che prova a insinuarsi facilmente nella memoria dell’ascoltatore.

Passano velocemente anche i successivi brani, “Il Cappello E Il Bastone” è un folk rock che racconta del rapporto nipote/nonno, “Domenica” invece prende a piene mani dalla musica leggera italiana raccontando dell’amore tra chitarre arpeggiate e violini. Insomma, camminiamo su un terreno che di certo non sa di innovativo ma soprattutto stentiamo, o meglio, falliamo del tutto nel cercare tratti caratteristici e personali.

Sicuramente siamo lontani anni luce da quell’alternative rock americano a cui l’autore dice di ispirarsi, pur senza ben specificare, soprattutto nelle sonorità.

Per trovare qualcosa che colpisca la nostra attenzione arriviamo alla title-track, settima traccia dell’album e onestamente dobbiamo dire che si respira oggettivamente qualcosa di diverso. Ricercato l’arrangiamento, bella e non scontata la linea vocale, anche il cantato pare meno cercare il bel canto ma risulta più diretto ed efficace, il pezzo più rock dell’album, o meglio, il pezzo rock dell’album. Bello.

Non possiamo di certo affermare che È Quasi L’Alba non sia ben cantato, ben suonato e ben arrangiato, anzi, si percepisce chiaramente il lavoro, il talento, lo studio e il progetto a monte (tutto ciò è innegabile e va sottolineato) ma spesso, forse troppo spesso, la parvenza è che si sia voluto dare all’album un taglio particolarmente commerciale, cercando soluzioni ammiccanti o ritornelli pronti all’uso. Non che in tutto ciò ci sia necessariamente qualcosa di male (oppure magari c’è, in realtà, e sarebbe un discorso lungo), ma di sicuro È Quasi L’Alba si muove su un terreno, per così dire, molto affollato soprattutto se l’obiettivo era cercare una forte caratterizzazione personale che talvolta si intravede in qualche scorcio e che lascia intendere ci sia ben altro oltre tal superficie.