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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
06/06/2025
Live Report
Alan Sparhawk, 05/06/2025, Circolo Magnolia, Milano
Alan Sparhawk sembra aver trovato, almeno dal punto di vista personale, le motivazioni giuste per ripartire. Il live al Circolo Magnolia è stato accolto da un pubblico rapito, concentrato ed entusiasta e il futuro di Sparhawk, sul palco e su disco, inizia ad apparire decisamente roseo.

L’uscita di White Roses, My God, il debutto solista di Alan Sparhawk uscito lo scorso settembre, aveva spiazzato molti ma, a ben vedere, il massacro della propria voce mediante massiccio uso di vocoder poteva essere l’unico modo per tornare anche solo a concepire l’idea di avere un futuro musicale dopo i Low. Gli arrangiamenti elettronici protagonisti assoluti dei brani del disco potevano anche assomigliare alle ultime prove in studio della sua band principale (Hey What soprattutto) ma stravolgere la voce in quel modo lasciava in un certo senso una finestra spalancata sull’assenza di Mimi Parker, un’assenza che niente e nessuno avrebbe mai potuto rimpiazzare.

Non sappiamo se il recente Alan Sparhawk with Trampled by Turtles, realizzato appunto con il contributo del collettivo di Duluth come backing band, rappresenti una risposta a chi, tra i fan, domandava canzoni più in linea col suo stile abituale, oppure se dipenda semplicemente dal desiderio di tornare in una propria comfort zone; il dato di fatto, comunque stiano le cose, è che l’album si muove su coordinate Folk Rock che sono senza dubbio più adatte a valorizzare un’abilità nella scrittura che nei Low abbiamo imparato fin troppo bene ad amare.

 

Ora che è venuto il momento di andare in tour, gli interrogativi erano almeno due: con quale veste si sarebbe presentato? Chi lo avrebbe accompagnato sul palco? Per quanto riguarda la seconda questione, la risposta è semplice: Alan ha optato per una formazione a tre (replicando in un certo senso l’assetto dei Low) comprendente suo figlio Cyrus al basso, che ha contribuito alle registrazioni di White Roses, My God e che collabora da tempo con il padre nel progetto Derecho Rhythm Section, ed Eric Pollard alla batteria, già membro dei Retribution Gospel Choir (ma collaboratore anche di Sun Kil Moon) il secondo gruppo di Sparhwak, attivo soprattutto tra il 2008 e il 2013.

Le date italiane sono addirittura quattro: Torino, Roma, Bologna e Milano, ma ce ne sarà un’altra ad agosto, visto che da tempo è stato confermato nel bill di Ypsigrock.

 

Al Magnolia è stato allestito il palco piccolo e l’affluenza non è certo delle migliori: che sia dipeso dal fatto che, con le principali città toccate, il pubblico ha avuto modo di sparpagliarsi, oppure dalle incertezze relative alla musica proposta, fatto sta che la partecipazione non rispecchia il vasto numero di fan che la sua band ha sempre avuto nella zona di Milano.

Occorre comunque sottolineare come i presenti abbiano seguito tutta l’ora e mezza del concerto in un silenzio denso di rapimento e concentrazione, applaudendo ogni singolo brano con grande entusiasmo. Alan non è stato da meno: l’artista del Minnesota è apparso, oltre che calmo e rilassato, soprattutto grato di essere lì. Ci ha tenuto più volte a ringraziare il pubblico per la sua presenza, ha sottolineato come per lui fosse bello trovarsi “in mezzo ai boschi, nel silenzio” (alludendo alla location del Magnolia; evidentemente il rumore frequente degli aerei in decollo dal vicinissimo aeroporto di Linate non lo ha disturbato più di tanto) e letteralmente due secondi dopo aver terminato di suonare, si è intrattenuto con chiunque gli si avvicinasse, chiacchierando e facendosi scattare selfie.

Direi quindi che si è trattato di una serata perfettamente riuscita, la riprova che non per forza il successo di pubblico rappresenta un requisito imprescindibile.

 

Sul fronte prettamente musicale, il concerto è diviso in due: nella prima viene proposta una selezione di brani da White Roses, My God, e sono evidentemente le sonorità elettroniche a farla da padrone. Sparhawk è sul palco senza chitarra e stupisce vederlo ballare in maniera esagitata al ritmo dei brani, atteggiamento per lui inusuale ma che testimonia il suo essere totalmente a proprio agio con questa parte del repertorio. Le versioni delle varie “Get Still”, “I Made This Beat”, “Project 4 Ever”, “Brother”, sono tendenzialmente simili a quelle da studio, compreso l’uso del vocoder, che distrugge ancora una volta delle melodie che, trattate diversamente, avrebbero avuto tutto un altro impatto (lo dimostrano in effetti le due canzoni dell’album che sono state rilette nella versione dei Trampled by Turtles). La sezione ritmica, tuttavia, si accosta alle basi preregistrate e alza il tiro complessivo, rendendo il tutto molto più dinamico.

Terminata la prima parte, Alan imbraccia la chitarra e si lancia nell’esecuzione di alcuni episodi dell’ultimo disco. Ecco, per quanto sia stato bello il set precedente, adesso proprio non c’è partita: la voce splendida dell’ex Low, l’intensità incredibile dell’interpretazione, il chitarrismo minimale ed emozionante, l’impeccabile lavoro di accompagnamento dei suoi due colleghi, sono tutti elementi che rendono questa seconda parte del concerto assolutamente sbalorditiva.

 

“Screaming Song”, che a giudicare dal testo sembrerebbe dedicata alla moglie scomparsa, è da pelle d’oca, ma altrettanto belle sono “Torn & in Ashes” e “Too High”, che rendono benissimo anche in questa versione in trio. Il meglio però arriva quando vengono proposti due brani dei Retribution Gospel Choir, con la chitarra che aumenta la distorsione e gli altri due che seguono a ruota aumentando la potenza: “JCMF” è intriso di messianismo cupo e di atmosfere a la Faulkner, mentre “Poor Man’s Daughter” sembra preparare l’apocalisse, con una parte centrale di improvvisazione che è un’autentica deflagrazione elettrica.

Il lasciarsi andare dei tre sulle code strumentali è in effetti un altro ingrediente tipico di questa sezione, ben visibile su “Get High”, dal repertorio dei Derecho Rhythm Section, dove in particolare Cyrus Sparhawk riesce a mettere in mostra le sue notevoli doti (oltretutto stasera compiva gli anni, suo padre ci ha tenuto a ricordarlo a fine concerto).

Su “Not Broken”, poi, è difficile non commuoversi: Alan presenta il pezzo dicendo che ha iniziato a scriverlo quattro anni prima (facile dunque immaginare che fosse destinato ai Low) ma che non è mai riuscito a finirlo e, aggiunge poi: “Probabilmente neppure adesso è completamente finito”. In studio c’è la figlia Hollis a duettare con lui e la sua voce è talmente simile a quella di Mimi che la sensazione di déjà vu risulta quasi intollerabile. Dal vivo le seconde voci sono portate avanti sia da Cyrus sia da Eric ed risultato è comunque ottimo. Il pezzo è bellissimo, rinnova il senso di perdita ma, in un certo senso, riesce a condurre ad una visione del futuro che forse è quella che il suo autore sta già vivendo (“It’s not broken, I’m not angry” canta nel ritornello).

 

Nel finale arriva un brano inedito, “No More Darkness”, dalle evidenti influenze Gospel e anch’esso legato a questi anni complicati: “Ci sono momenti – ha spiegato introducendola – in cui si sente il bisogno di mettere da parte i pensieri negativi e concentrarsi su qualcosa di bello”. E in effetti il pezzo possiede un’aria in qualche modo liberatoria, che porta anche il pubblico ad unirsi al ritornello, decisamente semplice da cantare.

Nei bis arriva anche una convincente rilettura di un brano dei Low, “Days Like These, dopodiché si ritorna all’elettronica con una rumorosa versione di “Somebody Else’s Room”: sarebbe stato meglio un altro brano dei Low (nelle date precedenti era stata proposta anche “Walk Into the Sea”) ma a rigor di logica, dopo quanto ascoltato, anche un finale del genere può avere senso. È il tentativo di un ritorno alla vita, con quel “There’s a party in the basement” scandito in maniera ossessiva sul ritmo del beat.

Ammetto di avere avuto molte riserve su questo live, ma alla fine il mio giudizio è totalmente positivo: Alan Sparhawk sembra aver trovato, almeno dal punto di vista personale, le motivazioni giuste per ripartire. Adesso non gli resta che scegliere bene la direzione musicale in cui muoversi: direi che questa serata ha chiarito abbastanza bene che cosa gli converrebbe fare…