Strano a dirsi, i The Record Company, band californiana di stanza a Los Angeles, devono molto a una nota marca di birra. In circolazione dal 2011, un pugno di Ep all’attivo, il terzetto capitanato da Chris Vos (voce e chitarra) raggiunge infatti la notorietà solo nel marzo del 2015, quando Off The Ground, brano che poi confluirà nel loro disco d’esordio, viene utilizzato per uno spot della birra Miller Lite. Da quel momento le speranze di successo dei The Record Company diventano realtà, la Concord li mette sotto contratto, pubblica il loro primo full lenght, Give It Back To You (2016), e li manda in tour ad aprire i concerti dei Blackberry Smoke.
Il disco piazza un paio di singoli in classifica, ricevendo recensioni positive da tutte le testate che contano (Rolling Stones U.S. in primis) e che indicano i The Record Company come una delle next big thing del rock a stelle e strisce. A parte qualche inevitabile citazione (i tre ragazzi californiani non hanno mai nascosto le loro influenze: John Lee Hooker, Rolling Stones, Stooges, etc.), la band dimostra di avere stoffa da vendere e di possedere uno stile che, fin da subito, si presenta se non originale, quanto meno personalissimo, rielaborando blues e rock con freschezza e inaspettata modernità.
Give It Back To You piace così tanto che, nel 2017, ottiene la nomination al Grammy Award nella categoria Best Contemporary Blues Album, premio vinto poi da The Last Days Of Oackland di Fantastic Negrito.
In due anni, per i The Record Company, è cambiato proprio tutto, e da band di nicchia per appassionati di genere, si è trasformata in uno dei nomi più gettonati dell’attuale panorama rock blues statunitense. Un cambio di prospettive che ha necessariamente influito su questo nuovo All Of This Life, disco ancora autoprodotto (anche se il nome del bassista Alex Stiff, nei crediti, compare separatamente da quello della band) e decisamente più curato sotto molti aspetti.
La formula è più o meno la stessa del disco d’esordio: il terzetto, infatti, ripropone un sound in cui la sezione ritmica (timbro secco e pulitissimo della batteria, basso arrembante e talvolta distorto) è quasi sempre in primo piano, costituendo la rampa di lancio su cui le chitarre (acustica ed elettrica, talvolta suonate slide) e la bella voce di Chris Vos tracciano le linee melodiche dei brani. La sensazione, questa volta, però, è che nulla sia stato lasciato al caso, e che l’urgenza espressiva che animava con selvaggia genuinità Give It Back To You sia stata plasmata in una forma più pulita, pensata, e, in qualche modo, anche furbetta.
La cosa non è necessariamente un male, anzi: queste canzoni volano sulle ali di una formula ormai consolidata (ritmica pulsante, sciabolate slide, indole quasi garage) regalando comunque all’ascoltatore un suono di carattere, solido ed evocativo di un retroterra culturale che mantiene intatte le proprie radici (la conclusiva I’m Chanching su tutte). E poi, ci sono le canzoni, esattamente dieci come per il primo album, che tengono alto il grado di eccitazione, centrando melodie di facile presa e dal tiro efficacissimo (ascoltare You And Me Now, ballatone rock che non fa prigionieri grazie a un irresistibile ritornello). Insomma, nonostante la maggior cura in fase di produzione, All Of This Life non perde un briciolo del proprio potenza e spacca esattamente come il suo predecessore, confermando i The Record Company come delle band più gagliarde in circolazione.