Lemmy Kilmister è stato, e sarà per sempre, una delle figure più iconiche del rock. Espulso dagli Hawkwind dopo un arresto per possesso di anfetamine, padre padrone di quella macchina da guerra chiamata Motorhead, il cantante e bassista britannico ha sempre flirtato con l’immagine sporca e maledetta di uno che la vita l’ha vissuta col piede pigiato sull’acceleratore, non risparmiandosi mai ogni volta che c’era da inseguire il tracciato esiziale di qualche abuso o perversione.
Non era solo le physique du role (i baffoni, i capelli lunghi, i due nei respingenti, gli improbabili cappelli e il vocione roco) o l’infuocata miscela di punk e hard rock, senza compromessi e immutabile nel tempo, proposta dai suoi Motörhead: Lemmy non si è mai tirato indietro quando c’era da darci dentro con droghe, alcool e donne. Per non parlare, poi, dell’immancabile sigaretta, vero e proprio accessorio del suo maledettismo, e di quella passionaccia per i reperti della seconda guerra mondiale, che tante volte gli attirò accuse di nazismo, sempre, peraltro, rimandate al mittente.
Non tutti, però, sanno che Lemmy era anche ossessionato dal gioco d’azzardo, e non è un caso che la canzone più famosa dei Motörhead, Ace Of Spaces, sia proprio dedicata a questo suo ulteriore vizio. In tal senso, le liriche del brano sono estremamente esplicite: “If you like to gamble, I tell you I'm your man, You win some, lose some, all the same to me”. E ancora: “The pleasure is to play, makes no difference what you say, I don't share your greed, the only card I need is the Ace of Spades”. Non importa perdere o vincere, quello che conta, canta Lemmy, immedesimandosi in un novello Aleksej Ivànovic (Il Giocatore di Fedor Dostoevskji), è giocare. Il gioco per il gusto dell’azzardo, che altro non è che la metafora di una vita vissuta sempre sul filo del rasoio (“You know I'm born to lose, and gambling's for fools, But that's the way I like it baby, I don't wanna live for ever”).
La canzone fa esplicito riferimento al gioco del poker, che però a Lemmy piaceva relativamente; il cantante e bassista dei Motorhead, infatti, era un drogato di slot machine, gioco a cui si dedicava con smodata passione, arrivando persino a importunare tutti gli amici con continue richieste di monetine. Tuttavia, non trovando spunto nelle slot machine per scrivere un testo che parlasse seriamente dell’argomento, il bassista si ispirò al più iconico poker, riesumando anche la leggendaria the dead man's hand, una giocata composta solo da assi e da otto ("Pushing up the ante, I know you gotta see me Read 'em and weep, the dead man's hand again").
Il riferimento è al celebre pistolero americano Wild Bill Hickok, soprannome di James Butler Hickok, che trovò la morte, il 2 agosto del 1876, al tavolo da poker del saloon Nuttal & Mann's di Deadwood, ucciso da John “naso rotto Jack” McCall, un avventore che al processo riferì di aver voluto vendicare la morte del fratello (ma poi risultò essere un assassino prezzolato). Al momento della sua uccisione (un colpo di pistola alla testa esploso alle sue spalle), Wild Bill aveva in mano un coppia di otto e una di assi, di picche e di fiori, che da quel momento in avanti venne chiamata "la mano del morto”.
La canzone, che apre l’omonimo e quarto disco dei Motörhead (1980), è stata certificata disco d’oro (vendette oltre quattrocentomila copie) ed è stata usata in numerosi video game, film e spot pubblicitari. Tra le cover del brano, vale la pena ricordare quella spassosissima fatta dagli Hayseed Dixie, band che si diletta a reinterpretare in chiave bluegrass grandi classici rock e metal.