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REVIEWSLE RECENSIONI
A Beautiful Thing: IDLES Live at Le Bataclan
Idles
2019  (Partisan)
POST-PUNK/NEW WAVE ALTERNATIVE
8/10
all REVIEWS
23/12/2019
Idles
A Beautiful Thing: IDLES Live at Le Bataclan
Con i suoi 83 minuti di durata (un po’ assurdo fare un disco doppio, con qualche taglio sapiente si sarebbe potuto far stare tutto su un singolo cd) la registrazione restituisce fedelmente quello che questi ragazzi sono capaci di combinare dal vivo, con una resa sonora che ne valorizza tutto l’impatto e la potenza.

C’è qualcosa di misteriosamente confortante in un live degli Idles intitolato “A Beautiful Thing”. Dice di una band che, pur parlando da sempre il linguaggio della violenza sonora, ci tiene a comunicare vibrazioni positive e a parlare di costruttività, piuttosto che di distruzione (non a caso il frontman Joe Talbot, dirà più o meno, già durante l’iniziale “Colossus”, che “questo concerto è dedicato all’amore e alla compassione, per cui prendetevi cura l’uno degli altri”). È ancora più significativo il fatto che sia stato registrato al Bataclan di Parigi, tristemente famoso per l’attentato del 2015 e bisognoso più che mai di qualcuno o qualcosa che ne esorcizzasse l’aurea negativa.

Ma è anche importante che sia arrivato adesso, un disco del genere, perché probabilmente mai negli ultimi tempi si era visto un act così culturalmente e socialmente influente, in un mondo musicale sempre più atomizzato e privo di una chiave di lettura esaustiva.

Certo, il quintetto di Bristol ha dei punti di riferimento espliciti e non fa nulla per sembrare originale. Eppure, grazie alla freschezza dell’attitudine, unita ad una disarmante facilità di scrittura e a concerti che sono allo stesso tempo una battaglia all’ultimo sangue e una festa liberatoria, hanno saputo ritagliarsi uno spazio consistente all’interno della scena e a guadagnare una visibilità mediatica per certi versi superiore al numero di persone che ne segue le gesta musicali.

In molti hanno salutato il ritorno di un certo tipo di militanza politica all’interno della musica rock, identificando nell’elezione di Trump un fattore di primo piano (in tal senso il primo lavoro veramente connotato in questa direzione è stato “The Underside of Power” degli Algiers) e senza dubbio il modo che hanno gli Idles di raccontare certi temi (pensiamo a “Mother” o a “Danny Nedelko”) ha influito non poco sul modo in cui sono stati recepiti dai più.

Qualunque siano i motivi dietro ad un tale successo, è innegabile che “Joy as an Act of Resistance” sia stato uno dei lavori più importanti dell’anno scorso e che ci sia molto di loro, dietro all’improvviso revival di un certo “Combat Post Punk” (per usare un termine che non esiste) che ci ha regalato band come Fontaines D.C., Murder Capital e prima ancora Girl Band.

Ma torniamo a noi: “A Beautiful Thing: Idles Live at Le Bataclan” arriva dopo che abbiamo già abbondantemente visto la band in azione sui palchi di tutto il mondo ed è presumibile che molti di quelli che lo acquisteranno, lo faranno proprio per rivivere le sensazioni che hanno sperimentato di persona in più di un’occasione. Con i suoi 83 minuti di durata (un po’ assurdo fare un disco doppio, con qualche taglio sapiente si sarebbe potuto far stare tutto su un singolo cd) la registrazione restituisce fedelmente quello che questi ragazzi sono capaci di combinare dal vivo, con una resa sonora che ne valorizza tutto l’impatto e la potenza. Scaletta da urlo, con praticamente tutti i brani dell’ultimo disco (manca solo “June”) e una buona metà del precedente “Brutalism”, ovviamente scelti tra quelli maggiormente significativi. Il risultato è un martellare incessante, dove la prestazione furibonda di Joe Talbot, Adam Devonshire, Mark Bowen, Jon Beavis e Lee Kiernan, trae linfa vitale dall’energia del pubblico e dove le numerose parole in francese rivolte dal cantante ai presenti, contribuiscono a creare un’atmosfera di vicinanza.

Quello che pesano negativo, probabilmente, è la mancanza di una versione dvd/Blue Ray del concerto: chi li ha visti sa che sono una macchina da guerra ma sa anche che l’aspetto visivo è fondamentale, da Joe Talbot invasato e a torso nudo, a Mark Bowen che fa stage diving mentre continua a suonare la sua chitarra, al pogo selvaggio che accompagna le tracce più violente, ai finali dilatati degli ultimi brani, con accordi ripetuti in modo da far crescere la tensione e aumentare sempre di più il coinvolgimento, la sola versione audio non riesce a rendere giustizia a quel che deve essere successo quella sera nella venue parigina.

Al di là di questo, rimane un disco da non perdere, in attesa del terzo lavoro e in un momento storico in cui gli album dal vivo sembrano avere perso molto del loro appeal. E soprattutto chi ancora non conoscesse la band, non può assolutamente lasciarselo sfuggire.


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