Parlare di Alice e Franco Battiato, del loro rapporto artistico unico è facilissimo. Se ne parla da più di 40 anni e sono entrambi messaggeri molto espliciti. “Franco”, come lei lo ricorda, lo è di una coscienza superiore, palese a chi la desidera. Alice lo è di Franco, è la sua eredità al mondo che ci ricorda, con la sua originale interpretazione, di restare in ascolto della nostra vera natura.
Parlare di Franco e Alice è anche difficilissimo perché forse tutto è stato detto, anche se forse mai completamente. Eppure, in questa notte calda la magia si ripete. Le pietre romane sono eterne nella loro decadenza e nella loro eleganza. Fu Carla Bissi, poi Alice Visconti, da tempo solo Alice. Una mutazione che sottolinea l’ascesa ad una compostezza classica che si immerge subito nello sfondo ostiense, pur risaltando nelle fluttuanti vesti di porpora imperiale. Non è più una ragazza, ma della gioventù ha conservato tutta la freschezza, la grazia nei movimenti e una bellezza spontaneamente eterea, ma imponente e compassata. Esattamente come la sua musica.
La cornice interna ha il colore predominante nero, bordato di argento e macchiato di legni pregiati. È l’orchestra dei Solisti Aquilani, giovanissima e professionalissima. Come in tutte le orchestre che portano veramente dentro l’amore per la musica, si intravedono piccole, timide indiscipline dell’artista che non trattiene l’entusiasmo. Sorrisi complici, sbirciatine divertite fuori dallo spartito, mani che, con pochi angoli, battono sulla coscia per incitare il pubblico. Ma questo verrà, perché per ora è la misura di Alice ad avere la parte da protagonista.
PARTE PRIMA – L’UOMO NEL COSMO
Azzardo una chiave di lettura per la struttura di questo concerto. Una prima sessione è dedicata all’Io, alle connessioni tra i gesti semplici di tutti i giorni e le grandi domande del piccolo Uomo davanti al Cosmo. Battiato esplorava spesso, anzi sempre, queste connessioni. Spesso, sempre, abbiamo l’impressione che le risposte le avesse. E che fosse meravigliosamente generoso nel condividerle. “Da Oriente a Occidente” è solo accennata, brevissima, ma i versi “Riduci le stelle in polvere e non invecchierai” ci introducono subito alla caducità e l’immensità delle nostre vite. Segue “Eri con Me”. È il titolo quasi scontato del tour e del disco del 2020. In realtà è il verso-ponte con cui Franco consegna ad Alice l’eternità “perché è già accaduta” la sua “nuova esistenza”. Realizzo che potrei scrivere questo articolo solo rimescolando citazioni dai testi e tremo di piacere davanti a tanta Arte.
Alice in questa prima lunga parte mantiene una purezza stilistica che trae radici dal Belcanto. È perfettamente armoniosa ma un sottile filo seghettato non fa altro che sottolineare la passione umanissima. L’arrangiamento è lontano dall’eccentricità del Maestro catanese o da precedenti interpretazioni con ritmi pop. All’orchestra non è mai concesso uno sfogo. Tutto scorre perfettamente, incurante dei “Veleni” perché “Le nuvole non possono annientare il Sole” (da “Lode all’Inviolato”). Non ci sono percussioni, solo archi e due fiati diritti. È una pattinata liscia, non una marcia.
Carlo Guaitoli è la connessione perfetta tra la Messaggera e l’orchestra abruzzese. Non solo le sue dita massaggiano un pianoforte in perfetta sintonia con la voce, ma spesso le sue mani danzano nell’aria per guidare, o forse accompagnare perché di guida non abbisognano, i pensieri musicali dell’ensamble. Non sono che la traduzione assonante, in altra lingua, di riflessioni profonde. Frequentemente il pianista si alza, ringrazia l’interprete e i suoi “ragazzi”, visibilmente energizzato e ben conscio della sua parte in questa Opera eccelsa.
L’intimistica “Io chi Sono?” riesce a raccogliere in silenzio religioso i numerosissimi accoliti sugli spalti gremiti, più di duemila anime in una. Il capitolo si chiude liberando “Gli Uccelli” in un volo che, metaforicamente, ci restituisce alla dimensione estesa delle nostre vite che solo il Maestro ci sapeva raccontare con parole così semplici (“cambiano le prospettive al Mondo”).
PARTE SECONDA – LA BESTIA UMANA
Una breve ma dolorosa parentesi poi ci sveglia le coscienze. L’attualissima “Povera Patria” si scaglia con la dolcezza della versione originale contro chi abusa spudoratamente del potere e si chiede se ciò nemmeno gli faccia male. A sottolineare la dimensione globale di questa infamia è “Il Re del Mondo” che inveisce, con forte dolcezza, contro ogni guerra e contro chi la cerca.
PARTE TERZA - I VIAGGI
Scossi davvero, Alice ci porta al fresco dei viaggi esotici, delle esplorazioni di Franco. I tempi sono di nuovo estesi come l’agosto di un bambino siciliano. L’estate sulla celeberrima spiaggia solitaria, senza il tu-ci-tun classico, è più tranquilla che mai in questa versione. Ciò nonostante il mio cuore di amante delle profondità si scioglie negli abissi insieme a quello di tutti, subacquei o no. E poi si passa in treno da Tozeur per mettere le galosce nelle fredde nevi della “Prospettiva Nevski”, scorgendo ritratti imperfetti di vite così lontane, così vicine. Le nostre.
PARTE QUARTA – L’AMORE
Tornati a casa, l’ospitale padrona di casa inizia a parlarci degli amori. Tutte queste distanze siderali, tragedie, aneliti e lunghi viaggi si raccolgono nel pugno dell’insondabile sentimento che Franco percepiva su piani multipli, intrecciati, mai esclusivi. La voce suadentemente ferma è perfetta per “La Stagione dell’Amore”, per confondere i rimpianti con le speranze. Seguono “E Ti Vengo a Cercare” e “La Cura”. Che dire, sono l’essenza dell’Amore, lo dice anche la cantante visibilmente (compassatamente) emozionata. Le parole e l’infinito applauso offerti a Franco Battiato confermano che l’essenza che ci ha tramandato è stata capita. La fine non è che ricominciata.
FINALE
Infatti, breve saluto. Una cascata di applausi stavolta per lei da tutti, in piedi dagli spalti. Il bis, e qualcosa succede, l’orchestra trepida. Su “Per Elisa” le mani iniziano a battere all’unisono e, senza perdere la compostezza la dimensione comunitaria del messaggio musicale raggiunge l’apice, si aprono le porte di una festa inattesa. “Chan-Son Egocentrique” è l’unico riferimento ai raffinati scherzi musicali più arditi ed elettronici a cui il compositore ci ha abituato. È una accelerazione liberatoria, con gli archi finalmente scatenati in potenza. Alice accenna passi di danza ed esce vincente.
Il secondo bis è praticamente preteso dall’orchestra e dall’estatico Guaitoli, con un omaggio sincero. E ci è regalata una “L’Era del Cinghiale Bianco” morbidamente vorticosa che ci congeda con tutta la semplicità di frammenti di vita, comune ed inusuale, esotica e vicina, eterna e finita. Con la domanda-certezza-speranza che ci sarà un’altra era. Per ora, è un lunghissimo, affettuoso tripudio che ricopre e va ben oltre l’Orchestra, il Pianista, Alice, Franco. Va alla nostra essenza.
Le fotografie della serata
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