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REVIEWSLE RECENSIONI
03/06/2019
Alosi
1985
Alosi, voce e chitarra de Il Pan del Diavolo, con “1985” cammina da solo. Il risultato è una delle più belle sorprese di Rock in italiano di questo 2019.

«Tutti vogliono essere speciali, ora arriva quello normale. Sono l’unico qui oggi?» È con questa citazione da “Here Comes a Regular” dei Replacements che Pietro Alessandro Alosi, in arte Alosi, ha raccontato su «XL Repubblica» il suo esordio solista, 1985 (anno, guarda caso, anche di Tim, l’album dal quale è tratta la canzone), uscito qualche settimana fa per La Tempesta Dischi. E non c’è che dire, il riferimento coglie appieno sia il disco sia l’artista. A guardarlo, Alosi ha l’aspetto del bravo ragazzo del Rock, innamorato della musica fatta da tre accordi e tanta attitudine, ma per nulla attratto dal suo maledettismo. A scrutarlo negli occhi, infatti, si scorge un’urgenza espressiva e un fuoco sacro che lo portano a scrivere e a suonare la chitarra più veloce che può per stare dietro alle canzoni che gli escono dalle dita.

Voce e chitarra del duo Folk Rock Il Pan del Diavolo dal 2007 – quattro album all’attivo e collaborazioni con Motta e The Zen Circus, ma anche JD Foster e Craig Schumacher (entrambi del giro dei Calexico) –, Alosi non è un vero e proprio esordiente, ma con 1985 per la prima volta cammina da solo, si espone in prima persona, lasciando una carriera consolidata e un sentiero già tracciato per rimettersi in gioco, scegliendo un sound Rock molto asciutto di chiara matrice anni Novanta – anche se non mancano alcune influenze Punk e New Wave.

Prodotto dallo stesso Alosi e registrato quasi interamente in presa diretta con l’obbiettivo di dare una maggiore enfasi alla performance dei vari musicisti – metodologia cara a Steve Albini con il quale lo stesso Alosi ha recentemente seguito una masterclass –, 1985 è un album con un suono caldo e viscerale, che ricorda molto da vicino i lavori che il producer di Chicago ha confezionato per Nirvana e Manic Street Preachers. E questo si sente soprattutto nel suono delle batterie, raramente così “aperte” in una produzione italiana, ma anche nelle chitarre, che sanno di amplificatori valvolari, e una bella voce messa sì in primo piano ma mai dominante.

Anche se i riferimenti di Alosi sono Rock, soprattutto legati all’alternative americano anni Novanta, la penna comunque è quella di un cantautore, che scruta la realtà che lo circonda e, superati i trent’anni, inizia a fare un primo bilancio della propria vita, raccontando chi è, chi e stato e tentando di immaginarsi inserito in un futuro prossimo. «La voce narrante è quella di un pioniere che torna da un lungo viaggio con la propria storia da raccontare fatta di fragilità, tenacia ed un finale ancora da scrivere», ha detto Alosi, ed è proprio vero. Lo testimoniano canzoni come “1985”, “La mia vita in tre accordi”, “Rumore” e “Di nuovo”, dalla struttura semplice, ma che hanno un’urgenza espressiva viscerale, composta da un mix di nostalgia e voglia di reagire, riscontrabile anche nei brani più sperimentali (“Destinazione Marte” e “666”), fino al finale tutto chitarre di “Solo e vivo”.

Non è ancora chiaro sei Pan del Diavolo daranno un seguito a Supereroi – il rapporto tra Pietro Alessandro Alosi e il suo sodale Gianluca Bartolo non è per nulla incrinato, per cui non è escluso un ritorno del duo in tempi brevi –, ma per il momento godiamoci questo primo album targato Alosi, senza dubbio una delle più belle sorprese di Rock in italiano di questa prima parte dell’anno.


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